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Linfomi non Hodgkin, diagnosi e terapia

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Articolo aggiornato al luglio 2019

Come fare diagnosi di linfoma non Hodgkin?

Dopo l'iniziale asportazione bioptica e la documentazione del sottotipo istopatologico e immunologico della malattia, devono essere eseguiti esami ematici, vale a dire un emocromo completo, esami ematochimici di routine, test di funzionalità epatica, inclusa la determinazione della lattico deidrogenasi, l'elettroforesi delle proteine sieriche per documentare la presenza di una paraproteina monoclonale circolante e il dosaggio della Beta 2 microglobulina sierica, che si è dimostrato in grado di predire la prognosi sia nel linfoma indolente sia in quello aggressivo. L'interessamento dell'anello di Waldeyer è spesso associato a coinvolgimento intestinale.

Se il paziente mostra una malattia localizzata in questa sede, quindi, sono indicati studi contrastografici o endoscopici del canale gastroenterico. La radiografia del torace viene impiegata per escludere adenopatie mediastiniche e ilari, versamenti pleurici e infiltrazione del parenchima polmonare. La tomografia computerizzata (TC) del torace viene impiegata per valutare in maniera più precisa l'estensione della malattia ed è fortemente raccomandata nei pazienti con reperti anomali alla radiografia del torace. Non è indicata se la radiografia del torace è normale. In ogni caso una TC addominopelvica è essenziale per una stadiazione accurata, in particolare per valutare le linfoadenopatie nell'area retroperitoneale, mesenterica e retrocrurale.

La linfografia è meno utile che nel linfoma di Hodgkin, dal momento che nei linfomi non Hodgkin sedi comuni di malattia sono i linfonodi mesenterici, dell'ilo epatico, la milza o i reni, come pure i linfonodi profondi della pelvi, nessuno dei quali è rilevabile con questa procedura. Il principale vantaggio della linfografia rispetto alla TC addominopelvica è la sua capacità di rilevare la presenza di linfonodi retroperitoneali infiltrati ma di dimensioni normali e di monitorare l'andamento della terapia in maniera economica con una semplice radiografia dell'addome senza mezzo di contrasto. L'indicazione principale all'esecuzione della linfografia nel linfoma non Hodgkin è relativa ai pazienti con malattia inguinale localizzata, che potrebbero essere candidati a una radioterapia locale e in cui una TC per malattia intraddominale potrebbe risultare falsamente negativa.

Deve essere eseguita una biopsia osteomidollare percutanea bilaterale, dal momento che la probabilità di interessamento linfornatoso del midollo è relativamente alta, specialmente nel linfoma a basso grado, dove il coinvolgimento midollare si verifica nel 70% circa dei casi. In presenza di alterazioni epatiche evidenziate dagli esami del sangue o da un esame di diagnosi per immagine del fegato, una biopsia epatica transcutanea può essere indicata in pazienti che altrimenti verrebbero classificati tra quelli con malattia allo stadio I.

Nei pazienti che presentano linfomi aggressivi con interessamento midollare, osseo, testicolare o dei seni paranasali, oppure qualora sia indicato dal quadro clinico, dovrebbe essere eseguito un esame del liquido cefalorachidiano mediante rachicentesi.

Metodiche più invasive sono utilizzate nelle rare presentazioni di linfoma non Hodgkin allo stadio I o II.

La laparotomia a fini di stadiazione può essere eseguita in presenza di linfoma di Hodgkin ma non nel caso dei linfomi non Hodgkin.

Nei linfomi non Hodgkin di tipo aggressivo, infatti, tutti gli stadi possono essere considerati espressione di una malattia disseminata e quindi sono di solito trattati con la chemioterapia. Viceversa, solo i linfomi con caratteristiche istologiche di malattia torpida allo stadio I e II saranno considerati localizzati e trattati con sola radioterapia.

Dunque, per la maggior parte dei pazienti con linfomi non Hodgkin è meno decisivo accertare il preciso stadio patologico della malattia. Inoltre, è frequente che questi pazienti dopo gli esami di stadiazione di routine (per es., biopsia osteomidollare o epatica) presentino una malattia disseminata. Per esempio, nell'ambito dei linfomi follicolari (di grado I e II), dopo la stadiazione clinica e la biopsia osteomidollare più dell'85% dei pazienti risulterà affetto dalla malattia allo stadio III o IV.

