Nota 13
cfr anche:
Ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta e
ipercolesterolemia poligenica
Le tabelle definiscono i criteri per l'ammissione iniziale dei pazienti alla
terapia rimborsabile, associando alla stratificazione del rischio il relativo
target terapeutico (TT) e, in funzione di entrambi, la relativa proposta di
trattamento rimborsabile.
Solo dopo tre mesi di dieta e di modifica dello stile di vita adeguatamente
proposta al paziente ed eseguita in modo corretto, dopo aver escluso le
dislipidemie dovute ad altre patologie (ad esempio l'ipotiroidismo) si può
valutare l'inizio della terapia farmacologica. La terapia dovrebbe tuttavia
essere intrapresa contemporaneamente alla modifica dello stile di vita nei
pazienti a rischio molto alto con livelli di C-LDL >70 mg/dL e in quelli a
rischio alto con livelli di LDL-C >100 mg/dL.
L'uso dei farmaci ipolipemizzanti deve essere continuativo e non occasionale
così come la modifica dello stile di vita. E' inoltre raccomandabile,
nell'ambito di ciascuna classe di farmaci, la scelta dell'opzione terapeutica
meno costosa.
Accanto a ciascun target terapeutico la nota 13 identifica il trattamento di
prima scelta per la terapia d'ingresso. E' sempre necessario assicurare
l'ottimizzazione del dosaggio della statina prima di prendere in considerazione
la sua sostituzione o la sua associazione. L'impiego di farmaci dì seconda ed
eventualmente terza scelta può essere ammesso solo quando il trattamento di
prima linea a dosaggio adeguato e per un congruo periodo di tempo si sia
dimostrato insufficiente al raggiungimento della riduzione attesa del
colesterolo LDL e/o della riduzione di almeno il 50% del colesterolo LDL o abbia
indotto effetti collaterali.
Al fine dell'appropriatezza prescrittiva, che tiene nel dovuto conto soprattutto
il migliore trattamento del paziente con l'obiettivo di prevenire gli eventi CV,
sarà essenziale il monitoraggio clinico per poter documentare il momento e le
cause che richiedano la sostituzione della terapia o la sua associazione con
altri farmaci.
Per i pazienti con dislipidemia aterogenica (TG>200 mg/dl, HDL<34 mg/dl) e per
quelli con ipertrigliceridemia i farmaci di seconda linea da somministrare in
associazione alle statine sono i fibrati. Tra questi, il farmaco di prima scelta
è il fenofibrato per la maggiore sicurezza di uso nei pazienti in terapia con
statine; la combinazione di statine e gemfibrozil è invece associata ad un
aumentato rischio di miopatia.
La nota 13 ha riconsiderato, su aggiornate basi farmaco-terapeutiche, il ruolo
dell'associazione tra ezetimibe e statine; infatti l'ezetimibe è un farmaco che
inibisce l'assorbimento del colesterolo e che, utilizzato in monoterapia, riduce
i livelli di LDL-C dal 15% al 22%> dei valori di base.
Mentre il ruolo dell'ezetimibe in monoterapìa nei pazienti con elevati livelli
di LDL-C è, perciò, molto limitato, l'azione dell'ezetimibe è complementare a
quella delle statine; infatti le statine che riducono la biosintesi del
colesterolo, tendono ad aumentare il suo assorbimento a livello intestinale; l'ezetimibe
che inibisce l'assorbimento intestinale di colesterolo tende ad aumentare la sua
biosintesi a livello epatico.
Per questo motivo, l'ezetimibe in associazione a una statina può determinare una
ulteriore riduzione di LDL-C (indipendentemente dalla statina utilizzata e dalla
sua posologia] del 15%-20%. Quindi, l'associazione tra ezetimibe e statine sia
in forma precostituita che estemporanea è utile e rimborsata dal SSN solo nei
pazienti nei quali le statine a dose considerata ottimale non consentono di
raggiungere il target terapeutico. Nei pazienti che siano intolleranti alle
statine è altresì ammessa, a carico del SSN, la monoterapia con ezetimibe.
