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Il mieloma multiplo MM o plasmocitoma, quali novità

  1. Gastroepato
  2. Ematologia
  3. Il mieloma multiplo
  4. La terapia del mieloma multiplo
  5. La gammapatia
  6. Anticorpi
  7. Il paziente ematologico
  8. Malattie linfoproliferative
  9. Le anemie mielodisplasiche
  10. Rene e mieloma

Articolo aggiornato a febbraio 2023

appunti del dott. Claudio Italiano  

cfr anche tumore delle ossa

Il caso reale. Una paziente si presenta da noi per un'anemia normocromica normocitica, cioè di quelle che non sono carenziali, cioè non dipendono, come accade di frequente per la perdita di ferro, quindi non si trattava di una classica anemia da perdita o microcitica sideropenica. Vengono avviate le indagini del caso. All'RX del torace standard, addirittura,  già in questo esame, si evidenziano delle "lesioni nummulari", vale a dire " come monete da 10 cent", a carico dei due omeri: come se si trattasse di "ripetizioni", cioè di metastasi. Sembra proprio che l'osso sia tarlato, pieno di aree osteolitiche. Andiamo, subito, a guardare il prodidogramma: la diagnosi è presto fatta, si tratta di un caso eclatante di Mieloma Multiplo.

Che cos'è un mieloma multiplo?

 E' una forma di neoplasia delle plasmacellula, cioè le cellule che producono immunoglobuline, cioè le proteine che ci difendono contro le infezioni. Il mieloma multiplio rientra nell'ambito dei "disordini plasmacellulari" (o discrasie plasmacellulari) . Si tratta definisce di un gruppo di neoplasie conseguenti all'accumulo e all'espansione di plasmacellule monoclonali; la  patologia paradigmatica è, appunto,  il mieloma multiplo (MM). Le plasmacellule, seppur cellule neoplastiche, con rare eccezioni mantengono, come le loro controparti normali,  la capacità di produrre e rilasciare immunoglobuline (Ig) o parti di esse (catene pesanti o leggere), benché funzionalmente inattive. Poiché le plasmacellule neoplastiche originano dalla trasformazione di una singola cellula che successivamente si espande a formare un clone, anche le Ig da esse prodotte saranno identiche e cioè monoclonali. La presenza di Ig monoclonali nel siero e nelle urine (componente M) costituisce l'elemento comune a queste malattie e, conseguentemente, il termine generico di gammapatie monoclonali viene spesso usato per indicare l'insieme di queste patologie.

I termini paraproteinemia o disproteinemia sono invece da considerarsi obsoleti e poco accurati.

Epidemiologia

Il MM colpisce tipicamente soggetti anziani con un'età mediana al momento della diagnosi di circa 71 anni (meno del 5% dei pazienti ha un'età inferiore a 40 anni). L'incidenza i n Italia è pari a 3-4/100.000 abitanti/anno con una lieve prevalenza nei soggetti di sesso maschile. Nella popolazione afroamericana il MM è circa 2,5 volte più frequente che nella popolazione caucasica. L'apparente aumento di incidenza della patologia registrato in molti studi recenti potrebbe essere imputabile a un miglioramento nell'approccio diagnostico.

La malattia colpisce soggetti di 60 anni e costituisce il 10% di tutte le neoplasie di pertinenza ematologica.

Secondo la classificazione dei linfomi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i disordini plasmacellulari comprendono la gammapatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS, Monoclonal Gammopathy of Undetermined Significance), il mieloma multiplo, il plasmocitoma solitario ed extraosseo e il mieloma osteosclerotico (sindrome POEMS), nonché le malattie da deposizione di immunoglobuline, quali l'amiloidosi, una sindrome conseguente al deposito di Ig nei tessuti, che può associarsi alla MGUS e al mieloma.

Possiamo avere diverse forme meno frequenti che sono il mieloma micromolecolare, il mieloma non secernente, il plasmocitoma solitario e il mieloma indolente. Stimolando l'attività degli osteoclasti, le plasmacellule tumorali del mieloma creano delle lesioni a livello delle ossa dello scheletro che possono provocare anche delle fratture.