Pertanto, la stadiazione chirurgica non dovrebbe mai essere considerata una procedura di routine nei pazienti, con linfomi non Hodgkin. Numerosi altri esami si stanno dimostrando sempre più importanti sia per la stadiazione sia per una maggiore conoscenza delle caratteristiche biologiche del linfoma non Hodgkin.

La scintigrafia con gallio sembra avere un'utilità clinica. Gli esami  scintigrafici con gallio sono positivi pressoché in tutti i linfomi di grado intermedio e alto e nel 50% circa dei linfomi a basso grado. La scintigrafia con gallio ad alte dosi, che consente l'acquisizione di immagini prolungate, associata a tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo (single photone emission computed tomography, SPECT) è molto sensibile nel rilevare infiltrazioni tumorali.

Questi test sono anche molto utili nel monitorare la risposta alla terapia. La risonanza magnetica (RM) sembra essere il metodo più valido per rilevare un coinvolgimento midollare occulto e per la valutazione dell'encefalo e del midollo spinale. La scintigrafia con tallio può risultare utile nel valutare l'infiltrazione tumorale da parte dei linfomi follicolari a basso grado. Nei linfomi di grado intermedio e alto la captazione del tallio, se mai esiste, è modesta. Gli studi immunologici e molecolari si stanno dimostrando sempre più utili nel confermare la diagnosi.

Per esempio, nei casi con quadro istologico di difficile interpretazione, i marcatori di superficie cellulare possono distinguere il linfoma non Hodgkin dal carcinoma (l'antigene comune leucocitario, CD45, è specifico delle cellule linfatiche).

Allo stesso modo, utili nell'identificare i tumori linfatici sono gli anticorpi monoclonali diretti contro gli antigeni specifici di una determinata linea cellulare e i riarrangiamenti dei geni delle immunoglobuline o del recettore della cellula T. La descrizione del fenotipo di superficie cellulare sta acquisendo importanza anche perché un numero crescente di approcci terapeutici utilizza anticorpi monoclonali, sia per la purificazione delle cellule staminali autologhe impiegate come supporto della chemioterapia ad alte dosi sia come parte di trattamenti sperimentali basati su anticorpi. In alcuni studi il riscontro di specifiche anormalità cromosomiche sembra avere significato prognostico in certi sottotipi istologici.

Tecniche sensibili in grado di rilevare la presenza di malattia minima residua

 Lo sviluppo di tecniche molecolari atte a definire i riarrangiamenti dei geni delle immunoglobuline e del recettore delle cellule T ha fornito strumenti molto sensibili per valutare più accuratamente l'infiltrazione tumorale. I tessuti più frequentemente studiati e più accessibili sono il sangue periferico e il midollo osseo. Mentre l'analisi istologica convenzionale dei midollo osseo è in grado di rilevare una cellula linfomatosa infiltrante ogni 20 cellule normali, la citometria a flusso e il Southern blot hanno migliorato entrambi questo livello di rilevazione identificando una cellula linfomatosa ogni 100 cellule normali.

Analogamente, la citometria a flusso è stata impiegata per rilevare "eccessi clonali" nel sangue di pazienti con linfoma non Hodgkin a cellule B. Più recentemente, le tecniche di biologia molecolare hanno dimostrato che la rilevazione di malattia minima residua può essere notevolmente migliorata. Nel caso dei linfomi non Hodgkin con una traslocazione cromosomica conosciuta è ora possibile identificare un singolo punto di rottura cromosomico.

 Ciò è stato realizzato in termini pregevoli nel caso della traslocazione t (1 4; 18), presente nella maggioranza dei linfomi follicolari, e in circa il 25% dei linfomi diffusi. Basandosi sulla sequenza del DNA è possibile amplificare questo tratto unico di DNA usando specifici stampi (primers) oligonucleotidici e la reazione di polimerizzazione a catena (polymerase chain reaction, PCR). Nei casi in cui non è riconosciuta una traslocazione classica, può essere effettuata un'analisi mediante PCR della regione CDRIII delle catene pesanti delle immunoglobuline. Con questo approccio può essere rilevata una cellula tumorale su 101-10' cellule normali. Pertanto, mentre altri test possono essere negativi, la PCR può dimostrare che il sangue o il midollo osseo sono invece contaminati da cellule linfornatose. Attualmente queste tecniche vengono paragonate ai metodi di stadiazione più convenzionali. Considerando la loro sensibilità, esse possono essere utili nel valutare più accuratamente la remissione completa e, aspetto più importante, nel determinare se la terapia deve essere prolungata, interrotta o intensificata. D'altra parte, la presenza di cellule con t(1 4; 18) può non implicare affatto un'imminente recidiva o progressione della malattia. Infatti, cellule con t(14;18) si ritrovano sia in soggetti normali senza una storia di linfoma sia in pazienti con linfoma in remissione da molti anni. Sono necessari ulteriori dati per valutare il significato dei cloni cellulari rilevati mediante PCR.