Quali sono i farmaci ipolipemizzanti?
Fibrati:
bezafibrato fenofibrato gemfibrozil
Statine:
simvastatina
pravastatina
fluvastatina
lovastatina
atorvastatina
rosuvastatina
Altri:
- PUFA-N3 ezetimibe
La
prescrizione dei farmaci contro le dislipidemie è a carico del SSN limitatamente
ai pazienti affetti da:
•
dislipidemie familiari
bezafibrato, fenofibrato, gemfibrozil
atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, pravastatina, rosuvastatina, simvastatina,
simvastatina + ezetimibe
omega 3 etilesteri
• ipercolesterolemia non corretta dalla
sola dieta
o in soggetti a rischio elevato di un primo
evento cardiovascolare maggiore (rischio a 10 anni > 20% in base alle Carte o
all’algoritmo di Rischio del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità
) (prevenzione primaria)
La carta del rischio cardiovascolare
-
o in soggetti con coronaropatia documentata
o pregresso ictus
o
arteriopatia obliterante periferica o pregresso
infarto o
diabete (prevenzione
secondaria)
atorvastatina, fluvastatina, lovastatina,
pravastatina, rosuvastatina, simvastatina, simvastatina + ezetimibe
• pregresso infarto del miocardio (prevenzione
secondaria)
omega 3 etilesteri
•
iperlipidemia non corretta dalla sola dieta:
o
indotta da farmaci (immunosoppressori, antiretrovirali
e inibitori della aromatasi)
o
in pazienti con insufficienza renale cronica
- atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, pravastatina,
rosuvastatina, simvastatina, simvastatina + ezetimibe
-bezafibrato, fenofibrato, gemfibrozil
- omega 3 etilesteri
BACKGROUND
Le
malattie cardiovascolari riconoscono un’eziologia tipicamente multifattoriale; sono
infatti numerosi i fattori che aumentano il rischio di essere colpiti dalle manifestazioni
cliniche di queste patologie .
Principali fattori di
rischio cardiovascolare
Età
elevata, sesso maschile, fumo di sigaretta, diabete mellito, valori elevati della
colesterolemia totale e LDL, bassi valori della colesterolemia HDL, valori elevati
della pressione arteriosa, familiarità per malattie cardiovascolari, obesità addominale,
scarsa attività fisica.
L’entità
del rischio individuale di incorrere in un evento cardiovascolare dipende dalla
combinazione dei livelli dei vari fattori di rischio di una persona; tra i fattori
più importanti vi è l’età, e pertanto il rischio aumenta comunque con l’avanzare
dell’età stessa. La promozione di un appropriato stile di vita (essenzialmente una
corretta alimentazione, un’adeguata attività fisica e la sospensione del
fumo di sigaretta
se presente) rappresenta, in questo contesto, il primo provvedimento da attuare
nel controllo del rischio cardiovascolare.
È
dimostrato da numerosi trial clinici che il controllo farmacologico di alcuni fattori
di rischio (essenzialmente dei valori pressori e della colesterolemia LDL) riduce
in modo significativo il rischio cardiovascolare. Per quanto riguarda la colesterolemia
LDL, l’obiettivo della terapia (secondo le più recenti linee guida internazionali)
è di ricondurne permanentemente i livelli plasmatici entro i valori limite considerati
accettabili (definiti abitualmente "target terapeutico", o TT), che dipendono a
loro volta dal livello di rischio del singolo paziente. Alcune evidenze cliniche
suggeriscono che un trattamento "non a target" non permette al paziente di beneficiare
appieno del vantaggio di riduzione degli eventi cardiovascolari associato alla terapia
ipolipemizzante.
Per i soggetti ad alto rischio il TT per
il colesterolo LDL è < 100 mg/dL; nei soggetti a rischio particolarmente elevato
le evidenze più recenti suggeriscono, almeno come opzione terapeutica, un TT ulteriormente
ridotto, e pari ad una colesterolemia LDL < 70-80 mg/dL.