In condizioni fisiologiche le Ig circolanti sono il prodotto delle plasmacellule presenti nel nostro organismo.
Ognuna di esse (insieme alla propria progenie) produce
un anticorpo diverso, per cui nel siero normale sono presenti Ig eterogenee e differenti tra loro, pertanto definite policlonali.
Nelle neoplasie plasmacellulari esiste un clone preponderante (neoplastico) che produce Ig identiche (monoclonali) in varie quantità, che possono essere evidenziate grazie a diverse metodiche di laboratorio, in modo distinto dal resto delle Ig policlonali presenti.
 

Classificazione dei disordini neoplastici delle plasmacellule secondo l'OMS (2008)

I. Gammapatie monoclonali di significato indeterminato (MGUS)
II. Gammapatie monoclonali neoplastiche
- Mieloma multiplo (IgG, IgA, IgD, IgE e catene leggere libere)
- Mieloma multiplo sintomatico
- Mieloma multiplo smoldering
- Mieloma non secernente
- Mieloma IgD
- Leucemia plasmacellulare
- Plasmocitoma solitario dell'osso
- Plasmocitoma extramidollare
- Sindrome POEMS: polineuropatia, organomegalia,endocrinopatia, componente monoclonale, alterazioni cutanee (skin changes)
- Malattie linfoproliferative
- Linfomi incluso il linfoma plasmacitico/macroglobulinemia di Waldenström
- Leucemia linfatica cronica
III. Amiloidosi AL
IV. Malattia delle catene pesanti (HCD)
γ-HCD
α-HCD
µ-HCD
V. Crioglobulinemia

Il mieloma multiplo si definisce così per significare che è diffuso nell'organismo, in multiple sedi. In altri casi può essere localizzato e parla di "Plasmocitoma localizzato".  Le plasmacellule si raccolgono a volte nel tessuto osseo per formare piccole masse che prendono il nome di plasmacitomi.  Le cellule sono facilmente riconoscibili perchè presentano un nucelo eccentrico, spostato in periferia, con citoplasma ampio, basofilo, tinto di blu; i nucleo, però, posso essere anche due o più.  Pertanto se nel puntato midollare trovo queste cellule atipiche, detti Plasmoblasti, allora penso al mieloma.

A seconda della diffusione delle cellule tumorali potremo avere localizzazioni:

- a livello midollare
- a livello parenchimale
- a livello renale
-a livello del sistema nervoso e delle radici nervose
- a livello dello scheletro
 

Eziologia del mieloma

Vedi anche> Gammopatie monoclonali

Si tratta di un'affezione che deriva dalla proliferazione di un singolo clone di cellule neoplastiche di natura B linfocitaria, differenziate, per così dire, in senso plasmacellulare, con infiltrazione delle stesse cellule nel midollo osseo, milza, fegato. Le cause di insorgenza del MM rimangono tuttora sconosciute.

E' stata dimostrata un'eziologia nell'esposizione prolungata a radiazioni ionizzanti, cioè nel personale di radiologia, tra i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki; si ritiene inoltre che alterazioni cromosomiche siano alla base di questa neoplasia, per es. trisomie 3, 5,7,9,11 oppure riarrangiamenti cromosomici 1 e 14; presenza di una maggiore espressione del locus HLA B5; aumentata espressione dell'oncogene c-myc e mutazioni del proto-oncogene ras. Infine si segnalano casi di mieloma multiplo tra il personale che è venuto a contatto con asbesto (amianto), pesticidi, derivati del petrolio.

E' stato dimostrato un rischio aumentato negli operatori agricoli, anche se non è chiaro se sia correlato a fattori infettivi, all'utilizzo di solventi e/o pesticidi o ad altre esposizioni. Altri fattori incriminati, anche se non certi, sono l'obesità e l'esposizione professionale a gasolio, polvere di legno, solventi organici, sostanze cosmetiche e coloranti per capelli. Un'ipotesi interessante, ma priva di evidenze definitive, suggerisce un possibile ruolo della stimolazione immunitaria cronica come si verifica in corso di allergie, infezioni (per esempio, tubercolosi) o connettiviti (per esempio, artrite reumatoide). Sono stati riportati rari casi di forme familiari di mieloma, in cui due o più parenti di primo grado hanno sviluppato MGUS o MM. A questo proposito, sono stati identificati polimorfismi genetici associati con la familiarità. In tali circostanze sembrerebbe essere presente il "fenomeno dell'anticipazione", ovvero l'insorgenza precoce della malattia, e spesso in forma più aggressiva, nei figli rispetto ai genitori.

