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Ossigenoterapia prolungata

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Ossigenoterapia e terapia non farmacologica

L'ossigenoterapia, nota anche come ossigeno supplementare, è l'uso dell'ossigeno come trattamento medico.

Succede, infatti, che un paziente, in genere broncopatico cronico ostruttivo, per es. un forte fumatore, si presenti in ospedale in preda all'ennesima crisi di dispnea.

Qui viene eseguita una emogasanalisi ed il medico riscontra una ipossiemia, cioè la pressione parziale di ossigeno nel sangue risulta bassa, con valori < a pO2 55 mmHg; a questo punto l'impiego di ossigenoterapia prolungata risulterà indicata, e rinnovabile a seconda delle condizioni cliniche che si presenteranno nel tempo.

Ricordiamo, però, ai Sigg. Navigatori che ci onorano di seguire questo povero website, che non sempre l'impiego di ossigeno è la soluzione alla cura del broncopatico, perché occorre capire come somministrarlo, per es. se con la maschera di Venturi, se con gli occhiali.

In genere la risposta è che se una persona presenta al contempo rialzo dei valori della anidride carbonica  (ipercapnia), l'impiego di ossigeno deve essere molto accurato, per evitare il rischio di causare una impennata dell'anidride; in questi casi è sempre indicata la maschera di Venturi (28-30-35-40%) al dosaggio in litri di ossigeno indicato nella stessa maschera. Viceversa, nei pazienti con ipossiemia ma con valori di anidride carbonica nei range, è sufficiente impiegare ossigeno a basso flusso.

Ancora altra indicazione importante dell'ossigeno, stavolta a flusso elevato, è la riduzione dell'ossigeno nel sangue,  durante la tossicità da monossido di carbonio, che si caratterizza per il mal di testa a grappolo e per mantenere abbastanza ossigeno mentre vengono somministrati anestetici inalati.

L'ossigeno a lungo termine è spesso utile nelle persone con ossigeno cronicamente basso, come nella BPCO grave o nella fibrosi cistica. L'ossigeno può essere somministrato in diversi modi, tra cui cannula nasale, maschera facciale e all'interno di una camera iperbarica.

L'ossigeno è richiesto per il normale metabolismo cellulare. Concentrazioni eccessivamente elevate possono causare tossicità da ossigeno come danno polmonare o causare insufficienza respiratoria in coloro che sono predisposti. Concentrazioni di ossigeno più elevate aumentano anche il rischio di incendi, in particolare durante il fumo, e senza l'umidificazione possono anche seccare il naso.

La saturazione dell'ossigeno target raccomandata dipende dalla condizione da trattare.

Nella maggior parte delle condizioni si raccomanda una saturazione del 94-96%, mentre in quelli a rischio di saturazione del diossido di carbonio si preferiscono saturazione dell'88-92% e in quelli con tossicità da monossido di carbonio o arresto cardiaco dovrebbero essere il più alti possibile.

Indicazioni per OLT

Gli stadi più avanzati e gravi della BPCO sono accompagnati spesso da insufficienza respiratoria caratterizzata da ipossiemia arteriosa che, se non trattata, determina riduzione della sopravvivenza allorché raggiunge valori inferiori ai 55-60 mmHg. I pazienti che non riescono a soddisfare il loro fabbisogno di ossigeno attraverso la respirazione hanno continuamente bisogno di un apporto integrativo, in particolare sotto sforzo (passeggiate, ginnastica), poiché il corpo non riesce ad immagazzinare l'ossigeno. L'ossigenoterapia a lungo termine aumenta l'aspettativa di vita, diminuisce la dispnea, migliorando l'efficienza e la qualità della vita, sostiene il sistema cardiocircolatorio. La terapia è davvero efficace solo se l'apporto di ossigeno viene assicurato per almeno 16 ore al giorno. L'ideale sarebbe un apporto 24 ore su 24.

Per porre diagnosi, il medico pone il paziente in osservazione breve senza l'ausilio di ossigenoterapia e, successivamente, esegue l'indagine emogas analitica.