La
decisione di attivare un trattamento farmacologico ipolipemizzante va presa, in
genere, quando tre mesi di un’adeguata dieta ipolipidica (o ipoglicidica nei pazienti
con prevalente ipertrigliceridemia) non abbiano permesso di raggiungere il TT appropriato,
e dopo aver escluso di trovarsi in presenza di dislipidemie secondarie ad altre
patologie (tabella I) o iatrogene (tabella II). La gestione clinica di queste forme
secondarie o iatrogene deve infatti innanzitutto eliminare, se possibile, la causa
della dislipidemia.
Nei
pazienti in prevenzione primaria (con l’esclusione dei pazienti diabetici, considerati
equivalenti ai pazienti in prevenzione secondaria in termini di rischio cardiovascolare,
e dei pazienti portatori di dislipidemie familiari, cui questi strumenti non si
possono applicare) la decisione di adottare un trattamento farmacologico dovrà basarsi
sulla valutazione preliminare del Rischio Cardiovascolare Globale Assoluto (RCGA)
utilizzando le carte di rischio italiane o l’algoritmo di rischio del Progetto Cuore
dell’Istituto Superiore di Sanità (www.cuore.iss.it). Dovranno essere considerati
ad alto rischio, e candidati quindi ad un trattamento ipolipemizzante con un TT
per LDL-col ≤
100 mg/dL dopo i necessari interventi di correzione
dello stile di vita, i soggetti il cui rischio di eventi cardiovascolari maggiori,
stimato mediante le ricordate carte del rischio o (meglio) mediante l’algoritmo
presente sullo stesso sito, sia superiore al 20% nei 10 anni successivi.
Va
ricordato che la terapia, una volta istituita, deve essere permanente, e che è specifico
compito del medico curante fare sì che l’adesione del paziente alla terapia indicata
sia accettabile (≥
80% della dose prescritta). Le correzioni delle abitudini
alimentari, l’aumento dell’attività fisica, e la sospensione del fumo devono essere
permanenti, e mantenuti anche dopo l’inizio della terapia farmacologica.
Patologie
per le quali è previsto l’impiego di farmaci ipolipemizzanti in regime di rimborso
1.
Dislipidemie familiari
Le
dislipidemie familiari sono malattie su base genetica (a carattere autosomico recessivo,
dominante o co-dominante, a seconda della malattia) caratterizzate da elevati livelli
di alcune frazioni lipidiche plasmatiche e, spesso, da una grave e precoce insorgenza
di malattie cardiovascolari. Le dislipidemie erano classicamente distinte secondo
la classificazione di Frederickson, basata sull’individuazione delle frazioni lipoproteiche
aumentate; questa classificazione è oggi in parte superata da una classificazione
genotipica, basata sull’identificazione delle alterazioni geniche responsabili.
Ad
oggi non sono tuttavia definiti criteri internazionali consolidati per la diagnosi
molecolare di tutte le principali dislipidemie familiari, e l’applicabilità clinica
pratica di tali criteri è comunque limitata; il loro riconoscimento va quindi effettuato
impiegando algoritmi diagnostici che si basano sulla combinazione di criteri biochimici,
clinici ed anamnestici. È essenziale, per la diagnosi di dislipidemia familiare,
escludere preliminarmente tutte le forme di iperlipidemia secondaria o da farmaci,
le principali delle quali sono elencate nelle già ricordate tabelle I e II.
Tra
le dislipidemie familiari di maggiore frequenza, e che più frequentemente si associano
ad un rischio aumentato di cardiopatia ischemica prematura, vanno ricordate l’ipercolesterolemia
familiare monogenica (FH), l’iperlipidemia familiare combinata (FCH) e la disbetalipoproteinemia.
