E' una tecnica sofisticata e costosa, soprattutto nelle recenti versioni elicoidale e multistrato con studio contrastografico nella fase arteriosa e venosa, ha una alta sensibilità e specificità nella diagnosi degli itteri ostruttivi neoplastici.
La TC, oltre a stabilire la natura e la sede dell'ostruzione, permette di esprimere un giudizio di resecabilità della neoplasia; essa fornisce, infatti, informazioni precise sulla dimensione della massa tumorale, sulla invasione delle strutture vascolari e sulla presenza o meno di metastasi epatiche e linfonodali.
RMN, dilatazione della via biliare principale per
tumore istmo del pancreas
Gli svantaggi della metodica sono rappresentati prevalentemente dagli alti costi della apparecchiatura e dalla necessità di acquisire le continue evoluzioni della strumentazione.
E' una tecnica molto fine e precisa, che ha soppiantato l'invasività della CPRE; in particolar modo la colangiorisonanza-magnetica consente di valutare patologie a carico della via biliare e del pancreas con una buona sensibilità e specificità. Con la RM, oltre alla lesione, è possibile dimostrare il coinvolgimento dei vasi peripancreatici e periilari e visualizzare i dotti biliari e pancreatici La metodica richiede tempi di esecuzione lunghi rispetto a quelli della TC, è gravata da costi elevati per acquisire la strumentazione ed ha delle controindicazioni ben precise.
La CPRE e, in misura nettamente minore la colangiografia percutanea trans-epatica (PTC), trovavano fino alla fine del secolo scorso larghe indicazioni nella diagnosi di stenosi biliari. La CPRE utilizzata solo a finalità diagnostica è stata quasi del tutto abbandonata in quanto nel 3-7% dei casi può essere responsabile di complicanze: pancreatiti, emorragie, perforazioni e colangiti. L'evoluzione e la diffusione delle metodiche diagnostiche per immagine hanno notevolmente ridotto l'impiego sia della CPRE che della PTC.
Minimamente invasiva rispetto alle metodiche precedenti, l'EUS ha assunto un ruolo di primo piano nella diagnostica degli itteri ostruttivi, in quanto è risultata essere un valido mezzo per riconoscere le neoplasie, anche di piccole dimensioni (<2 cm), per determinare l'invasione vascolare e parietale, per stabilire il coinvolgimento dei linfonodi periviscerali e quelli del tripode celiaco L'efficacia dell'EUS è stata implementata dalla possibilità di realizzare, con apparecchi settoriali, ago-aspirati sotto guida ecoendoscopica (EUS-FNA).
I limiti sono:
è invasiva rispetto alle altre utilizzabili; in alcuni pazienti è necessario ricorrere
alla sedazione profonda qualora il tempo di esecuzione dell'indagine si prolunghi;
tende a sovrastadiare le lesioni;
la sua realizzazione è limitata dalla presenza di stenosi duodenali;
è un'indagine operatore-dipendente; richiede una ragguardevole esperienza per
la complessa interpretazione dell'anatomia ecoen-doscopica bilio-pancreatica;
non riconosce le micrometastasi epatiche e peritoneali;
la strumentazione ha costi elevati.
La palliazione endoscopica degli itteri neoplastici è un trattamento terapeutico
che non influenza la sopravvivenza dei pazienti, ma che ha come unico scopo quello
di attenuare i sintomi e di migliorare la qualità della vita residua. La realizzazione
della terapia palliativa endoscopica, precludendo ogni possibile attuazione di un
trattamento con intenti di radicalità oncologica, non può prescindere dalla conoscenza
della sede dell'ostruzione della VBP. Le stenosi della via biliare vengono distinte,
dal punto di vista topografico, in:
1. stenosi del terzo superiore (o ilari) che possono interessare in vario modo i
dotti epatici, di destra e di sinistra, o l'epatico comune fino a 2 cm dalla confluenza.
2. Stenosi del tratto medio localizzate da 2 cm sotto la confluenza degli epatici
fino al bordo superiore della prima porzione del duodeno.
3. Stenosi del tratto inferiore che coinvolgono la VBP nel tratto del coledoco retroduodenale
ed intrapancreatico.
