Incretine

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a cura del dott. Claudio Italiano

Sitagliptin, vildagliptin, linagliptin, saxagliptin: nuovi concetti terapeutici per il diabete.

Vedi anche  Diabete, come curare oggi?
Di quali farmaci stiamo parlando?
Sitagliptin, vildagliptin, linagliptin, saxagliptin sono farmaci  disponibili sotto forma di compresse che vengono utilizzati per la terapia del diabete mellito di tipo 2, già alle prime battute, cioè quando il paziente è in trattamento con metformina, mentre le sulfaniluree sono oggi in disuso. Queste terapie, il cui brevetto oggi e' scaduto,  giocano un  ruolo considerevole nel trattamento del diabete mellito tipo 2, se è vero che proteggono la beta-cellula del pancreas dal suo logorìo (esaurimento beta-cellulare), determinando invece un incremento del numero delle insule Beta, come è stato dimostrato nei ratti Goto-Kakizaki (cfr incretine).  Dunque una rivoluzione copernicana nel trattamento del diabete tipo 2 che prevedeva finora solo farmaci sensibilizzanti il recettore per l'insulina e secretagoghi. A tali farmaci inovativi, di recente, nel corso del 2015, sono stati affiancati altri farmaci di nuova concezione, gli anti SGLT2, bloccanti le pompe del glucosio nel rene.

Dunque, le incretine si differenziano, dicevamo, dai vecchi farmaci secretagoghi, sulfaniluree e glinidi. Sono usati associati alla prescrizione di una dieta equilibratao, meglio ad una dieta per il diabete, oltre che all'esercizio fisico, in associazione con altri farmaci antidiabetici insulino-sensibilizzanti (es. metformina).

Associazioni terapeutiche delle incretine

• con la metformina, quando tale farmaco da solo non garantisce un sufficiente controllo glicemico negli obesi;
• con una sulfonilurea, quando tale farmaco da solo non garantisce un sufficiente controllo glicemico, nei pazienti con limitazioni all’impiego della metformina e nei soggetti magri;
• con un agonista PPAR-gamma (tiazolidinedione ) quando tale farmaco da solo non garantisce un sufficiente controllo glicemico.
• 2014: è possibile l'associazione di un DPPIV ed insulina basale, lenta o ultralenta, meglio ancora associare degludec e liraglutide

Impiego e dosaggio delle incretine

Il dosaggio di sitagliptin è di 100 mg una volta al giorno, saxagliptin 5 mg,  assunto con o indipendentemente dai pasti, senza dover cambiare il dosaggio degli altri farmaci salvo quando sitagliptin viene assunto in associazione con una sulfonilurea, poichè aumenterebbe il rischio di ipoglicemie, infatti la sulfanilurea ha un'azione di stimolo sulla secrezione insulinica, cosa che non accade con metformina che agisce in periferia, accrescendo la sensibilità all'insulina endogena. Chi soffre di nefropatia non può assumere questo farmaco, se la clearance è < 60 ml/min, nè l'epatopaziente, o il paziente con cirrosi,  nè il pazienti di età inferiore ai 18 anni, nè la gravida possono impiegare questi farmaci

Meccanismo d'azione delle incretine?

Il principio attivo di sitagliptin, è quello di inibire la dipeptidil-peptidasi (DPP-4), un enzima localizzato nei capillari intestinali e lo stesso dicasi per vildagliptin. Agiscono, cioè, inibendo la degradazione di ormoni detti "incretine" nell’organismo. Le incretine per via iniettiva mimano, invece, l'azione del GLP-1. Le incretine, sono sostanze utili all'organismo, specie nel diabetico, perchè vengono rilasciate nel sangue dopo un pasto e stimolano fisiologicamente il pancreas a produrre più insulina, dopo l'assunzione dei carboidrati per os. Aumentano così facendo il livello delle incretine nel sangue, che altrimenti si degraderebbero nel giro di qualche minuto. Sitagliptin e vildagliptin  quindi, non funzionano quando la concentrazione di glucosio nel sangue è bassa. Essi riducono inoltre la quantità di zuccheri prodotti dal fegato accrescendo i livelli di insulina e diminuendo i livelli dell’ormone glucagone. Assieme, questi processi riducono il tasso di glucosio nel sangue e contribuiscono al controllo del diabete di tipo 2.

In tutti gli studi il principale parametro dell’efficacia era la variazione della concentrazione nel sangue di una sostanza denominata emoglobina glicosilata (HbA1c), che dà un’indicazione dell’efficacia del controllo del glucosio ematico. Ma si potrebbe obiettivare che ciò è possibile anche con una dieta drastica e con esercizio fisico. Così il tasso di HbA1c dello 0,70% (dal 7,96% al 7,26%) dopo 24 settimane di trattamento; nei pazienti trattati con placebo si è osservata invece una riduzione dello 0,08%. In combinazione con pioglitazone, sitagliptin a 100 mg riduceva il tasso di HbA1c dello 0,88% dopo 24 settimane rispetto allo 0,18% osservato nei pazienti trattati con placebo. Nello studio che metteva a confronto sitagliptin e glipizide in associazione a metformina, inizialmente glipizide era più efficace di sitagliptin nell’abbattere i livelli ematici di HbA1c. Tuttavia, nei pazienti che hanno continuato ad assumere sitagliptin o glipizide, dopo un anno di trattamento l’efficacia dei due farmaci è In risultata simile.  L’uso di vildagliptin non è raccomandato nei pazienti con problemi renali moderati o gravi o nei pazienti in emodialisi con malattia renale allo stadio terminale e nei pazienti con problemi epatici. Il farmaco deve essere usato con cautela nei pazienti di età superiore ai 75 anni, anche se non c'è assoluta controindicazione. In tutti gli studi, il principale parametro dell’efficacia era la variazione della concentrazione nel sangue dell’emoglobina glicosilata ( HbA1c ), che dà un’indicazione dell’efficacia del controllo del glucosio ematico. In monoterapia vidagliptin ha determinato una riduzione dei livelli di HbA1c di circa l’1% da un livello di partenza dell’8% dopo 24 settimane, ma è risultato meno efficace di Metformina o Rosiglitazone. In terapia aggiuntiva a un precedente trattamento per il diabete di tipo 2, vidagliptin è risultato più efficace del placebo nel ridurre i livelli di HbA1c. La dose giornaliera di 100 mg, in associazione con Metformina e Pioglitazone ( Actos ), si è rivelata più efficace della dose da 50 mg, determinando una riduzione dei livelli di HbA1c compresa tra lo 0,8 e l’1,0%. In associazione con Glimepiride ( Amaryl ), entrambe le dosi giornaliere da 50 e 100 mg hanno indotto una riduzione dello 0,6% circa. Al contrario, nei pazienti che hanno aggiunto placebo al trattamento precedente si sono osservate variazioni più modeste del livello di HbA1c, comprese tra una diminuzione dello 0,3% ed un aumento dello 0,2%.

Link per approfondire il tema della cura del diabete:

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pioglitazone

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sulfoniluree

insulina

metformina

indicazioni e controindicazioni delle insuline analogo umani

Il diabetico, un paziente a 360°

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