Classificazione antomopatologica

La classificazione istologica dei linfomi non Hodgkin è basata sulla valutazione dell'aspetto globale dell'architettura linfonodale oltre che sulla classificazione citologica della cellula neoplastica. t chiaro che l'immunofenotipo, l'analisi genetica e l'analisi citogenetica possono, in molti casi, definire la diagnosi.

Essendo migliorate le tecniche diagnostiche, è stato descritto un numero sempre più grande di entità clinicopatologiche distinte. Molte di esse sono assai rare. Pertanto, è stato necessario raggruppare certi linforni sulla base della loro storia naturale simile. Col tempo si prevede che si svilupperanno approcci terapeutici differenziati per ciascuna entità patologica. La tabella Il 3.2 mette a confronto le classificazione R.E.A.L., la Working Formulation, la classificazione di Kiel modificata e la classificazione di Rappaport. Nella pratica clinica corrente questi schemi classificativi vengono usati indifferentemente. Tuttavia, le entità patologiche non sempre sono facilmente traducibili da uno schema all'altro.

Per esempio, il linfoma a cellule mantellari può essere classificato in cinque differenti categorie sulla base della Working Formulation. Gli attributi cruciali di una diagnosi anatomopatologica sono l'accuratezza e la riproducibilità, giacché si è scoperto che la' diagnosi istologica fornisce indici predittivi d'importanza decisiva per il quadro clinico della malattia, per la risposta al trattamento e per la prognosi.

Linfomi torpidi

Manifestazioni cliniche e storia naturale linfoma centrofollicolare

I linfomi follicolari costituiscono circa il 50% dei linfomi non Hodgkin; il tipo di grado I (a piccole cellule indentate) è il più comune. I pazienti di solito si presentano con adenopatia periferica non dolente in regione cervicale, ascellare, inguinale e femorale. I  pazienti frequentemente notano che la linfoadenomegalia si mantiene per lunghi periodi di tempo, spesso anni, e che i linfonodi aumentano e diminuiscono di dimensioni più volte. Meno tipicamente, si ha un ingrandimento delle strutture dell'anello di Waldeyer e dei linfonodi epitrocleari.

Alcuni pazienti si presentano con grosse masse addominali e retroperitoneali asintomatiche, con o senza evidenza di ostruzione gastrointestinale e/o renale. Sebbene i pazienti possano presentarsi con uno o più siti di malattia linfonodale, di solito gli esami non invasivi dimostrano una malattia diffusamente disseminata con coinvolgimento splenico e midollare in più dell'80% dei casi. L'interessamento del midollo osseo nel linfoma follicolare è caratterizzzato da un quadro tipico di infiltrazione paratrabecolare.

Il coinvolgimento del sangue periferico si osserva in circa il 20% dei pazienti e la presenza di malattia a carico del sistema nervoso centrale è rara, sebbene possa essere osservata in sede epidurale. A differenza dei linfomi aggressivi, circa il 20% dei pazienti si presenta con malattia extralinfonodale extramidollare e meno del 10% si presenta con sintomi B. Il decorso di questa malattia è piuttosto variabile. L'approccio convenzionale nella maggior parte dei pazienti consiste in un atteggiamento di attesa di fronte a malattia fluttuante, con un tempo medio di 3 anni senza necessità di terapia.

Nei pazienti con malattia allo stadio I o allo stadio Il limitato la radioterapia locale può produrre remissioni a lungo termine o una possibile guarigione. Alcuni pazienti mostrano una crescita più rapida e disseminata e necessitano di un trattamento poiché l'ingrandimento massivo del linfonodo o di un organo provoca dolore, ostruzione linfatica, ostruzione d'organo o, più raramente, sintomi neurologici. Di fronte a una malattia generalizzata progressiva o alla rapida crescita dei linfonodi di un singola stazione si dovrebbe considerare l'esecuzione di una nuova biopsia. Un significativo numero di pazienti con malattia in rapida progressione dimostrerà infatti una "conversione" o '1rasformazione" verso un quadro istologico più aggressivo, spesso verso il tipo diffuso a grandi cellule. Questa conversione si associa all'acquisizione di ulteriori anomalie genetiche e si verifica in circa il 7% dei pazienti su base annua. Quasi tutti i pazienti con linfoma follicolare che muoiono a causa della malattia hanno subito un'evoluzione istologica.