Il drenaggio biliare viene assicurato dal posizionamento
perendoscopico di protesi di plastica (polietilene, poliuretano o teflon) o metalliche.
Le protesi di plastica maggiormente utilizzate hanno un calibro di 10 Fr., vengono
posizionate, sotto guida fluoroscopica, dopo una sfinterotomia minima e tramite
un sistema di rilascio che ne agevolano l'inserimento.
La tecnica, semplice ed efficace
in mani esperte, può essere realizzata in regime di day-hospital o al massimo con
un ricovero di 24-48 ore. Le protesi metalliche, disponibili di vario tipo, hanno
un calibro che può raggiungere i 30 Fr., vengono posizionate con la stessa tecnica
utilizzata per le protesi in plastica ma con sistemi di rilascio diversi. Entrambe
le protesi, di plastica o metalliche, vengono inserite con successo nel 90% dei
pazienti; l'insuccesso è legato alla presenza di una stenosi
duodenale, che non permette di raggiungere con l'endoscopio l'area vateriana, o di una stenosi
serrata della VBP, che non consente di superare la stenosi con il filo guida.
Anche se la palliazione endoscopica degli itteri neoplastici può considerarsi un
metodo sicuro ed efficace, è gravata da complicanze precoci e tardive. Le complicanze
precoci, che si presentano dal 3 al 10% dei casi, sono legate alla sfinterotomia
o allo stesso posizionamento della protesi e sono rappresentate da: pancreatiti,
colangiti, perforazioni ed emorragie.
La più frequente complicanza è la colangite
che dipende sia dalla contaminazione batterica della VBP durante le manovre endoscopiche,
sia da un inadeguato drenaggio biliare post-procedura. Per evitare l'instaurarsi
di una complicanza così grave, viene sempre realizzata una profilassi antibiotica
o, nei casi di permanenza del mezzo di contrasto nella VBP, un drenaggio percutaneo
mediante PTC.
L'esecuzione della sfinterotomia, prima del posizionamento della protesi,
può determinare perforazioni o emorragie che solo raramente necessitano di una terapia
chirurgica. Le perforazioni vengono trattate con terapia conservativa e monitorizzate
per evidenziare l'eventuale formazione di un ascesso retroperitoneale o un aggravamento
delle condizioni cliniche del paziente che possono porre indicazione ad un intervento
chirurgico. La comparsa di una emorragia, nel corso e dopo il trattamento endoscopico,
di norma si risolve spontaneamente o con una emostasi endoscopica (iniezione con
ago da sclerosi di adrenalina 1/10 o elettrocoagulazione), solo raramente si deve
fare ricorso ad un intervento chirurgico.
Le complicanze tardive, rappresentate
dalla occlusione, dalla migrazione e quasi eccezionalmente dalla rottura della protesi
si verificano dall'ottavo giorno del posizionamento dell'endoprotesi. L'occlusione
della protesi è determinata dal deposito di un biofilm batterico che agevola il
deposito di sludge biliare. Sono stati condotti vari studi per prevenire l'ostruzione
delle protesi, tramite l'impiego di antibiotici o coleretici, ma i risultati sono
stati contrastanti e non è stato dimostrato che questi trattamenti ne prolungano
la pervietà.
I pazienti che vanno incontro a questa complicanza presentano la ricomparsa
dei sintomi da ittero ostruttivo o più frequentemente da colangite suppurativa che
vengono risolti con la sostituzione endoscopica della protesi occlusa. Le frequenti
sostituzioni richiedono altrettante riospedalizzazioni con un incremento dei costi.
Per tale motivo, nei pazienti in cui l'aspettativa di vita è prevedibilmente superiore
ai quattro mesi, viene consigliato l'impiego di protesi metalliche che, sebbene
più costose rispetto a quelle di plastica, si ostruiscono più difficilmente.
Se la protesi è posizionata in modo corretto difficilmente va incontro a migrazione,
sia all'interno della via biliare, sia verso il duodeno. Entrambe le evenienze vengono
risolte endoscopicamente con la rimozione della protesi dislocata e la sua sostituzione.
Particolare attenzione deve essere rivolta alle migrazioni distali che se riconosciute
tardivamente, possono essere responsabili di perforazioni duodenali.