Lesioni genetiche

 Le analisi citogenetiche tradizionali sono in grado di rilevare la presenza di anomalie del cariotipo in meno del 50% dei pazienti, a causa dell'intrinseco basso indice proliferativo delle plasmacellule neoplastiche. L'uso dell'ibridazione in situ fluorescente (FISH, Fluorescent In Situ Hybridization) ha invece dimostrato che pressoché tutti 1 casi di MM presentano anomalie genetiche. La semplice stratificazione dei pazienti sulla base del corredo cromosomico delle plasmacellule mielomatose sembra correlare con la prognosi. In particolare possono essere identificati due gruppi: MM iperdiploide (cioè casi con un numero di cromosomi superiore a 46 ma inferiore a 74): comprende il 50-60% dei pazienti ed è caratterizzato da trisomie multiple di alcuni particolari cromosomi (3, 5, 7, 9, 11, 15, 19 e 21); in questo gruppo si riscontrano traslocazioni primarie (si veda oltre) in meno del.10.% dei casi; MM non iperdiploide (numero di cromosomi < 46 o > 74): comprende forme ipodiploidi, pseudodiploidi, quasi (near)-diploidi o tetraploidi e presenta nel 70% dei casi almeno una traslocazione primaria. Questa distinzione è presente anche nella MGUS e persiste nei casi che evolvono in franco MM. Soprattutto nei MM non iperdiploidi sono comuni le traslocazioni che coinvolgono i loci delle catene pesanti (14q32) o, meno frequentemente, delle catene leggere

Tali elementi mielomatosi producono una immunoglobulina monoclonale detta M proteina e/o catene leggere che si possono repertare nelle urine come proteine di Bence Jones.

Le cellule diventano plasmacellule maligne a seguito di alterazioni del DNA cellulare, a livello cromosomico come delezioni, traslocazioni cromosomiche. Le cellule maligne producono interleuchina 6 che stimola gli osteoclasti e le stesse cellule a riprodursi, producono un fattore vascolare o VEGF che stimola la neoangiogenesi; si determina inoltre alterazione e squilibrio nella produzione di osteoprotegerina ed il RANK che è la molecola che partecipa all'attività degli osteoclasti. Le lesioni osteolitiche si manifestano dove c'è maggiore midollo emopoietico e dunque sono colpite le ossa piatte: cranio, sterno, bacino, colonna vertebrale. E' possibile avere fratture spontanee. Altro aspetto è la calcemia elevata che supera anche 10 mg/l.

Significato dell'elettroforesi

Le Ig monoclonali (componenti monoclonali o M) circolanti nel siero o presenti nelle urine vengono identificate grazie all'elettroforesi delle proteine; questo esame molto spesso evidenzia la presenza di una gammapatia monoclonale in modo del tutto casuale, in quanto l'elettroforesi viene spesso inclusa tra gli esami effettuati di routine o di screening in altre situazioni patologiche.

L'elettroforesi può essere effettuata sul siero ma anche su altri liquidi biologici quali le urine o il liquor cerebrospinale. L'elettroforesi urinaria, effettuata sulle urine raccolte nelle 24 ore, è un importante strumento diagnostico e di monitoraggio soprattutto  in alcuni casi di MM e di amiloidosi in cui la componente M (costituita, per esempio, dalle sole catene leggere) è presente esclusivamente nelle urine. In condizioni normali, le Ig integre non vengono filtrate a livello glomerulare. Nei disordini plasmacellulari, a causa di frequenti alterazioni renali oppure per la presenza nel siero di catene leggere libere sufficientemente piccole da essere filtrate, l'elettroforesi identifica frequentemente una componente M nelle urine.

Nel liquor possono essere individuate bande monoclonali nei casi piuttosto rari di localizzazione di plasmocitoma al sistema nervoso centrale (SNC). Le comuni strisce (stick) per la ricerca delle proteine urinarie contengono reagenti sensibili alla presenza di albumina, ma non alle Ig e, quindi, non possono essere impiegate per la ricerca di componente monoclonale urinaria. L'altezza del picco monoclonale può indicare grossolanamente la quantità delle Ig presenti, ma in alcune situazioni tale parametro può essere inaffidabile (come nel caso delle componenti monoclonali IgA o IgM).