 La conversione istologica si associa a infiltrazione di siti extralinfonodali, allo sviluppo di sintomi sistemici e a una prognosi infausta, dal momento che il tumore è molto meno sensibile al trattamento. Storicamente, né la sopravvivenza libera da malattia né la sopravvivenza globale dei pazienti con linfoma follicolare sono migliorate nonostante i molti differenti approcci terapeutici impiegati. Sebbene il 40-80% dei pazienti ottenga, una remissione completa (stadiazione non invasiva) con la chemioterapia convenzionale a singolo farmaco o con schemi aggressivi di polichemioterapia, la durata media della remissione è compresa fra 2 e 3 anni.

Dopo la recidiva i pazienti possono essere osservati nel tempo o ritrattati; in ogni caso, la media di sopravvivenza dopo la prima recidiva è di 5 anni. I pazienti con linfoma non Hodgkin follicolare sopravvivono per lungo tempo, con una media di sopravvivenza globale che si avvicina a 7-9 anni per i pazienti con malattia allo stadio III e IV. Il tipo istologico di grado Il (misto a piccole e grandi cellule) può avere una presentazione clinica leggermente differente. L'infiltrazione del midollo osseo al momento della diagnosi è meno frequente che nel tipo di grado 1 (a piccole cellule), ma si osservano più di frequente grandi masse addominali. Dal momento che questi pazienti generalmente presentano una progressione più veloce della malattia se non vengono trattati e poiché alcuni studi suggeriscono che un sottogruppo di questi pazienti può ottenere la guarigione con la terapia convenzionale, essi di solito non vengono osservati nel tempo bensì trattati con schemi di polichemioterapia subito dopo la diagnosi.

Linfomi della zona marginale

Questi linfomi si presentano in sedi linfonodali o extralinfonodali, dove prendono rispettivamente il nome di linfomi B a cellule monocitoidi o di linfomi MALT.

Una terza malattia correlata, il linfoma splenico (con o senza linfociti villosi circolanti), si presenta in forma di splenomegalia. Molti pazienti con linfoma della zona marginale presentano una malattia allo stadio I o II. Non vi è predilezione d'età per i tumori extralinfonodali, che possono coinvolgere il canale gastroenterico, le vie respiratorie, le ghiandole lacrimali e salivari, la tiroide, la mammella o il polmone, ma di solito non il sangue periferico né il midollo. I pazienti possono presentarsi con malattia ulcerosa peptica, dolore addominale e sindrome sicca (sindrome di Sjögren). Il comportamento clinico di questa malattia è simile a quello dei linfomi follicolari indolenti.

Micosi fungoide

I linfomi cutanei T-cellulari colpiscono gli adulti in età media, con una lieve predominanza maschile. Le principali varianti includono la micosi fungoide e la sindrome di Sézary, quest'ultima caratterizzata da coinvolgimento del sangue periferico. Queste malattie si presentano con manifestazioni cutanee e linfoadenopatia e hanno un decorso torpido. Più tardivamente i pazienti sviluppano interessamento epatico, splenico, gastrointestinale, polmonare e renale. Frequenti manifestazioni tardive, di solito in presenza di eritroderma generalizzato. sono anche l'infiltrazione del midollo osseo e la presenza di cellule leucemiche circolanti (cellule di Sézary). La media di sopravvivenza dal momento della diagnosi è di circa 10 anni, risultando le infezioni la più comune causa di morte.

Terapia

La cura si avvale di:

- chemioterapia
- radioterapia
- anticorpi monoclonali
- trapianto di midollo

La chemioterapia (in genere a base di diverse combinazioni di farmaci) e la radioterapia che possono essere usate da sole o in contemporanea a seconda dei casi.
I cosiddetti farmaci intelligenti rivestono un ruolo molto importante nella cura dei LNH: l'anticorpo monoclonale rituximab, per esempio, è in grado di colpire in modo selettivo una molecola presente sulla superficie delle cellule tumorali, mentre in altri casi, gli anticorpi monoclonali possono essere legati a una molecola radioattiva che rilascia la radiazione proprio a livello della cellula malata.
Se la malattia non risponde al trattamento o se si ripresenta dopo la terapia iniziale, è possibile ricorrere al trapianto di cellule staminali autologo (con cellule prelevate dallo stesso paziente) o allogenico (con cellule provenienti da un donatore compatibile).

