Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Accetto" acconsenti all'uso dei cookie.

Morbo di Parkinson

  1. Gastroepato
  2. Neurologia
  3. Il Morbo di Parkinson
  4. Il morbo di Parkinson, le cure
  5. Il paziente con tremori
  6. Il paziente con discinesie
  7. Il paziente con tremori: la cura

A tutti voi è capitato di vedere delle persone anziane, in genere sui sessant'anni, di entrambi i sessi,  che deambulano con difficoltà, a piccoli passi o che muovano le dita delle mane come se facessero delle pillole o contassero banconote!

Quando poi parlano, la parola esce tremante, a tratti e, talvolta, è quasi incomprensibile.

Se poi fanno per muoversi, talora presentano il fenomeno della "festinazione", cioè la camminata procede per gradi e si accelera sempre più.

E' il morbo di Parkinson,   una malattia dovuta alla degenerazione cronica e progressiva di una parte specifica del nostro cervello, deputata al controllo del movimento.

Come sappiamo i neuroni cerebrali sono in equilibrio fra di loro, nel senso che ad un neurone eccitatorio ne corrisponde uno inibitorio. Il morbo di Parkinson, descritto per la prima volta dal medico inglese James Parkinson in un libretto intitolato "Trattato sulla paralisi agitante" che fu pubblicato nel 1817.

In seguito il termine non piacque perchè in effetti questi malati non erano proprio paralizzati e si parlò più tardi di "Morbo" di Parkinson.

La parte del cervello che degenera interessa soprattutto alcune strutture cerebrali che fanno parte del cosiddetto "sistema extrapiramidale" , cioè un'area ridotta del sistema nervoso centrale, detta sostanza nera o substantia nigra, un nucleo situato a livello del mesencefalo in cui viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti corporei, nella quale svolge un'attività inibitoria.

Quando il numero di neuroni dopaminergici che in condizioni normali sono circa 500.000, scende al 20-30%, si ha esordio clinico. Ma le alterazioni alla base della malattia di Parkinson sono molto più vaste.

I neuroni ricevono, oltre ad una innervazione dopaminergica, anche una stimolazione colinergica che nella malattia sembra essere aumentata. Lo squilibrio tra sistemi neurotrasmettitoriali sembra dunque essere alla base della malattia, anche se il ruolo della dopamina

Il sistema extrapiramidale è, in sostanza,  un insieme di vie e di centri nervosi che agiscono direttamente o indirettamente sulla corretta azione motoria, controllando la motilità piramidale volontaria, per arrivare ai movimenti fini, come quelli della scrittura, della masticazione, della fonazione, che risultano ben calibrati e fluidi.

Nel M. di Parkinson, invece, i movimenti procedono per scatti o compare addirittura una rigidità, per la rottura della finezza dell'equilibrio funzionale fra i vari circuiti, che è alla base del disordine della malattia in questione.

Nell'organismo si crea perciò uno squilibrio fra i meccanismi inibitori e quelli eccitatori, a favore di questi ultimi. L'innervazione eccitatoria (colinergica) prevale su quella inibitoria provocando progressivamente tremore a riposo, ipertonia con rigidità, incapacità al movimento senza riduzione della forza muscolare (acinesia), instabilità posturale, disturbi della parola e della scrittura, turbe vegetative e spesso sintomi ansioso-depressivi.

Sebbene il deterioramento intellettivo non rappresenti un elemento tipico del quadro clinico delle fasi precoci della malattia, la demenza appare come uno degli esiti più frequentemente riscontrabili nelle fasi tardive, nella misura di circa un terzo dei casi.

Con la riduzione di almeno il 50% dei neuroni dopaminergici viene a mancare un'adeguata stimolazione dei recettori, cioè delle stazioni di arrivo. Questi recettori sono situati in una zona del cervello chiamata striato.

I neuroni dopaminergici della sostanza nera, sofferenti, osservati al microscopio, mostrano al loro interno corpuscoli sferici denominati corpi di Lewy composti prevalentemente da alfasinucleina, che sono considerati una caratteristica specifica della malattia di Parkinson e che fa rientrare questa malattia nel più ampio gruppo delle sinucleinopatie.

Perché il morbo di Parkinson?

Ci sono delle spiegazioni fra le più disparate; intanto il sesso non conta, perché sia maschi che femmine ne sono altrettanto colpiti. Nel nostro paese ci sono più di 200.000 malati di Parkinson, mentre pochi soggetti nel sono affetti in Africa ed in Cina.

L'ambiente inquinato gioca un suo ruolo. Si ritiene che le sostanze tossiche e gli inquinanti ambientali siano responsabili della patologia. Anche i traumi encefalici o il pugilato stesso possono scatenarla o i processi di aterosclerosi cerebrale.

L'ipotesi tossica è stata ulteriormente avvalorata dalla scoperta di una particolare tossina, la MPTP, che è causa di una patologia reversibile simile al Parkinson.

