Circa un terzo di tutta la corteccia cerebrale nel cervello umano è localizzata nei lobi frontali. I lobi frontali possono essere suddivisi nelle componenti:
a) motoria-premotoria,
b) prefrontale dorsolaterale,
c) prefrontale mediale
d) orbitofrontale.
I termini sindrome del lobo frontale e corteccia prefrontale si riferiscono
solo alle ultime tre di queste quattro componenti. Queste aree della
corteccia cerebrale mostrano la maggior espansione filogenetica nei primati e
in particolare nell'uomo. Il primo caso di "sindrome frontale" fu
riportato in letteratura fu quello di Phineas Gage. Si trattava di un
poveruomo che si guadagnava di vivere con un pericolosissimo lavoro: doveva
preparare gli esplosivi per le miniere: egli usava dei tubi metallici che
riempiva di esplosivo, utilizzando allo scopo una sorta di pestello, costituito
da un tondino di ferro col quale pestava le miscele esplosive dentro i
tubi metallici, per crearne " candelotti" di esplosivi, carichi e ben
compattati, ottimi per l'esplosione.
L'ultima volta che fece questa manovra, la
carica esplose, purtroppo esplose mentre la compattava dentro il candelotto
e scagliò il pestello metallico con violenza fuori dal candelotto,
finendo per colpirlo al cranio, passando dalla regione zigomatica sinistra,
attraverso il lobo frontale di sinistra e rimanendo in sostanza conficcata
dentro la scatola cranica. Il sig. Gage fu soccorso ed accompagnato in ospedale,
in pratica col palo conficcato nel cranio.
In pratica una volta perso il precedente lavoro, dicono di lui che abbia accettato un altro lavoro altrettanto rischioso: guidava la diligenza nei territori invasi dagli indiani, bestemmiava, sparava all'impazzata, spaventando perfino gli indiani.
La sindrome frontale è un quadro clinico caratterizzato da deficit
cognitivi e/o disturbi comportamentali, emotivi e motori. A livello
cognitivo risultano compromesse le capacità attentive e di pianificazione delle
azioni. Si riscontra inoltre un inadeguato impiego di strategie di Problem
Solving con tendenza alle perseverazioni nei propri errori. Si manifestano
inoltre eccessiva disinibizione, instabilità affettiva, modificazioni della
personalità. I sintomi critici per la diagnosi di questa patologia sono:
-Incapacità di astrazione e di pianificazione
-Perseverazioni e mancanza di flessibilità nella formulazione e nell’uso di
strategie cognitive
-Incapacità di inibire risposte comportamentali ed emotive incongrue con
l’ambiente e la situazione stimolo
-Alterazione della personalità e del tono dell’umore con manifestazioni positive
(stati maniacali) e/o negative (stati depressivi)
-Deficit di focalizzazione e mantenimento dell’attenzione volontaria, attenzione
automatica intensificata.
-Comportamento d’uso e d’imitazione (ecoprassia, cioè ripetizione di gesti ed
ecolalia, cioè ripetizione verbale)
Le aree prefrontali dorsolaterali, prefrontali mediali e orbitofrontali e le strutture subcorticali a cui sono connesse (per es., la testa del caudato e il nucleo dorsomediale del talamo), globalmente costituiscono un circuito su larga scala che coordina aspetti estremamente complessi della cognizione e del comportamento umano. Il circuito prefrontale gioca un ruolo d i primo piano in tutti quei comportamenti che richiedono l'integrazione del pensiero con le emozioni e le motivazioni. Non esiste una formula semplice per riassumere le differenti associazioni funzionali del circuito frontale. La sua integrità appare importante perché si abbia simultaneamente coscienza del contesto, delle opzioni, delle conseguenze, della rilevanza e dell'impatto emozionale, così da permettere di formulare inferenze e decisioni e di intraprendere azioni di tipo adattativo. Il danno a carico di tali regioni cerebrali compromette la flessibilità mentale, il ragionamento, la formazione di ipotesi, il pensiero astratto, la capacità di previsione e giudizio, il mantenimento continuo (attentivo) delle informazioni e la capacità di inibire le risposte inappropriate. I comportamenti compromessi dalle lesioni della corteccia prefrontale, specialmente quelli correlati alla manipolazione dei contenuti mentali, vengono spesso denominati "funzioni esecutive".