In tutti questi pazienti obiettivo primario della terapia è di portare la colesterolemia
LDL a valori < 100 mg/dL (ed ottimalmente < 70-80 mg/dL), o di avvicinarsi il più
possibile a tali valori nel caso il target non sia in pratica raggiungibile, riducendo
la colesterolemia almeno del 50% (LG NICE). È probabile che la correzione dell’ipertrigliceridemia,
se presente, contribuisca ulteriormente alla riduzione del rischio cardiovascolare
in questi pazienti.
Si
ricorda che i centri specialistici per la diagnosi e la terapia delle iperlipidemie,
già identificati per le certificazioni di tali patologie, possono fungere da supporto
per la decisione diagnostica e per la soluzione di eventuali quesiti terapeutici.
Ipercolesterolemia
familiare monogenica, o FH
Malattia
genetica (con prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1:500) frequentemente dovuta
a mutazioni del gene
che codifica il recettore delle LDL. Benché una diagnosi
certa sia ottenibile solamente mediante metodiche di analisi molecolare, questa
dislipidemia, nella pratica clinica, può essere diagnosticata con ragionevole certezza
mediante un complesso di criteri biochimici, clinici ed anamnestici. I cardini di
questi criteri, sostanzialmente condivisi da tutti gli algoritmi diagnostici proposti,
includono:
-
colesterolemia LDL superiore a 190 mg/dL più
-
trasmissione verticale della malattia, documentata dalla presenza di analoga alterazione
biochimica nei familiari del probando.
In
assenza di informazioni sul profilo lipidico dei familiari il sospetto è molto forte
se insieme alla colesterolemia LDL superiore a 190 mg/dL si osservano:
-
presenza di xantomatosi tendinea nel probando oppure
-
un’anamnesi positiva per cardiopatia ischemica precoce (prima dei 55 anni negli
uomini, prima dei 60 nelle donne) nel probando o nei familiari di I e II
grado (nonni, genitori, fratelli) o la presenza di grave ipercolesterolemia in
figli in età prepubere.
Dati
recenti suggeriscono che un appropriato trattamento dei pazienti con ipercolesterolemia
familiare conduce ad un sostanziale abbattimento del loro eccesso di rischio cardiovascolare.
Iperlipidemia
combinata familiare, o FCH
Questa
malattia (con prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1-2:100) è caratterizzata da
una importante variabilità fenotipica ed è collegata a numerose variazioni genetiche,
con meccanismi fisiopatologici apparentemente legati ad un’iperproduzione di apo
B-100, e quindi delle VLDL.
I
criteri diagnostici sui quali è presente un consenso sono:
-
colesterolemia LDL superiore a 160 mg/dl e/o trigliceridemia superiore a 200 mg/dl
più
-
documentazione nei membri della stessa famiglia (I e II grado) di più casi di
ipercolesterolemia e/o ipertrigliceridemia (fenotipi multipli), spesso con variabilità
fenotipica nel tempo (passaggio da ipercolesterolemia ad ipertrigliceridemia,
o a forme miste).
In
assenza di documentazione sui familiari, la dislipidemia familiare è fortemente
sospetta in presenza anamnestica o clinica o strumentale di arteriosclerosi precoce.
È
indispensabile per la validità della diagnosi di iperlipidemia combinata familiare
escludere le famiglie in cui siano presenti unicamente ipercolesterolemia o ipertrigliceridemia.
Disbetalipoproteinemia
familiare
Patologia
molto rara (con prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1:10.000) che si manifesta
in soggetti omozigoti per l’isoforma E2 dell’apolipoproteina E. La patologia si
manifesta in realtà solamente in una piccola percentuale dei pazienti E2/E2, per
motivi non ancora ben noti.
I
criteri diagnostici includono:
-
valori sia di colesterolemia che di trigliceridemia intorno ai 400-500 mg/dl più
-
presenza di larga banda beta, da fusione delle bande VLDL ed LDL, alla elettroforesi
delle lipoproteine.