Il rischio di Parkinson è più elevato nelle aree rurali dove si impiegano i pesticidi e fra i soggetti tossicodipendenti, mentre il fumo svolge un ruolo protettivo. I radicali liberi svolgono un loro ruolo scatenante. Quanto all'ipotesi ereditaria,  essa non pare confermata da studi  in gemelli identici

Come si manifesta il Morbo di Parkinso?

Nella maggior parte dei casi il sintomo d'esordio è il tremore, tipicamente si tratta di tremore a riposo, delle parti estreme degli arti, descritto come "contare monete o pillole",  con bassa frequenza, tremore che peggiora nello stress, oppure  una percentuale non indifferente l'esordio è caratterizzato da impaccio motorio,  accompagnato da movimenti lenti, senso di rigidezza o disturbi molto poco specifici. In genere all'esordio la sintomatologia è unilaterale e può restare tale anche per anni. L'acinesia è la complessiva riduzione della motilità volontaria ed involontaria. Si apprezza aumentata resistenza al movimento passivo, con caratteristiche di "plasticità".

Colpisce tutti i distretti muscolari, anche se in genere esordisce ai muscoli assiali e col passare del tempo diventa prevalente ai muscoli flessori ed adduttori determinando il caratteristico atteggiamento "camptocormico", con capo flesso sul tronco, avambracci semiflessi ed intraruotati, cosce addotte e in leggera flessione sul tronco.

La gestualità e la mimica sono molto scarse. La mimica facciale è scarsa, l'espressione impassibile. La deambulazione è tipicamente a piccoli passi, strisciati, con avvio molto problematico e spesso si apprezza il fenomeno della "festinazione", cioè progressiva accelerazione della camminata sino a cadere.

Il linguaggio diviene monotono, poco espressivo.

Nella fase avanzata di malattia la disartria sfocia spesso nella anartria. Anche la scrittura in un certo senso evolve nello stesso modo (micrografia parkinsoniana) con grafia che tende a rimpicciolirsi. Oltre alla triade di base molti altri sintomi si possono associare a completare un quadro molto variabile da paziente a paziente.

 

Le due forme di Morbo di Parkinson

• forma ipercinetica dominata dal tremore, con età di esordio più precoce, evoluzione meno invalidante e più lenta
• forma acinetico-ipertonica dominata da rigidità ed acinesia, più rapidamente invalidante.

Diagnosi di Malattia di Parkinson

La diagnosi della malattia di Parkinson si basa essenzialmente su clinica e diagnosi differenziale:
- esame clinico valutando le diverse caratteristiche della malattia di Parkinson
- metodi di diagnosi differenziale consiste nella somministrazione ex juvantibus di L-DOPA
- Degenerazione cortico basale: la diagnosi con il Parkinson risulta molto ardua, specie quando la demenza non è molto pronunciata e vi è tremore.
- Parkinsonismo vascolare è causato da infarti multipli a carico della sostanza bianca e dei nuclei della base, che si presenta con difficoltà motorie, demenza, sintomi pseudobulbari, disautonomia e segni piramidali, e non risponde alla L-DOPA.
- Idrocefalo normoteso
- Parkinsonismo da farmaci: i farmaci che possono provocare parkinsonismo sono i farmaci facenti parte della classe dei neurolettici
- Diagnosi strumentale: con la PET-scan con 18 F che mostra la degenerazione dei gangli della base e la carenza di attività dopaminergica.

La medicina nucleare permette uno studio accurato della patologia dal punto di vista anatomico e funzionale: essa sfrutta l'uso di traccianti radioattivi iniettati nell'organismo, i quali vanno a depositarsi nei distretti corporei oggetto di studio, evidenziandone il metabolismo, e quindi in maniera diretta o indiretta, caratteristiche come la vitalità o l'attività. Essendo la malattia di Parkinson una patologia a carico del sistema dopaminergico, i traccianti sono diretti verso:

•il trasportatore della dopamina

•il trasportatore vescicolare delle monoamine di tipo 2

•l'enzima DOPA decarbossilasi

Un altro meccanismo di studio dei nuclei della base è quello metabolico: alcuni traccianti hanno la proprietà di studiare la captazione regionale di glucosio, e di evidenziare quindi zone vitali o attive, o zone dove c'è sofferenza metabolica, per perdita anatomica o funzionale delle cellule.

 

Decorso della malattia di Parkinson

è variabile ma nella maggior parte dei casi si ha una lenta ed inarrestabile progressione. In base alla prevalenza di alcuni sintomi e segni piuttosto che altri si possono distinguere due forme di evoluzione:

Oggi la terapia con levodopa ha reso la durata della vita dei pazienti solo poco inferiore a quella della popolazione sana. Ma la terapia ha molti limiti e uno dei problemi è costituito dalla cosiddetta "sindrome da trattamento con levodopa", cioè l'insieme di complicazioni e fenomeni clinici che insorgono nel paziente dopo alcuni anni di terapia:
fenomeno del wearing-off (effetto di fine dose): (molto comune) con il passare del tempo la durata dell'effetto terapeutico della dose si riduce.
fluttuazioni on/off: alternanza a breve distanza di periodi di conservata motilità con momenti di marcata acinesia, tremore scarsamente responsivo alla levodopa, senza una vera correlazione con la somministrazione del farmaco; nella fase "on" si hanno movimenti involontari.
turbe neuropsichiatriche: disturbi del sonno, allucinazioni notturne, soprattutto nei soggetti di età avanzata; si può arrivare a franchi stati psicotici o di confusione mentale.