Per una precisa quantificazione delle componenti M si deve procedere a un'indagine nefelometrica.

 Proteinuria di Bence-Jones

Significa individuare una componente M nelle urine in associazione all'elettroforesi delle proteine urinarie delle 24 ore, la presenza di catene leggere kappa o lambda in eccesso nelle urine può essere svelata sfruttandone il caratteristico comportamento di precipitazione. Le catene leggere (proteina di Bence-Jones) precipitano a una temperatura di 56 °C e si ridissolvono quando si raggiunge l'ebollizione a 100 °C. Questo esame preliminare di screening, unitamente all'elettroforesi delle proteine urinarie sulle urine nelle 24 ore, deve poi essere confermato con l'immunofissazione.

L'immunofissazione consente di identificare una componente M. Ciascuna componente monoclonale individuata o semplicemente sospettata in seguito all'elettroforesi sieroproteica deve essere confermata dall'immunofissazione, che determina inoltre l'isotipo sia della catena pesante sia di quella leggera. L'immunofissazione è la tecnica più sensibile e specifica per la ricerca di componenti M a livello sia sierico sia urinario; essa utilizza la combinazione tra l'elettroforesi proteica su agarosio e la successiva reazione delle proteine separate con anticorpi specifici per le catene pesanti (solitamente IgG, IgA, IgM, raramente IgD e IgE) e leggere ( Kappa , Lambda). L'elettroforesi e l'immunofissazione delle proteine urinarie nelle 24 ore sono valutazioni imprescindibili nei disordini plasmacellulari, poiché aiutano nel monitoraggio della progressione di malattia e della risposta alla terapia.

La nefelometria consente la quantificazione della componente monoclonale Nel paziente in cui è stata confermata la presenza dì una componente monoclonale di una determinata classe si deve successivamente procedere a quantificarne la concentrazione nel siero e nelle urine. Questo avviene grazie all'utilizzo di antisieri specifici; il complesso antigene-anticorpo che ne deriva precipita e il confronto con precipitati di riferimento permette di definire la concentrazione della componente M in esame.

Fisiopatologia

Le principali manifestazioni cliniche del MM derivano da due elementi fondamentali della malattia: un effetto locale, determinato dalla massa plasmacellulare mielomatosa di per sé, che infiltra direttamente i tessuti, localizzandosi prevalentemente nel midollo osseo; un effetto sistemico, conseguente alla produzione, da parte delle plasmacellule neoplastiche, dell'immunoglobulina monoclonale in quantità elevata, nonché di altre sostanze biologicamente attive quali citochine. Ne derivano le seguenti alterazioni che possono presentarsi con gravità ed entità diversa nei vari pazienti, spiegando l'estrema eterogeneità clinica della malattia.

Tra i sintomi avremo anemizzazione, causata, nelle fasi iniziali di malattia, principalmente dalla produzione a livello del microambiente midollare di citochine ad azione inibitoria (IL-6, TNF-α, IL-1ß), più raramente dall'estesa sostituzione del tessuto midollare da parte delle cellule mielomatose. Alterazioni del rimodellamento osseo Nel MM il riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti supera la deposizione di nuovo tessuto osseo da parte degli osteoblasti. Tutto ciò comporta la formazione di lesione osteolitiche e aree di osteopenia diffusa. L'aumento dell'attività osteoclastica è promosso direttamente dalle cellule mielomatose, che secernono fattori attivanti gli osteoclasti quali TNF-a, MlPl- a (Macrophage Inflammatory Peptide la), IL-3, IL-6, VEGF e RANKL, che stimolano la differenziazione terminale dei precursori degli osteoclasti e la loro attività di riassorbimento osseo, mentre inibiscono la produzione di OPG (osteoprotegerina). In condizioni normali, questa proteina funziona da decoy receptor e sequestra RANKL, espresso anche dalle cellule stromali e dagli osteoblasti, prevenendone il legame con RANK, situato a livello della membrana cellulare dei precursori degli osteoclasti, impedendone la maturazione e inibendone l'attività di riassorbimento osseo. In corso di MM, l'espressione di RANKL aumenta, mentre quella di OPG diminuisce, portando quindi a incremento del numero e dell'attività degli osteoclasti. In aggiunta, le cellule mielomatose sono in grado di interagire con i progenitori degli osteoblasti, inibendone l'attività di neoformazione ossea, sia direttamente, tramite le molecole di adesione VLA-4 e VCAM-1 , sia indirettamente, rilasciando fattori solubili quali IL-3, DKK1 (dkkkopf) e sFRP-2 (secreted Frizzled-Related Protein 2), che impediscono di controbilanciare la riparazione delle lesioni.

