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Unità funzionale epatica, il lobulo

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Che cos'è il lobulo epatico?

Il lobulo epatico rappresenta l'unità funzionale epatica, costituito da cordoni di cellule epatiche, gli epatociti, che presentano un polo vascolare, rivolto verso il circolo ematico con funzioni multiple ed un polo biliare per produrre la bile e consentire la digestione.

In sostanza il fegato svolge una miriadi di funzioni, per approfondire vedi La funzione del fegato

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Nel 1833, Kiernan descrisse il lobulo epatico classico, con i rami terminali della vena porta, dell'arteria epatica e un dotto biliare situati in periferia e la vena centrolobulare in posizione centrale.

I lobuli epatici, nelle comuni sezioni istologiche, appaiono come aree di forma grossolanamente poligonale (in genere, irregolarmente esagonale o pentagonale) in ricostruzioni tridimensionali presentano la forma di piramidi poligonali ad apice tronco o di prismi, del diametro di circa 1 mm e dell'altezza di circa 1,5-2 mm.

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Il lobulo classico ben delimitato da una trama periferica pressoché continua di tessuto connettivo non è così evidente nell'uomo; per identificare i territori lobulari nell'uomo, è necessario unire con linee virtuali gli spazi portali (in genere 5 o 6) che circondano una vena efferente (vena centrolobulare).

Ogni lobulo risulta costituito da numerosi cordoni o lamine di cellule epiteliali (epatociti), tra loro anastomizzate, che limitano un sistema labirintico di spazi irregolari in cui è contenuta la rete vascolare, costituita da particolari capillari a decorso tortuoso (sinusoidi epatici).

Le lamine di epatociti e i sinusoidi presentano una disposizione radiata: dalla periferia del lobulo essi convergono verso il centro, dove l'asse del lobulo epatico è occupato da un vaso venoso efferente a parete sottile (vena centrale o centrolobulare) in cui sboccano tutti i sinusoidi facenti parte del lobulo epatico. La venula e l'arteriola miscelano il sangue che trasportano a livello dei sinusoidi, disposti a raggiera dalla vena centrolobulare.

Essi sono capillari fenestrati delimitati da almeno tre tipi di cellule:
- cellule di Kupffer, che provvedono alla emocateresi, i cui prodotti sono passati agli epatociti che li scaricano nella bile;
- cellule di ITO, che hanno un ruolo cruciale nel rimpiazzo degli epatociti che in caso di infezioni (epatite) o di intossicazione (ad esempio, per intossicazione alcolica) muoiono.

Esse infatti producono Hepatocyte Grow Factor, HGF, che agisce su un recettore tirosin chinasico espresso dagli epatociti, e li induce alla proliferazione. In caso di grave danno, inoltre, si trasformano in miofibroblasti provocando la cirrosi.

La parete della vena centrolobulare è costituita da un monostrato di cellule endoteliali circondato da un sottile strato di tessuto connettivo, strettamente connesso allo stroma del lobulo: questa particolarità conferisce una certa rigidità alla parete della vena, impedendone il collasso.

Le zone dove tre o più lobuli adiacenti sono a contatto presentano un aspetto irregolarmente stellato; qui il connettivo perilobulare è addensato a formare un involucro alle diramazioni interlobulari della vena porta, dell'arteria epatica, dei dotti biliari e dei vasi linfatici: si formano, così, gli spazi portali o portobiliari di Kiernan. Il sangue che qui perviene tramite i rami terminali della vena porta e dell'arteria epatica viene immesso, alla periferia di ogni lobulo epatico, nella rete capillare dei sinusoidi.

La rete capillare sinusoidale, essendo interposta tra due sistemi venosi (afferente, la vena porta, ed efferente, le vene epatiche) è una rete mirabile venosa, che si trova tra le lamine degli epatociti e collega i vasi terminali interlobulari alla vena centrolobulare.

Le vene centrolobulari confluiscono nelle vene sottolobulari, che a loro volta vanno, con successive confluenze, a formare le radici delle vene epatiche per convogliare il sangue nella vena cava inferiore. Pertanto, la circolazione del sangue, all'interno del lobulo epatico classico, è centripeta. Da notare, infine, che le diramazioni dell'arteria epatica e della vena porta, distinte e affiancate sino alla periferia del lobulo epatico (vasi peri- e interlobulari), in ultima analisi confluiscono nello stesso letto capillare, owerossia nella rete dei sinusoidi epatici. Circa il 75% del sangue giunge al fegato attraverso la vena porta, il restante 25% attraverso l'arteria epatica.

Al contrario, la bile elaborata dagli epatociti è secreta dapprima entro spazi intercellulari scavati nelle pareti di due epatociti contigui (canalicoli biliari). Questi, a loro volta, costituiscono, all'interno del lobulo epatico, una rete canalicolare attraverso la quale la bile viene condotta, a livello della regione periportale, dapprima in piccoli dotti dotati di una parete propria (duttuli di Rering) costituita da particolari cellule epiteliali (colangiociti o cellule biliari) e, quindi, riversata nei più grandi dotti biliari interlobulari.

Nel lobulo epatico classico, quindi, la circolazione biliare è centrifuga. All'interno dei lobuli epatici non sono stati dimostrati vasi linfatici: i primi vasi linfatici provvisti di parete propria si trovano negli spazi portali.

Rappaport nel 1952-54, sulla base di studi iniettivi della vena porta, propose una nuova unità morfofunzionale del parenchima epatico umano identificando l'acino epatico e dimostrando la presenza di una struttura complessa articolata in "acini semplici", "acini complessi" e "agglomerati di acini".

Rappaport inoltre dimostrò che le lesioni presenti in patologie quali la congestione cronica passiva, la cirrosi cardiaca, l'atrofia gialla subacuta, l'ostruzione biliare e la periarterite nodosa erano dovute a modificazioni della struttura acinare nonché della microcircolazione intraepatica.


L'acino di Rappaport

Facendo riferimento all'organizzazione microcircolatoria, si può identificare l'acino epatico come quell'area di parenchima epatico, di forma grossolanamente quadrangolare, irrorata da un ramo terminale della vena porta e dell'arteria epatica e drenata dalla vena centrolobulare.

L'acino epatico non è, quindi, da un punto di vista microscopico, nettamente delimitabile; le stesse dimensioni dell'acino dipendono infatti dal calibro del ramo portale terminale. I territori di parenchima epatico irrorati da rami vascolari af-ferenti di tipo terminale si dicono acini semplici, mentre col termine di acini complessi si definiscono quei territori parenchimali, più estesi, che ricevono sangue dallo stesso ramo portale preterminale.


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