Una classificazione della stadiazione (in inglese: staging) della malattia di Parkinson nel tempo è fornita dalla tabella di Hoehn e Yahr, la quale suddivide la progressione della sintomatologia clinica in 5 stadi, di cui il primo è quello più lieve e il quinto è quello più invalidante; è una classificazione non precisissima, ma che ben si correla con la pratica clinica.

Terapia della malattia di Parkinson

Strategie terapeutiche

La terapia della malattia di Parkinson è principalmente di tipo medico.

La terapia tradizionale mira a risolvere la sintomatologia di tipo motorio (tremori, rigidità, acinesia), e permette una remissione dei sintomi specialmente a breve termine, laddove nel tempo essa non permette un controllo soddisfacente a causa di effetti collaterali importanti e di "wearing off", effetto di fine dose, come nel caso della L-DOPA , la levodopa resta il farmaco principale e più utilizzato.

Essa va somministrata in associazione con un farmaco inibitore della decarbossilasi in modo da evitare gli effetti collaterali a livello sistemico.

Si associa la levodopa/carbidopa (Sinemet), e la levodopa/benserazide (Madopar).

Trattandosi di forma neurodenerativa sono in fase di studio farmaci neuroprotettori che preservino le cellule della sostanza nera dagli insulti principalmente ossidativi a cui sono sottoposte.

Il farmaco neuroprotettivo più conosciuto e utilizzato è la selegilina (Deprenyl). La selegilina è un inibitore irreversibile della MAO-B che ha un effetto antiossidante, neurotrofico e antiapoptotico.

Essa nella pratica clinica permette di posticipare il ricorso alla levodopa con un buon controllo della sintomatologia. Altri mezzi per rallentare la progressione della malattia consistono nella terapia dietetica (utilizzo di alimenti ricchi in antiossidanti - Vitamina C,E), esercizio fisico, psicoterapia, fisioterapia.

Da segnalare la sindrome "long term levodopa syndrome".

 Questa sindrome è caratterizzata da: "wearing off", ossia la riduzione del tempo di efficacia del farmaco, che in certi casi deve essere assunto ogni ora, con notevole peggioramento dei sintomi prima della dose successiva; "fasi on-off", caratterizzati da alternanza anche molto ampia di risposta alla terapia, con periodi di remissione (fasi on) associati a periodi di refrattarietà alla terapia (fasi off); turbe neuropsichiatriche, caratterizzate da disturbi del sonno e allucinazioni. Per questo motivo si è cercato di trovare dei farmaci che possano sostituire o essere associati a questo farmaco, in modo da ritardare l'insorgenza di queste manifestazioni collaterali.

Gli agonisti dopaminergici stimolano, con diversa specificità rispetto ai diversi tipi, i recettori per la dopamina.

Si dividono in ergolinici (bromocriptina, pergolide, lisuride, cabergolina), e non ergolinici (pramipexolo, ropinirolo, apomorfina).

L'amantadina (Mantadan) ha una leggera azione sia anticolinergica che dopaminergica, e viene utilizzata specialmente in politerapia per ridurre il tremore e la bradicinesia.

Ancora vengono contemplati i farmaci anticolinergici risiede per la riduzione dell'attività colinergica che di riflesso è aumentata in questi pazienti, causando tremore e rigidità; i farmaci più utilizzati sono triesfenidile, biperidene, orfenadrina. Il loro utilizzo è al momento molto diminuito rispetto al passato, per due motivi principali: la frequenza di effetti collaterali di tipo neurovegetativo, e la possibile interferenza farmacologica con la levodopa.

Quello sulla neuroprotezione nella IPD è un capitolo ancora tutto da scrivere: diversi farmaci sono in fase di sperimentazione, e stanno ottenendo buoni risultati: tra questi un altro inibitore della MAO-B, la rasagilina, è un farmaco che ha ottenuto risultati sorprendenti in fase II di sperimentazione.

Altre categorie di farmaci sulle quali la ricerca sta andando avanti sono: farmaci favorenti la funzione mitocondriale, antagonisti degli aminoacidi eccitatori, antibiotici, antinfiammatori, fattori neurotrofici.

 

La terapia della malattia di Parkinson con cellule staminali

La scoperta che cellule staminali embrionali stimolate in vitro con il prodotto del gene Nurr1 si differenziavano in cellule dopaminergiche, e che queste, se introdotte per via stereotassica nel cervello di ratti affetti da malattia di Parkinson ne rallentavano la progressione fino all'arresto, ha aperto orizzonti rivoluzionari nel trattamento di questa malattia. Questa tecnica, peraltro, al momento è soltanto sperimentale e problemi di tipo etico e pratico ne limitano l'utilizzo.

index neurologico