Lesioni prefrontali bilaterali anche di grandi dimensioni possono lasciare le funzioni sensitive, motorie e cognitive di base intatte pur portando ad alterazioni isolate ma drammatiche della personalità e del comportamento. Le manifestazioni cliniche più comuni a seguito di un danno del circuito prefrontale si presentano secondo due sindromi relativamente distinte. Nella sindrome frontale abulica, il paziente dimostra una perdita dell'iniziativa, della creatività e della curiosità e mostra un appiattimento emotivo e un'apatia pervasivi. Nella sindrome da disinibizione frontale, il paziente diventa socialmente disinibito e mostra una compromissione severa nelle sue capacità di giudizio, consapevolezza e previsione. Colpisce molto la dissociazione tra la presenza di funzioni cognitive intatte a fronte di una mancanza totale di qualunque rudimento di senso comune. Nonostante le funzioni mnesiche essenziali siano preservate, il paziente non riesce ad apprendere dall'esperienza e continua a mostrare comportamenti inappropriati senza apparentemente sentire dolore emotivo, senso di colpa o dispiacere quando tali comportamenti portano ripetutamente a conseguenze disastrose.I deficit possono essere evidenti solo nelle situazioni della vita comune quando il comportamento è monitorato esternamente in maniera minima e possono non essere apparenti all'interno dell'ambiente strutturato dell'ambulatorio. Valutare le capacità di giudizio chiedendo ai pazienti cosa farebbero se scoprissero un incendio in un cinema o se trovassero una busta chiusa e affrancata per strada non è realmente informativo poiché i pazienti che rispondono in maniera appropriata a queste domande in ambulatorio possono ancora comportarsi in maniera estremamente avventata nelle situazioni molto più complesse della vita reale. Il medico deve dunque essere preparato a porre una diagnosi di malattia del lobo frontale sulla base delle sole informazioni anamnestiche anche quando l'esame dello stato mentale in ambulatorio si rivela relativamente conservato. La sindrome abulica tende a essere associata al danno della corteccia prefrontale dorsolaterale, mentre la sindrome da disinibizione al danno a carico della corteccia prefrontale mediale od orbitofrontale. Queste sindromi tendono a emergere quasi esclusivamente dopo lesioni bilaterali, più frequentemente associate a trauma cranico, ictus, rottura d i aneurismi, idrocefalo, tumori ( includendo metastasi, glioblastoma e meningiomi della falce o del solco olfattorio) o malattie degenerative focali. Lesioni unilaterali confinate alla corteccia prefrontale possono rimanere silenti fino a quando la patologia non si diffonde all'altro lato. La comparsa di riflessi primitivi dal punto di visto ontogenetico, noti anche come segni di liberazione frontale, come il grasping (serrare le dita della mano, elicitato sfregando il palmo della mano) e la suzione (elicitata strofinando le labbra), vengono visti principalmente in pazienti con vaste lesioni strutturali che si estendono alle componenti premotorie dei lobi frontali o nel contesto di encefalopatie metaboliche.
La maggior parte dei pazienti con lesioni prefrontali e sindromi comportamentali del lobo frontale non presentano questi riflessi. Il danno a carico dei lobi frontali compromette numerosi funzioni correlate all'attenzione tra cui la memoria di lavoro (working memory, transitoria gestione conscia delle informazioni), la capacità di concentrazione, l'esplorazione e il recupero di informazioni immagazzinate, l'inibizione di risposte immediate ma inappropriate e la flessibilità mentale. La capacità di concentrarsi su un flusso di pensieri e l'abilità di spostare volontariamente il focus attenzionale da uno stimolo, o un pensiero, a un altro può essere compromessa. Lo span digitale (test di memoria per ricordare le cifre in avanti ed inidetro,che dovrebbe essere sette in avanti e cinque all'indietro) è ridotto; la capacità di denominare i mesi dell'anno in ordine inverso (per cui si dovrebbe impiegare meno di 15 s) è rallentata; e la fluenza nella produzione delle parole che iniziano con una A, una F o una S e che possono essere generate nell'arco di 1 min (normalmente >12 per lettera) è diminuita, persino nei pazienti non afasici. Caratteristicamente c'è una progressiva riduzione della performance con il procedere del compito; per esempio, i l paziente a cui viene chiesto di contare all'indietro d i 3 i n 3 potrebbe dire "100, 97, 94,... 91,... 88" ecc. e p uò non completare i l compito assegnato. Nei compiti "go-no-go" (in cui le istruzioni consistono in alzare un dito dopo aver udito un battito ma di tenerlo fermo se i battiti sono due), i l paziente mostra la caratteristica incapacità di mantenere l'immobilità in risposta allo stimolo "no-go"; la flessibilità mentale (valutata come l'abilità d i spostarsi da un criterio all'altro in compiti di suddivisione o abbinamento) risulta impoverita; la probabilità d i essere distratto da parte di stimoli irrilevanti è aumentata; e c'è una tendenza pronunciata alla perseverazione. Questi deficit attenzionali compromettono la registrazione e il recupero ordinato delle nuove informazioni e portano a deficit secondari di memoria. Tali problemi mnesici possono essere differenziati rispetto alle problematiche primarie dei quadri amnesici mostrando che migliorano quando il carico attenzionale del compito viene diminuito. La memoria d i lavoro (nota anche come mantenimento temporaneo delle informazioni. È strettamente associata all'integrità del circuicuito prefrontale e del sistema attivante reticolare ascendente. La memoria di ritenzione, invece, dipende dall'immagazzinamento stabile delle informazioni ed è associata all'integrità del circuito limbico. Lesioni del nucleo caudato o del nucleo dorsomediale del talamo (componenti subcorticali del circuito prefrontale) possono anch'esse produrre una sindrome del lobo frontale. Questa è una delle ragioni per cui i cambiamenti dello stato mentale associati alle malattie degenerative dei gangli della base, come la malattia di Parkinson o la corea di Huntington, possono presentarsi nella forma di una sindrome del lobo frontale.