La
presenza di uno di questi fattori aumenta la validità della diagnosi:
-
xantomi tuberosi,
-
xantomi striati palmari (strie giallastre nelle pieghe interdigitali o sulla superficie
palmare delle mani, da considerare molto specifici).
2.
Ipercolesterolemia non corretta dalla sola
dieta
La
Nota 13 non fissa un valore soglia definito della colesterolemia, per l’attivazione
del trattamento ipocolesterolemizzante in un soggetto in prevenzione primaria ma
un valore decisionale basato sul livello del RCGA. Per convenzione internazionale
è considerato a rischio elevato un paziente con RCGA >20% a 10 anni. In questi soggetti,
come si ricordava, la colesterolemia LDL va ricondotta ad un valore < 100 mg/dL,
o < 70-80 se il rischio cardiovascolare è particolarmente elevato. È opportuno ricordare
nuovamente che la stima del rischio non va effettuata nei pazienti portatori di
dislipidemie su base familiare: le carte (o gli algoritmi) del rischio sottostimano
infatti il rischio cardiovascolare associato a queste patologie. Le carte o l’algoritmo
del Progetto Cuore non consentono la valutazione del rischio cardiovascolare per
i soggetti con età superiore a 70 anni: in questi pazienti la valutazione del rischio
viene quindi lasciata al medico curante, che terrà conto anche delle comorbilità
eventualmente presenti. Va comunque ricordato che il trattamento di pazienti in
prevenzione primaria di età ≥
80 anni non è supportato dai risultati di trial
controllati di intervento; tale terapia può tuttavia essere continuata, oltre tale
limite di età, se istituita prima degli 80 anni.
Nei
pazienti ad alto rischio perché in prevenzione secondaria (con pregresso infarto
o coronaropatia documentata, o pregresso ictus cerebrale ischemico, o arteriopatia
obliterante periferica o diabete) il TT per la colesterolemia LDL è < 100 mg/dL,
o < 70-80 se il rischio cardiovascolare è particolarmente elevato (ad es. in soggetti
con storia di malattia coronarica combinata con la malattia diabetica, o con la
sindrome metabolica, o con altri fattori di rischio gravemente alterati e non adeguatamente
controllabili).
La
scelta del trattamento farmacologico da adottare, sia nei pazienti in prevenzione
primaria che secondaria, deve tenere nella necessaria considerazione la "distanza"
tra il valore della colesterolemia LDL post-dieta (e cioè il valore di inizio del
trattamento) e l’obiettivo terapeutico da raggiungere.
Un
simile approccio permette, tra l’altro, di razionalizzare l’uso dei farmaci a maggiore
efficacia e/o costo, impiegandoli selettivamente nei soggetti con distanza dal TT,
calcolata secondo la formula [(LDL basale – Target Terapeutico)/LDL basale], maggiore
del 35-40%.
3.
Pazienti con pregresso
infarto del miocardio
(prevenzione secondaria)
Il
trattamento con etilesteri degli acidi grassi omega 3 a lunga catena alla dose di
1 g/die, secondo un trial clinico di intervento condotto in Italia, riduce del 50%
circa il rischio di morte improvvisa negli anni successivi. Il trattamento, alle
dosi utilizzate, non ha influenzato la trigliceridemia, ed il vantaggio non correlava
alla presenza di una ipertrigliceridemia significativa; la sua indicazione, pertanto,
non è subordinata alla presenza di valori elevati della trigliceridemia stessa nel
paziente con storia di infarto.
4.
Iperlipidemie non corrette dalla sola dieta
Iperlipidemie
indotte da farmaci (immunosoppressori, antiretrovirali e inibitori della aromatasi)
Un
incremento del colesterolo totale e delle frazioni a basso peso molecolare (LDL
e VLVL), dei TG e dell’apolipoproteina B sono stati riscontrati nel 60-80% dei pazienti
sottoposti a trapianto di cuore e che ricevono una terapia immunosoppressiva standard
comprensiva di steroidi, ciclosporina e azatioprina; nel 45% dei pazienti sottoposti
a trapianto di fegato; e in una percentuale di pazienti sottoposti a trapianto di
rene che a seconda delle varie casistiche considerate arriva fino al 60% (5-6).