Ipercalcemia

E' causata sia dal riassorbimento osseo indotto degli osteoclasti sia da una ridotta escrezione di calcio conseguente alla "nefropatia da mieloma".  I meccanismi responsabili sono rappresentati soprattutto dagli effetti tossici esercitati sulle strutture renali dalle catene leggere monoclonali e dall'ipercalcemia. Le catene leggere libere circolanti, prodotte in eccesso dal clone mielomatoso, vengono liberamente filtrate a livello del glomerulo e vengono prevalentemente riassorbite a livello del tubulo prossimale. Quando viene superata la capacità catabolica delle porzioni prossimali del nefrone, esse raggiungono il tubulo distale dove formano depositi in seguito al legame con la proteina di Tamm-Horsfall i vi prodotta. Si produce quindi un danno sulle cellule tubulari con la comparsa di una nefropatia interstiziale da accumulo (rene da mieloma), con conseguente proteinuria di Bence-Jones. L'ipercalcemia (conseguente all'alterato rimodellamento osseo) rappresenta il secondo meccanismo più comune di insufficienza renale nel M M e agisce alterando la capacità di concentrazione urinaria, provocando vasocostrizione e poliuria, con la conseguente insorgenza di ipovolemia, che aggiunge al danno parenchimale renale una componente di insufficienza prerenale. Meno frequentemente anche il glomerulo può essere un bersaglio di malattia, con conseguente proteinuria non selettiva fino alla franca sindrome nefrosica. Ciò si verifica a seguito del deposito di catene leggere sotto due possibili forme: una composta da strutture fibrillari costituite da frammenti N-terminali delle regioni variabili delle catene leggere (in più dell'80% dei casi di tipo X), caratteristicamente positive alla colorazione con il rosso Congo (vedi anche Amiloidosi); l'altra composta da depositi non fibrillari negativi alla colorazione con il rosso Congo. Tali depositi sono tipicamente granulari e localizzati nelle aree mesangiali con ispessimento della membrana basale, e danno origine alla cosiddetta nefropatia da depositi di catene leggere.

L'esordio della patologia è subdolo; per nostra esperienza un soggetto di circa 65 anni, venuto alla nostra osservazione per caso, per una non ben precisata broncopneumopatia, presentava da circa 10 anni episodi di edema agli arti inferiori, versamento pleurico, dolori ossei e stato disprotidemico, con notevole riduzione dei valori dell'albumina ed incremento della frazione delle gamma globuline con picco monoclonale.

Infezioni

L'aumentata suscettibilità alle infezioni nel MM è secondaria a un  deficit immunitario mediato dalle citochine sopra menzionate. In particolare, il deficit della risposta immunitaria anticorpale primaria e secondaria comporta una riduzione della produzione di Ig policlonali. Si hanno inoltre anche anomalie della funzione di monociti, granulociti, linfociti T e NK (Naturai Killer).

 L'epifenomeno è rappresentato nel paziente da episodi febbrili, astenia, dimagramento. Un'indagine radiologica del cranio evidenziò aree osteolitiche e, così pure, si avevano ulteriori aree di osteolisi a carico della colonna vertebrale, pelvi e coste, presenza di opacizzazioni confluenti polmonari come di infiltrato interstiziale. Dall'indagine di laboratorio, sulla base del riscontro di anemia normocitica  e di gammapatia monoclonale e sulla base del riscontro Rx fu posta diagnosi ed intrapreso trattamento con melphan. Lo scheletrico di questi soggetti presenta deformità ossee ed è soggetto a fratture patologiche, anche per schiacciamento costale, femorale, vertebrale. Una sindrome anemica è presente in questi soggetti per infiltrazione del midollo ad opera di elementi neoplastici mielomatosi ed anche per insufficienza renale ed azione mielotossica dei medicamenti. E' presente altresì iperdisprotidemia, ipercalcemia, una VES elevata.

