Rientra nelle sindromi mieloproliferative croniche.
La LMC viene considerata dal punto di vista
citogenetico o molecolare l'espansione clonale di una cellula staminale emopoietica
che possiede una traslocazione reciproca tra i cromosomi 9 e 22. Questa traslocazione
da luogo alla fusione testa-coda del gene della regione di raggruppamento dei punti
di rottura (breakpoint cluster region, BCR) sul cromosoma 22 nella banda
ql 1 con il gene ABL (acronimo di Abelson murine leukemia virus) sul cromosoma
9 nella banda q34. La malattia è caratterizzata dall'inevitabile transizione da
una fase cronica a una fase accelerata seguita da una crisi blastica.
Negli Stati Uniti l'incidenza della leucemia mieloide cronica (LMC) nella popolazione è di circa 1,3 casi per 100000 per anno e l'incidenza corretta per l'età è più alta negli uomini che nelle donne (1,7 contro 1). Fra il 1973 e il 1991 vi è stato un leggero decremento dell'incidenza di LMC (da 1,5 a 1,3).
L'incidenza di LMC aumenta
lentamente con l'età fino a circa 45 anni, quando inizia a salire rapidamente.
Non è stata trovata alcuna chiara correlazione con l'esposizione a farmaci citotossici come gli agenti alchilanti e non vi sono prove dirette di una eziologia virale. è stato dimostrato che il fumo di sigaretta accelera la progressione verso la crisi blastica e quindi ha un effetto sfavorevole sulla sopravvivenza nella LMC.
L'effetto
delle radiazioni è stato dimostrato in uno studio condotto sui sopravvissuti alla
bomba atomica, in cui si è stimato che lo sviluppo di una massa di cellule LMC di
10000/μl richiede 6,3 anni di tempo. La particolare circostanza rappresentata dall'incidente
nucleare di Chernobyl e la disponibilità di tecniche più sensibili per rilevare
il prodotto della t(9;22) potrebbero fornire ulteriori informazioni sugli eventi
iniziali della patogenesi della LMC.
Si ritiene che il prodotto del gene di fusione derivante dalla t(9;22) svolga un
ruolo centrale nello sviluppo iniziale della LMC. Il gene chimerico viene trascritto
in un mRNA ibrido BCR-ABL in cui l'esone 1 di ABL è sostituito da un numero variabile
di esoni 5' di BCR. Le proteine di fusione Bcr-Abl (p2\0BCR~ABL)
sono prodotte in modo tale da contenere i domini aminoterminali di Bcr e quelli
carbossiterminali di Abl. Il potenziale oncogeno delle proteine di fusione Bcr-Abl
è stato confermato dalla loro capacità di trasformare i progenitori emopoietici
in vitro. L'attacco di BCR ad ABL comporta tre mutamenti funzionali d'importanza
critica:
1) la proteina Abl diviene essenzialmente attiva come enzima tirosinochinasico;
2) l'attività di Abl come proteina legante il DNA si attenua;
3) il legame di Abl ai microfilamenti citoscheletrici di actina risulta intensificato.
Progressione della malattia
L'acquisizione di anomalie genetiche e/o molecolari è ritenuta cruciale per
la trasformazione fenotipica. Diversi gruppi hanno riportato che il sito di rottura
all'interno del gene BCR predice il momento dello sviluppo della crisi blastica,
ma questi risultati sono stati rifiutati da altri. In un sottogruppo di pazienti
sono state associate alla progressione della malattia alterazioni strutturali eterogenee
del gene p53, così come alterazioni strutturali e mancata produzione della
proteina del gene del retinoblastoma.
L'esordio clinico della fase cronica è generalmente insidioso. Di conseguenza, in alcuni pazienti la diagnosi emerge mentre essi sono ancora asintomatici, durante normali esami di routine; altri pazienti presentano all'esordio affaticamento, malessere e calo ponderale, oppure sintomi derivanti da splenomegalia, come sazietà precoce, dolore o sensazione di massa nel quadrante superiore sinistro dell'addome.
Meno comuni sono i reperti legati a disfunzioni granulocitarie e piastriniche, come infezioni, trombosi o sanguinamen-to. Occasionalmente i pazienti si presentano con manifestazioni di leucostasi dovute a grave leucocitosi, come ischemie acute, accidenti cerebrovascolari, infarto miocardico, trombosi venosa, priapismo, disturbi visivi e insufficienza respiratoria polmonare. La progressione della LMC è associata a un peggioramento dei sintomi.
Una febbre inspiegabile, una significativa perdita di peso, la necessità di aumentare la dose dei farmaci che controllano la malattia, dolori ossei e articolari, emorragie, trombosi e infezioni sono tutti elementi indicativi di trasformazione verso la fase accelerata o blastica. L'esordio con malattia in fase accelerata o con LMC in fase blastica de novo rappresenta meno del 10-15% dei nuovi casi diagnosticati.
Al momento della diagnosi la maggior parte dei pazienti presenta all'esame obiettivo una minima o moderata splenomegalia; occasionalmente si riscontra lieve epatomegalia. La persistenza di splenomegalia nonostante una continua terapia è segno di accelerazione della malattia. Linfoadenopatia e accumuli leucemici extramidollari (cloromi) sono rari (tranne che nelle fasi più tardive del decorso) e, quando presenti, denotano una prognosi infausta.