Numerosi studi effettuati su campioni di popolazione di adeguata numerosità hanno
consentito di dimostrare la correlazione tra iperlipidemia e lo sviluppo di aterosclerosi
e conseguentemente di malattia cardiovascolare. L’iperlipidemia indotta dai farmaci
immunosoppressivi, inoltre, accelera lo sviluppo della cosiddetta GCV (graft coronary
vasculopathy), una forma di aterosclerosi coronarica accelerata che rappresenta
la più comune causa di morte tardiva post-trapianto di cuore e che si riscontra
in questi pazienti con un’incidenza annua pari al 10%.
Alla
luce di questi dati, nella pratica clinica l’utilizzo di farmaci ipolipemizzanti
nei pazienti sottoposti a trapianto di organo solido si è reso indispensabile laddove
l’utilizzo di un regime dietetico controllato a basso contenuto di colesterolo e
la riduzione di eventuali ulteriori fattori di rischio cardiovascolare modificabili,
non siano stati sufficienti per mantenere i valori di colesterolemia entro i limiti
consigliati dalla Carta del rischio cardiovascolare dell’Istituto Superiore di Sanità
e laddove non sia proponibile l’utilizzo di uno schema alternativo di terapia antirigetto.
Nei
pazienti con infezione da
HIV, a seguito
dell’introduzione della HAART (terapia antiretrovirale di combinazione ad alta efficacia),
si è osservata la frequente insorgenza di dislipidemia indotta dai farmaci antiretrovirali
stessi; nel tempo, questa dislipidemia può contribuire ad un aumento dell’incidenza
di eventi cardiovascolari, sviluppabili anche in giovane età. Da studi di coorte
prospettici emerge un rischio relativo di eventi ischemici vascolari pari a circa
1,25 per anno, con incremento progressivo e proporzionale alla durata di esposizione
alla terapia antiretrovirale. La prevalenza di dislipidemia nei pazienti HIV+ è
variabile in rapporto al tipo di terapia antiretrovirale; essa è in genere intorno
al 25% per la colesterolemia ed oltre il 30% per l’ipertrigliceridemia.
Alla
luce di questi dati, si è reso necessario nella pratica clinica l’utilizzo di farmaci
ipolipemizzanti nei pazienti con infezione da HIV in trattamento antiretrovirale,
laddove la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare "modificabili" non si
riveli sufficiente a mantenere i valori di colesterolemia e trigliceridemia entro
i valori target appropriati per il livello di rischio del paziente, e laddove, per
motivi clinici e/o virologici, non sia sostituibile la terapia antiretrovirale in
atto.
Iperlipidemie
in pazienti con insufficienza renale cronica
Il
danno aterosclerotico nei pazienti con insufficienza renale cronica (IRC), a parità
di livello dei fattori di rischio, è superiore a quello che si osserva nella popolazione
generale; le malattie cardiovascolari sono infatti la principale causa di morte
dei pazienti con IRC. Per tale motivo è necessario, in questi pazienti, un
controllo particolarmente accurato dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari,
tra cui la dislipidemia.
Le
statine sembrano efficaci nella prevenzione di eventi vascolari in pazienti vasculopatici
con IRC e sono in grado di ridurre la proteinuria e di rallentare la progressione
della malattia renale. Per pazienti adulti con IRC in stadio 3-4 (GFR < 60ml/min,
ma non ancora in trattamento sostitutivo della funzione renale), così come per coloro
che pur con una GFR > 60 ml/min presentino segni di malattia renale in atto (proteinuria
dosabile), va considerato un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante, nel
caso di insuccesso della correzione dello stile di vita, con l’obiettivo di raggiungere
un TT per LDL-col almeno < 100 mg/dL; secondo alcuni autorevoli enti internazionali,
il TT può essere fissato a < 70-80 mg/dL (specie in presenza di condizioni che aumentano
ulteriormente il rischio, come una storia clinica di eventi cardiovascolari accertati
o diabete mellito).