Altri segni e complicanze del mieloma

Infezioni per deficit dei neutrofili ed infezioni,  il cui deficit dipende dalla presenza in circolo di plasmacellule neoplastiche che secernono immunoglobuline prive di effetto; tra le infezioni si segnalano polmoniti da streptococco pneumoniae, stafilococco aureo, pneumocystis carinii.
Emorragie: epistassi, gengivorragie, emorragie della retina per calo delle piastrine e per anomalie della coagulazione probabilmente correlate al fatto che le M proteine interagiscono tramite il frammento Fab con i monomeri della fibrina, sicchè il coagulo diventa gelatinoso, con scarsi sostegni fibrosi e non si retrae. Inoltre si dimostra calo dei fattori della coagulazione, probabilmente per infiltrazione mielomatose del fegato che è la sede principale della loro sintesi.

Effetti dell'aumentata viscosità del sangue: epistassi, cefalea, turbe del sensorio fino all'ottundimento,  paraproteinemico.

Manifestazioni emorragiche e trombotiche

Disturbi coagulativi si verificano in circa il 30% dei mielomi IgA e nel 15% di quelli IgG e sono prevalentemente imputabili ad alterazioni qualitative della funzione piastrinica e/o di alcuni fattori della coagulazione. Frequentemente la componente monoclonale interagisce, per lo più in maniera aspecifica, con alcuni fattori della cascata coagulativa. Conseguentemente, si produce spesso un isolato prolungamento dei tempi della coagulazione, anche se una sindrome emorragica mucosa e cutanea clinicamente manifesta è assai più rara. In caso di amiloidosi, inoltre, si può aggiungere il sequestro del fattore X della coagulazione nel contesto dei depositi amiloidi. Le manifestazioni tromboemboliche (cutanee, mucose e/o retiniche), da sindrome da iperviscosità, da anticoagulanti lupici o da ipercoagulabilità secondaria a deficit di proteina C sono rari.
Altri segni sono dovuti a deposizione di amiloide e si caratterizzano per scompenso cardiaco, nefrosi e steatorrea.

Manifestazioni neurologiche

 Come visto in precedenza, possono anche comparire dei sintomi neurologici come conseguenza dell'ipercalcemia, dell'iperviscosità e soprattutto dell'effetto meccanico procurato dalle eventuali compressioni midollari secondarie ai crolli vertebrali. Le polineuropatie, assai più rare, sono di rado imputabili alla malattia (a seguito della formazione di depositi amiloidosici nei nervi periferici o all'attività anticorpale della componente monoclonale rivolta contro costituenti della guaina mielinica, fenomeno più frequente nella macroglobulinemia di Waldenstròm), mentre possono essere un effetto collaterale di alcuni farmaci utilizzati nel trattamento del mieloma (talidomide, bortezomib)
Rene: ipercalcemia e proteinuria di Bence Jones, pielonefriti ricorrenti, tubulopatie ostruttive.
Sistema nervoso: algie radicolari per compressione delle radici e lesioni spinali trasverse, cefalea, sordità, nistagmo, radicolonevriti.

Diagnosi di Mieloma Multiplo

Per la diagnosi di MM devono essere soddisfatti contemporaneamente tre criteri, che comprendono la presenza di un infiltrato plasmacellulare midollare (calcolato sull'aspirato midollare), di una componente monoclonale sierica e/o urinaria e di un danno d'organo terminale, definito dalla presenza di almeno una delle seguenti caratteristiche: lesioni osteolitiche o fratture, anemia, insufficienza renale, ipercalcemia. Mentre l'entità dell'infiltrato midollare (< o > 10% di plasmacellule) e della componente M (< o > 30g/L) permette di differenziare il MM dalla MGUS, la presenza di danno d'organo distingue ulteriormente il MM dal cosiddetto mieloma smoldering (SMM), una forma asintomatica che ammonta a circa il 15% delle nuove diagnosi di MM. L'SMM ha un rischio di progressione in franco MM di circa il 10% nei primi 5 anni, ma questo rischio si riduce progressivamente con il passare del tempo. I disordini plasmacellulari monoclonali vanno ovviamente distinti dalle forme policlonali di plasmacitosi midollari che possono verificarsi, per esempio, in corso di disordini autoimmuni (lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide), epatopatie croniche, AIDS o infezioni croniche. Nella stadiazione del MM è invalso per anni l'utilizzo della classificazione di Durie e Salmon, che permetteva di stimare il carico di malattia sulla base dell'entità della massa neoplastica e dell'estensione del danno d'organo terminale dell'ospite. Questo permetteva di definire stadi di malattia con distinte aspettative di sopravvivenza (di oltre 5 anni per i pazienti nello stadio IA fino a poco più di 1 anno per i pazienti in stadio IIIB).