All'atto della diagnosi si osserva un'elevata conta di globuli bianchi con vari gradi di immaturità delle serie granulocitarie. Di solito vi sono blasti in circolo in numero inferiore al 5% e i blasti e i promielociti sono meno del 10%. Quando si seguono i pazienti senza trattamento, si possono osservare variazioni cicliche nella conta leucocitaria. Alla diagnosi la conta piastrinica è quasi sempre elevata ed è presente anemia normocitica normocromica di grado lieve.
La fosfatasi alcalina leucocitaria è tipicamente bassa nelle cellule della LMC. I livelli sierici di vitamina B12 e di proteina legante la vitamina B12 sono generalmente elevati. In fase diagnostica le funzioni fagocitarie sono di solito normali e tali rimangono durante la fase cronica. Negli stadi avanzati si verifica un'aumentata produzione di istamina secondaria a basofilia che causa diarrea e flushing (vampate di calore e rossore).Quando viene posta la diagnosi, in quasi tutti i pazienti con LMC si riscontra un aumento della cellularla midollare, principalmente delle linee mieloide e megacariocitaria, con un rapporto tra linea mieloide ed eritroide marcatamente alterato.
La percentuale di blasti midollari è generalmente normale o leggermente elevata. Possono essere osservate basofilia, eosinofilia e monocitosi, midollari o periferiche. Nel midollo si nota un grado significativo di fibrosi reticolinica quantificabile con le opportune colorazioni in circa la metà dei pazienti, mentre la fibrosi del collagene è insolita all'esordio.
La
fase accelerata della malattia è definita da livelli crescenti di anemia
non giustificabili sulla base del sanguinamento o della chemioterapia, da evoluzione
citogenetica del clone, da blasti periferici o midollari pari o superiori al 15%
ma inferiori al 30%, da blasti periferici o midollari e promielociti pari o superiori
al 30%, da basofili periferici o midollari pari o superiori al 20% oppure da conta
piastrinica periferica inferiore a 100000/μl. La crisi blastica è definita come
una leucemia acuta con blasti periferici o midollari superiori al 30%. Possono comparire
neutrofili ipersegmentati (anomalia di Pelger-Huèt). Sulla base di criteri morfologici,
citochimici e immunologici i blasti possono essere classificati come mieolidi, linfoidi,
eritroidi o indifferenziati. Nella metà circa dei casi si tratta di
leucemie acute mieloidi,
per un terzo di leucemie acute linfatiche, per un 10% di leucemie eritroidi e per
il resto di forme indifferenziate.
II marchio citogenetico della LMC, riscontrabile nel 90-95% dei casi, è la t(9;22)(q34;qll). In passato essa veniva riconosciuta per la presenza di un cromosoma 22 accorciato (22q-), denominato cromosoma Philadelphia, derivato dalla traslocazione reciproca 9;22. Alcuni pazienti possono avere traslocazioni complesse (definite traslocazioni varianti) che coinvolgono tre, quattro o cinque cromosomi (risultando di solito compresi i cromosomi 9 e 22). Le conseguenze molecolari di queste variazioni cromosomiche appaiono comunque simili a quelle derivanti dalla t(9;22) tipica.
La progressione è in tre fasi:
La fase iniziale della LMC è asintomatica e cronica. La sua durata può essere di
mesi o anni, la durata mediana è di tre anni, ma si può arrivare a dieci.
La progressione verso le fasi successive è subdola, da uno stadio "benigno" aspecifico con astenia (debolezza), anoressia, calo di peso, tensione addominale, sudorazione notturna, a fasi blastiche accelerate con forte espansione mieloide che causano manifestazioni cliniche importanti come splenomegalia (ingrossamento della milza), pallore, facilità alle ecchimosi e al sanguinamento, febbre, dolori ossei, linfoadenopatie, maculo-papule cutanee, sintomi che peggiorano con il progredire della malattia. L'esito clinico dei pazienti affetti da LMC è variabile.
La morte è prevista nel 10% dei pazienti entro 2 anni e, successivamente, in poco meno del 20% di anno in anno. La sopravvivenza media è di circa 4 anni. La fase terminale si caratterizza per le crisi blastiche e localizzazioni anche a carico di altre sedi, quali il sistema nervoso centrale e i linfonodi; in tale situazione c'è il rischio di complicanze improvvise, fulminanti, come sepsi ed emorragie, analogamente a quanto accade nella leucemia acuta.
Sono stati pertanto elaborati numerosi modelli
prognostici che identificano nella LMC differenti gruppi a rischio. Il sistema
di stadiazione più frequentemente usato è stato derivato da un'analisi multivariata
dei fattori prognostici. L'indice di Sokal considerava la percentuale di blasti
circolanti, le dimensioni della milza, la conta piastrinica, l'evoluzione citogenetica
del clone e l'età come i più importanti indicatori prognostici. Due modelli, quello
di Tura e il modello combinato di Kantarjian, suddividono i pazienti in base al
numero di fattori prognostici negativi. Età pari o superiore a 60 anni, milza palpabile
per 10 cm o più sotto l'arcata costale, blasti uguali o superiori al 3% nel sangue
periferico o al 5% nel midollo, basofili uguali o superiori al 7% nel sangue periferico
o al 3% nel midollo, piastrine uguali o superiori a 700000μl o una qualsiasi delle
caratteristiche associate alla malattia in fase accelerata si associano a una prognosi
a breve termine assai sfavorevole e a un indice di pericolo, ovvero rischio di
morte per unità di tempo, tre volte più alto nel primo anno.
Terapia della LMC