La maggioranza dei pazienti con linfomi non Hodgkin a sviluppo torpido si presenta con malattia in fase avanzata, mentre in meno del 10% si osserva una malattia allo stadio patologico I/Il. 1 pazienti con malattia in stadio precoce trattati con radioterapia hanno una sopravvivenza libera da recidiva a 5 anni del 60-80% e una sopravvivenza globale a 5 anni che si avvicina al 100%. Nella malattia a uno stadio precoce la sola chemioterapia è stata raramente impiegata (a causa della radiosensibilità di questi tumori) e non vi è un significativo vantaggio nella combinazione dei due approcci rispetto alla sola radioterapia locale.

 In circa il 23% dei pazienti sono state segnalate remissioni spontanee di durata superiore a un anno. Quando il trattamento viene iniziato, queste malattie sono molto sensibili sia alla monochemioterapia che alla polichemioterapia. Nei pazienti precedentemente non trattati le percentuali di risposte complete a un singolo agente alchilante, come la ciclofosfamide o il clorambucil, variano dal 30 al 60%, con una media di durata di remissione di circa 2 anni. 1 regimi di chemioterapia più aggressivi hanno prodotto remissioni complete più rapide e in percentuale più elevata, ma purtroppo non hanno cambiato in modo netto la sopravvivenza globale dei pazienti affetti da queste malattie.

Anche i tentativi di trattare i pazienti con una terapia a singolo farmaco per periodi prolungati o l'aggiunta di una terapia di "mantenirnento" a lungo termine non hanno migliorato la sopravvivenza. Dopo recidiva la maggior parte dei pazienti può essere ritrattata con successo; tuttavia la capacità di ottenere una terza o una successiva remissione diminuisce e la durata di tali remissioni è solitamente più breve. Le implicazioni che la conversione di un tipo istologico indolente in un tipo istologico aggressivo può avere sulla prognosi continuano a essere controverse. Sebbene nella maggior parte dei pazienti sottoposti alla polichemioterapia la prognosi sia scarsa, la parte di pazienti con malattia sensibile che ottiene risposte complete può restare in tale condizione a lungo e presentare una sopravvivenza prolungata.

Oltre che per il suo potenziale curativo nei pazienti con malattia allo stadio I, la radioterapia viene frequentemente usata in unione con la terapia sistemica per trattare le sedi di malattia caratterizzata da masse tumorali e come palliativo per le localizzazioni sintomatiche di malattia.'Rimane comunque controverso se l'aggiunta della radioterapia sia in grado di aumentare la sopravvivenza globale libera da malattia. In un gruppo di pazienti con linforna centrofollicolare di grado II (linfoma misto a piccole e grandi cellule) sono state riportate remissìqni a lungo termine e possibili guarigioni dopo un trattamento con schemi polichemioterapici; questi risultati rimangono tuttavia controversi.

Le associazioni usate sono state lo schema ciclofosfamide, Oncovin (vincristina), prednisone e procarbazina (CMOPP) e, in alternativa, il CHOP

Il sottotipo di linfoma a sviluppo torpido che si associa al linfoma MALT, noto come linfoma della zona marginale extralinfonodale, viene spesso trattato chirurgicamente con o senza radioterapia locale.

Dal momento che queste forme tendono a rimanere localizzate per lunghi periodi prima della diffusione sistemica, l'approccio chirurgico resta altamente efficace. Nei pazienti con linfoma MALT in fase avanzata l'uso della chemioterapia con agenti alchilanti ha ricevuto una considerazione limitata ma sembra essere efficace nell'indurre remissioni. I linforni MALT primitivi dello stomaco associati a gastrite da Helicobacter pylori rispondono all'omeprazolo e all'amoxicillina, suggerendo che l'eradicazione dell'infezione induce la regressione del linfoma. Purtroppo l'antigene scatenante per la maggior parte delle sedi interessate da questa malattia, ammesso che esista, non è stato ancora determinato.  Nel trattamento della micosi fungoide vengono impiegate la terapia sistemica e quella locale.