Criteri maggiori di diagnosi:

A) biopsia del midollo con reperto di plasmacellule giganti superiori al 30%, cellule di Mott; 

B) tasso sierico di proteina M maggiore di 3,5 grammi/dl per le IgG, > di 2 g/dl per le IgA.

C) proteinuria di Bence Jones maggiore di 1 grammo/24 ore per catene kappa o lambda.


Criteri minori:

A) plasmocitosi del midollo tra il 10 -30%;

B) lesioni osteolitiche

C) anemia

D) riduzione dei valori di IgG, IgA ed IgM.

Le plasmacellule maligne appaiono con nucleo eccentrico, spostato in periferia, citoplasma ampio, basofilo, non possiede dei granuli, e possono essere monucleata ma anche polinucleate e vengono chiamate "plasmoblasti", la cui presenza indica grave compromissione clinica e prognosi severa.

Stadiazione

La patologia presenta una stadiazione per la prognosi ; lo staging più accettato è quello di Durie e Salmon che si basa sui criteri della anemia, ipercalcemia, lesioni scheletriche ed M proteina.
STADIO I: Emoglobina > 10 grammi/dl; Calcemia normale, < 12; Rx scheletro al massimo con una sola lesione; bassa produzione di Proteine M : IgG < 5 g/dl; IgA < 3 g/dl; M proteinuria < 4 grammi/24 ore.
STADIO II: internmedio
STADIO III: emoglobina < 8,5 g/dl; calcemia > 12 mg/100 ml; numerose lesioni osteolitiche; produzione di proteine M: IgG > 7 g/dl; IgA > 5 g/dl; M proteinuria > 12 grammi/24 ore.

Un altro criterio pratico è quello di suddividerlo in:

- Categoria A, se non c'è insufficienza renale

- Categoria B, se c'è insufficienza renale

Ancora vi è il criterio prognostico che si avvale dei livelli di albumina e di B2 microglobulina, una proteina del sistema HLA che correla con la massa neoplastica

Tale criterio considera 3 stadi:

I stadio B2M < 3,5 e alb > 35 - survival 62 months
II stadio, intermedio - survival 44
III stadio B2M > 5,5 29  survival months
 

Terapia

Per approfondire il tema della Terapia del Mieloma Multiplo

Si avvale di chemioterapia. Lo schema classico prevede l'impiego di Melphalan (6 mg/m2) + Prednisone (60 mg/mq) per 7 giorni al mese oppure di altri agenti alchilanti come ciclofosfamide e nitrosuree ma dagli anni 80 sono stati introdotti schemi combinati con adriamici, vincristina e desametasone (VAD)  o ancora vincristina ciclofosfamide, melphalan, ciclofosfamide e prednisone. L'intento è quello di ottenere una remissione con riduzione del 50-76 della M proteine a valori < 25 g/l in due misurazioni a 4 settimane; riduzione della B.J. con valori di 0,2 g/24 ore ed assenza nella progressione delle lesioni ossee con normalizzazione della calcemia.

Poi, in un secondo tempo, intorno alla fine degli anni novanta, con quelli che vengono chiamati farmaci intelligenti, vale a dire quegli agenti che inibiscono la crescita neoplastica, in particolare gli inibitori del proteasoma ed i cosidetti IMiDs. Fanno parte dell'ultimo gruppo la Talidomide, trattamento di prima generazione, poi sostituito dalla Lenalidomide, trattamento di seconda generazione a cui oggi si affianca la Pomalidomide".

Nel corso degli ultimi anni una speranza è data dal trapianto di midollo autologo ed allogenico, dopo terapia ablativa, mediante l'infusione di cellule staminali periferiche e di altri fattori di crescita emopoietici (G-CSF e GM-CSF).

Target therapy

Terapie biologiche mirate.

