Il termine si riferisce alle lesioni morfologiche ed alla
compromissione funzionale renale associate a ipertensione cronica, anche se è
provato che è necessario un condizionamento genetico. In realtà in alcuni casi
rari, sono presenti le tipiche alterazioni morfologiche non associate ad
ipertensione arteriosa; tuttavia ci si riferisce ugualmente a nefroangiosclerosi,
anche se resta controverso il meccanismo che ha provocato la lesione.
Lesioni dei vasi arteriosi. Elevati valori pressori a lungo andare provocano nei
vasi del rene due tipi di lesioni:
1.lesioni dell'endotelio e conseguente aumento della permeabilità con
successiva deposizione di proteine plasmatiche e di frazioni biologicamente
inattive del complemento (C3 b) nell'intima delle arteriole;
2. ipertrofia e ispessimento della parete delle arterie.
L'aspetto istologico delle due lesioni consiste rispettivamente nella:
1. presenza di materiale ialino, cioè omogeneo, nell'intima delle arteriole
il cui lume risulta ristretto: si tratta della cosiddetta arteriolosclerosi o
ialinosi arteriolare;
2. nell'ispessimento della parete delle arterie, particolarmente
dell'intima, in cui aumenta la componente di fibre collagene e si produce uno slaminamento o apparente duplicatura della lamina elastica interna.
Concomita inoltre un certo grado di iperplasia delle cellule muscolari lisce della media. Anche in questa sede si verifica restringimento del lume vasale.
In una prima fase della ipertensione i glomeruli sono ipertrofici a causa dell'ipertensione glomerulare (dovuta, a sua volta, all'ipertensione sistemica e alla perdita di capacità di autoregolazione). La ipertrofia dei glomeruli esita poi nella sclerosi progressiva, con meccanismo analogo a quanto si è visto nelle condizione congenita di oligomeganefronia. Quanto minore è il numero dei glomeruli conservati, tanto più i rimanenti vanno incontro a ipertrofia. La facilità con cui, nei pazienti afroamericani, le lesioni progrediscono più rapidamente che nei caucasici verso l'insufficienza renale, è attribuita al ridotto numero dei nefroni presenti alla nascita nei soggetti afroamericani, condizione genetica che comporta una più precoce ipertrofia.
L'ipertensione dei glomeruli e la loro conseguente ipertrofia sono eventi che
rappresentano un meccanismo di compenso importante che sta per: anche alla base
della progressione verso la sclerosi di molte nefropatie. Su questo compenso si
basa :. razionale di molte terapie farmacologiche: si cerca cioè non solo o non
tanto di diminuire la pressione arteriosa sistemica, ma soprattutto di diminuire
quella glomerulare salvando i glomeruli residui Farmaci che riducono la
pressione arteriosa sistemica ma non influenzano quella intraglomerulare non
sono infatti efficaci per ridurre la progressione del danno renale verso
l'insufficienza renale.
Nelle fasi avanzate della ipertensione si vedono invece modificazioni dei
glomeruli riferibili principalmente all'ischemia. Ciò non stupisce se sì
ricorda, ancora una volta, che nonostante l'aumento pressorio il flusso ematico
nei glomeruli ad un certo punto diminuisce o si arresta a causa del progressivo
restringimento del lume dei vasi arteriosi e soprattutto delle arteriole. Alla
fine il convoluto dei capillari glomerulari si presenta come trasformato in una
matassa aggrovigliata, priva c: lumi mentre nello spazio di Bowman si accumula
materiale amorfo e collagene.
Nell'interstizio intertubulare si osserva spesso un infiltrato linfocitario interstiziale associato ad atrofia tubulare Mentre i motivi della atrofia tubulare sono comprensibili perché dovuti all'ischemia, un po' come accade nella stenosi dell'arteria renale, le ragion; dell'infiltrato infiammatorio, (lesione che, per la sua localizzazione interstiziale, può essere definita come nefrite interstiziale) sono ignoti. Sulla base d: dati sperimentali, recentemente si è supposto, che anche la flogosi sia una risposta immune contro antigeni tubulari, messi in evidenza o resi esposti dalle lesioni ischemiche.