Se
i livelli della trigliceridemia sono
≥ 500 mg/dL,
va considerato un trattamento con fibrati, tenendo conto dell’esigenza di adeguare
il dosaggio di questi farmaci, escreti per via renale, alla funzione renale residua.
Nei
pazienti con IRC in stadio 5 (GFR < 15 ml/min o in trattamento sostitutivo della
funzione renale) le evidenze attuali, desunte dai pochi studi di intervento pubblicati,
non sono favorevoli al trattamento della dislipidemia. Il recentissimo risultato
dello studio AURORA, che valutava l’effetto di rosuvastatina in una popolazione
di pazienti con IRC allo stadio finale, ha dimostrato che, a fronte di una riduzione
del LDL-CHO, il trattamento con statina non era associato ad una riduzione dell’end-point
combinato di IMA, stroke e morte cardiovascolare.
Particolari
avvertenze
L’uso
dei farmaci ipolipemizzanti, come già ricordato, deve essere continuativo e non
occasionale. Lo stesso, comunque, deve essere inserito in un contesto più generale
di controllo degli stili di vita (alimentazione, fumo, attività fisica, ecc.).
La
strategia terapeutica (incluso l’impiego delle statine) va definita, in prevenzione
primaria, in base alla valutazione del rischio cardiovascolare globale e non di
ogni singolo fattore di rischio,
facendo riferimento alle Carte di rischio cardiovascolare e dell’algoritmo elaborati
dall’Istituto Superiore di Sanità all’interno del Progetto Cuore (www.cuore.iss.it).
Tabella I. Elenco delle principali cause di dislipidemia secondaria (in grigio
le forme più frequenti e di maggiore rilevanza pratica).
Condizione/Malattia
|
Fenotipo
|
Alterazioni lipidiche
|
Porfiria acuta
|
IIa
|
↑ LDL-C,
↑ HDL-C
|
Ipotiroidismo
|
IIa, IIb
|
↑ LDL-C
|
Diabete/ridotta
tolleranza glicidica
|
IV
|
↑ VLDL-TG
|
Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS)
|
IV
|
↑ VLDL-TG,
↓ HDL-C
|
Steatoepatite
non-alcolica (NASH)
|
IIb, IV
|
↑ VLDL-TG,
↑ LDL-C,
↓
HDL-C
|
Acromegalia
|
IIb
|
↑ VLDL-TG,
↑ LDL-C,
↓
HDL-C
|
Sindrome di Cushing
|
IIb, IV
|
↑ LDL-C,
↑ VLDL-TG
|
Artrite reumatoide
|
IV, IIb
|
↑ VLDL-TG,
↓ HDL-C
|
Lupus eritematoso
sistemico
|
IIb, IV
|
↑ chilomicroni,
↑ VLDL-TG,
↑
LDL-C,
↓ HDL-C
|
Colestasi
|
IIa, IIb
|
↑ LDL-C,
↑ VLDL-TG,
↑
HDL-C,
|
Sindrome
nefrosica
|
IIa, IIb
|
↑ LDL-C,
↑ VLDL-TG,
↑
ApoB
|
Emodialisi
cronica
|
IV
|
↑ VLDL-TG, ¯ HDL-C
|
Anoressia
nervosa iniziale
|
IIa
|
↑ LDL-C
|
Bulimia nervosa
|
IIa
|
↑ LDL-C
|
Disgammaglobulinemia
|
IIa, IIb
|
↑ VLDL-TG,
↑ LDL-C
|
Mieloma
multiplo
|
IIb
|
↑↑ LDL,
↑↑
VLDL-TG
|
vedi anche
argomenti di cardiologia