In questi casi è necessario istituire un trattamento con ossigeno in modo continuo, per almeno 15 ore (1), meglio per 18-24 ore al giorno, e a lungo termine (OTLT). Le ore di trattamento includono ovviamente le ore notturne preferibilmente con bassi flussi di ossigeno (in genere da 1 a 2 litri/min). Il flusso deve essere adeguato a mantenere la PaO2>60 mmHg e la saturazione di ossigeno (S02%)>92%.

Nei pazienti ipercapnici è raccomandata la somministrazione di ossigeno a bassi flussi al fine di prevenire pericolosi incrementi di C02 con comparsa di episodi di acidosi respiratoria scompensata. Le indicazioni alla OLT, secondo le varie Linee Guida nazionali e internazionali.L'OLT è indicata nei pazienti che in fase stabile, a riposo e con il miglior trattamento possibile, in esami emogasometrici ripetuti nel tempo a distanza di almeno quindici giorni l'uno dall'altro e per un periodo di almeno due mesi consecutivi, presentino:

- Pa02 <55 mmHg oppure
- Pa02 compresa fra 56 e 59 mmHg, in presenza di ipertensione arteriosa polmonare, cuore polmonare edemi declivi, ematocrito > 55%. L'efficacia del flusso di ossigeno prescelto e la persistenza dell'indicazione alla OTLT devono essere verificate periodicamente a 3 mesi e a 12 mesi dopo l'immissione in OTLT e periodicamente almeno 1 volta all'anno o in occasione di ogni cambiamento dello stato clinico del paziente.

 

La prescrizione di OTLT è altamente specialistica e presuppone alcuni criteri e, cioè, che in mancanza di ossigenoterapia la pressione parziale di ossigeno nwel sangue si riduca al di sotto dei seguenti valori:

- Pa02<55 mmHg
oppure
- Pa02 compresa fra 56 e 59 mmHg, in presenza di ipertensione arteriosa polmonare, cuore polmonare, edemi declivi,  ematocrito >55%.

E' pur vero che l'impiego di ossigeno, specialmente con le cannule nasali, può essere altamente pericoloso nei pazienti che presentano di base una pessima emogasanalisi con elevati valori di CO2 (ipercapnia). In questi pazienti trova indicazione l'impiego di ossigenoterapia con maschere del tipo di Venturi ad adeguata percentuale (28% o 35%). Nei casi più gravi viene raccomandato piuttosto l'impiego di ventilatore B-level.

Le persone con BPCO e insufficienza respiratoria cronica che presentino frequenti riacutizzazioni e necessitino di ripetuti ricoveri ospedalieri abbiano ipercapnia possono beneficiare di un trattamento ventilatorio cronico non invasivo (NIV), dopo opportuna valutazione specialistica.

Per migliorare la funzionalità polmonare, in pazienti selezionati, è pos-sibile ricorrere anche a tecniche chirurgiche come la bullectomia, cioè l'asportazione di bolle polmonari, e alla riduzione di volume polmonare, che può essere ottenuta attraverso l'ablazione chirurgica delle zone polmonari apicali interessate dal processo enfisematoso, o mediante l'introduzione, all'interno dei bronchi, di valvole unidirezionali finalizzate a desufflare il parenchima enfisematoso o con altre tecniche broncoscopiche ancora in fase di validazione.

Tali metodiche di trattamento broncoscopico sono da riservare a pazienti accuratamente selezionati e da attuare in centri con comprovata esperienza nel settore. Nel caso in cui il paziente affetto da BPCO presenti una severa decurtazione funzionale ed una marcata compromissione clinica, caratterizzate da un valore di FEV1 <20, necessità di ossigenoterapia a lungo termine e ripetute ospedalizzazioni per esacerbazione della condizione patologica di base, può essere candidato al trapianto polmonare. Il trapianto di polmone ha un impatto favorevole sulla funzione respiratoria, la capacità di esercizio e la qualità di vita, mentre resta controverso il suo effetto sulla sopravvivenza.


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