Tutte le lesioni istologiche descritte: ipertrofia della media e sclerosi
intimale dell'arteria, ialinosi delle arteriole, collasso sistemico dei glomeruli,
flogosi e fibrosi dell'interstizio e atrofia tubolare, spiegano bene l'aspetto
macroscopico dei reni in corso di nefroangiosclerosi. Poiché si atrofizzano
alcun; tubuli e ne restano altri, la superficie dei reni diviene finemente
granulare. Residuano i vasi inter-tubulari più resistenti alla ischemia e perciò
il colore del rene (dato che scompaiono i tubuli e restano i vasi capillari) è
più rosso che di norma. Complessivamente poi il rene è ridotto di volume con
consistenza aumentata: in sintesi estrema assume i caratteri di piccolo rene grinzo rosso.
Anche se la nefroangiosclerosi è malattia molto frequente ed è causa di numerose
insufficienza renali terminali che necessitano di dialisi, la progressione è molto lenta.
Le manifestazioni sono subdole: accanto a ipertensione
può esservi solo lieve proteinuria (che però documenta già un danno glomerulare
iniziale) e raramente si procede alla biopsia renale per stabilire la diagnosi.
Considerazioni particolari meritano le lesioni della nefroangiosclerosi che
compaiono in casi nei quali i livelli pressori sono particolarmente elevati
oltre i 110-120 mmHg nei valori minimi). In questi casi si producono non tanto
l'insudazione nella parete arteriolare e la ialinosi, ma lesioni necrotizzanti
gravi delle arteriole e dei glomeruli con formazione di trombi e proliferazione
di cellule intimali. In assenza di trattamento adeguato subentra una grave
insufficienza renale: per questo motivo questa forma di nefroangiosclerosi è
detta maligna, con riferimento appunto alla grave compromissione della funzione
renale. In realtà non è malattia ben distinta dalla precedente (definita
nefroangiosclerosi benigna), perché si tratta di due fasi della stessa
malattia: la fase maligna dell'ipertensione nefrosclerosi maligna) può comparire
in qualunque momento, sia nel soggetto non precedentemente iperteso che in
quello con lunga storia di ipertensione modesta e nefrosclerosi benigna.
La zona di necrosi della parete delle arteriole e di parte dei glomeruli assume
le colorazioni della ribrina nelle metodiche istologiche classiche e viene
indicata come necrosi fibrinoide.
I rapporti tra le alterazioni morfologiche (e funzionali) del tessuto renale e le alterazioni della perfusione ematica (ipo- o iperafflusso, ipo- o ipertensione arteriosa ecc.) sono molto complessi. In pratica il rene non solo è sensibile, come tutti gli organi, alla perfusione ematica, ma ha anche la funzione primaria di regolare la massa ematica circolante e i livelli pressori, utilizzando un sofisticato sistema di riassorbimento ed escrezione di sali e di acqua o con la partecipazione di numerosi ormoni vasopressori.
Ne
consegue, per esempio, che una malattia renale può provocare un'ischemia intraparenchimale del rene, che induca
iperincrezione di ormoni vasoattivi (cfr s. renina) con
incremento della pressione arteriosa che a sua volta produce danni strutturali
sul già compromesso parenchima renale: così si instaura un circolo vizioso che
si autoamplifica. Il risultato è che, nella pratica medica, si riscontrano molto
spesso malattie renali che presentano molteplici lesioni strutturali:
alterazioni tanto primitive (malformazioni congenite glomerulonefriti,
infezioni) che lesioni causate dall'ipertensione. Poiché tutte le più diverse
malattie croniche portano verso la sclerosi tissutale, che si presenta con
aspetti morfologici in gran parte fra loro sovrapponibili, diventa spesso
difficile stabilire quale delle lesioni strutturali del parenchima e del suo
danno funzionale sia la reale eziologia iniziale. Per semplicità abbiamo
illustrato le principali lesioni prodotte dalla alterata perfusione renale come
si osservano idealmente in soggetti affetti solo da ovvie alterazioni
circolatorie (quindi non complicate o confuse con altre malattie) oppure come si
osserva negli animali da esperimento. Si ricordi però che nella realtà, molto
spesso nel rene coesistono molteplici e diverse ragioni del danno
morfologico-strutturale in atto.