Vengono impiegati i bifosfonati nei soggetti con lesioni osteolitiche, sostanze farmacologiche che inibiscono l'attività osteoclastica. Vengono impiegati anche i chelanti del calcio ed il paziente va idratato (anche 4 litri/die)  per evitare complicanze tubulari renali, forzando la diuresi con la furosemide.

L'eritropoietina viene impiegata nel caso di anemia

Il trapianto di midollo osseo ed il trapianto con cellule staminali autologhe.

I criteri CRAB

Poiché diversi organi possono essere affetti da questa patologia i suoi sintomi variano notevolmente da paziente a paziente e spesso vengono confusi con sintomi di altre patologie. Normalmente i sintomi, denominati CRAB (dall'inglese: " increased calcium, renal insufficiency, anaemia, or bone lesions "; ipercalcemia, insufficienza renale, anemia, lesioni ossee), sono:

-Dolore osseo, normalmente localizzato lungo la colonna vertebrale, ma può tuttavia presentarsi in qualsiasi altra zona dello scheletro.
-Insufficienza renale: è una condizione che molto frequentemente si associa a questa patologia ed è spesso asintomatica, ovvero viene scoperta casualmente con le dovute analisi. Essa è spesso frutto dell'ipercalcemia e dell'iperuricemia, ma può essere anche causa del rilascio eccessivo di proteine di Bence Jones nel tubulo renale, che può indurre alla patologia nota come sindrome di Fanconi dell'adulto, il paziente presenta creatinina sierica > di 2 mg/dl;
- Ipercalcemia per lesioni ossee, calcemia > 11,5 mg/dl
- Neuropatia
- Anemia, Hb < 10 g/dl

La sindrome ipercalcemica in corso di mieloma multiplo rappresenta un'emergenza ematologica perchè può condurre a nefrocalcinosi. In genere il paziente appare torpido e sonnolento., vomita e presenta diarrea e si disidrata pericolosamente col rischio che il calcio precipiti nei tubuli insieme alle immunoglubuline elevate e conduce ad insufficienza renale acuta.  Altri segni sono l'anemia perchè le plasmacellule maligne infiltrano il midollo osseo ed inficiamo l'eritropoiesi; il paziente ha dolore osseo, perde peso, è astenico, ha parestesie per cedimento delle vertebre e fatti compressivi con cedimento del corpo vertebrale, responsabile di polineuropatia sensitivo-motoria.

Se il mieloma presenta uno o più di questi criteri, allora si deve trattare.

Macroglobulinemia di Waldrenstrom

La Macroglobulinemia di Waldenstrom (MW) è una proliferazione neoplastica a morfologia intermedia "linfo-plasmacellulare", che sintetizza immunoglobuline monoclonali della classe IgM, per trasformazione neoplastica di una cellula B linfocitica; la sintomatologia è subdola, con astenia, adinamia, dispnea, da imputare ad una sindrome infiltrativa con epatosplenomegalia e sindrome emorragica, con sanguinamento delle mucose ed iperviscosità dovuta ad un tasso elevato di molecole IgM; a ciò si aggiungono, come per il Mieloma Multiplo, complicanze infettive.

Le IgM si riuniscono a formare complessi tetrameri con peso molecolare di 1.000.000, responsabili di iperviscosità. La diagnosi si avvale dello studio della biopsia del midollo che si caratterizza per elementi plasmacellulari; inoltre avremo proteinuria di Bence Jones dovuta a catene kappa, e rouleaux eritrocitari, cioè eritrociti impilati al vetrino.

Crioglobulinemie

Le crioglobuline sono anticorpi che precipitano e gelificano monoclonali :

 IgM, IgG, IgA, catene di Bence Jones
miste, Igm + IgG
policlonali, più proteine

Esse sono dovute a produzione abnorme di proteine in corso di Mieloma multiplo, macroglobulinemia, malattie linfoproliferative, oppure si possono repertare in corso di LES, artrite reumatoide, vasculiti allergiche, sindrome di Sjogren; se si sospetta la presenza di crioglubine è necessario lasciare il siero di un campione di sangue dapprima a bagnomaria a 37° e quindi a 4°: a questo punto si osserverà un precipitato, criocrito. Le crioglobuline sono responsabili del fenomeno di Raynaud , ossia del rallentamento circolatorio delle estremità e del vasospasmo a frigore delle dita, punta del naso, lobi delle orecchie ecc, e di orticaria a frigore.

 

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