 I pazienti con malattia limitata alla cute possono essere curati con radioterapia a fascio di elettroni. Il trattamento topico delle lesioni cutanee con agenti chemioterapici come la mostarda azotata (mecloretamina) è in grado di produrre remissioni fin nel 90% dei pazienti con malattia disseminata. La terapia sistemica con soli farmaci oppure combinata con la radioterapia può indurre percentuali di risposta elevate (fino all'80%), ma poche remissioni a lungo termine si osservano nei pazienti con malattia a uno stadio avanzato. Gli psoraleni per via orale in combinazione con la luce ultravioletta spesso inducono risposte parziali.

L'interferone è un'efficace terapia palliativa di seconda linea. Gli anticorpi monoclonali (non coniugati e coniugati a tossine o a radioisotopi), la fototerapia extracorporea e la pentostatina, un inibitore dell'adenosina deaminasi, sono tuttora in fase sperimentale.

Anche la fludarabina e la cladribina possono essere attive. Nei linfomi follicolari a uno stadio avanzato sono state esaminate numerose nuove sostanze. L'interferone a è un agente attivo. Numerosi studi prospettici randomizzati hanno esaminato il ruolo dell'interferone in aggiunta alla polichemioterapia nei pazienti con malattia a uno stadio avanzato, riscontrando un significativo prolungamento della durata della remissione.

Un prolungamento della sopravvivenza è stato tuttavia osservato in un solo studio. Gli analoghi delle purine cladribina e fludarabina hanno indotto risposte nel 40-50% dei pazienti precedentemente trattati. Un anticorpo anti-CD20 umanizzato sembra indurre risposte parziali nel 50% e risposte complete nel 5-10% dei pazienti, con scarsa o nulla tossicità.

Se si vorrà tuttavia guarire queste malattie, si dovrà considerare l'uso di regimi più aggressivi di chemioterapia ad alte dosi, oppure dovranno essere impiegate nuove modalità terapeutiche. Attualmente, i pazienti con linforna follicolare in uno stadio avanzato vengono trattati precocemente nel corso della malattia con una chemioterapia aggressiva associata a irradiazione linfonodale totale, oppure con una chemioradioterapia ad alte dosi e il trapianto di cellule staminali autologhe. Questi studi indicano che sono possibili elevate percentuali di risposte complete, dell'ordine dell'80% o più. Tuttavia, l'impatto di questi studi sulla sopravvivenza a lungo termine libera da malattia e sulla sopravvivenza globale rimane incerto a causa del limitato followup.

Linfomi aggressivi

Manifestazioni cliniche e storia naturale linfoma centrofollicolare (a grandi cellule) Sebbene l'architettura follicolare di questi tumori sia preservata, questa malattia si comporta molto spesso come un linfoma diffuso a grandi cellule B. A differenza degli altri linfomi follicolari, questa variante istologica infiltra meno frequentemente il midollo e il fegato, si presenta con grandi masse e spesso con localizzazioni extralinfonodali. In casistiche selezionate è stata riportata una limitata percentuale di guarigioni. 1 linfomi follicolari a grandi cellule spesso evolvono in linfomi B-cellulari diffusi a grandi cellule.    

Linfoma a cellule mantellari

Questa entità è stata chiamata anche linfoma linfocitico diffuso intermedio o linfoma centrocitico. Tuttavia, esso non si sviluppa da centrociti e non è stato definito alcuno stadio "intermedio" di differenziazione. Tipiche sedi coinvolte sono i linfonodi, la milza, il fegato, il canale gastroenterico e il midollo osseo. L'interessamento del sangue periferico è stato descritto in circa il 25% dei pazienti all'esordio e sintomi sistemici B si osservano in circa un terzo dei pazienti.

Il linfoma a cellule mantellari può coinvolgere qualsiasi regione del canale gastrointestinale, presentandosi occasionalmente come una poliposi intestinale multipla. 1 linfomi con aspetto morfologico a zona mantellare, centri di pseudoproliferazione e una bassa frazione di crescita (espressione di Ki-67) sono ritenuti a prognosi migliore, mentre quelli con una morfologia più diffusa e un elevato indice di proliferazione sono considerati a prognosi peggiore. Comunque la media di sopravvivenza è di circa 3 anni.

Linfoma B-cellulare diffuso a grandi cellule

I pazienti, generalmente anziani o un'età media, si presentano con un ingrandimento linfonodale (specialmente nel collo o nell'addome) o con una malattia extralinfonodale (vie gastrointestinali, testicoli, ossa, tiroide, ghiandole salivari, cute o encefalo). Durante il decorso della malattia possono essere interessati fegato, reni e polmone. Il linfoma B-cellulare diffuso a grandi cellule è altamente invasivo.  

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