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Intossicazione da cloruro di vinile monomero

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appunti del dott. Claudio Italiano

E' dovuta all'inalazione del Cloruro di Vinile Monomero (CVM); è sempre di natura professionale e può manifestarsi in forma acuta o cronica. Il Cloruro di Vinile Monomero possiede anche azione cancerogena nell'uomo, potendo indurre un raro tipo di neoplasia: l'angiosarcoma epatico. è da confermare con ulteriori studi la sua capacità di causare neooplasie in altre sedi, come già dimostrato in animali da esperimento.

Eziologia

Fonti di rischio

Il Cloruro di Vinile Monomero o cloroetilene (CH2 = CHC1), a temperatura e pressione ordinaria è un gas incolore, di odore dolciastro, più pesante dell'aria, solubile in solventi organici ma non in acqua. Il CVM viene utilizzato principalmente (il 99% circa) per la produzione del suo polimero, il polivinilcloruro (PVC), resina di vasto impiego in numerosi settori produttivi (produzione di tubi, tappezzerie, rivestimenti, dischi, giocattoli, cavi elettrici, bottiglie di plastica, finte pelli, fogli e nastri, etc); l'1% viene utilizzato quale propellente in confezioni spray (lacche per capelli, cosmetici, insetticidi).

Le principali fonti professionali di rischio sono:
— la produzione del Cloruro di Vinile Monomero;
— la produzione di polivinilcloruro: pulizia manuale delle autoclavi di polimerizzazione; carico, conduzione e scarico delle autoclavi; essiccazione ed insaccamento del PVC appena prodotto; manutenzione degli impianti;
— o delle bombolette spray con CVM.
è ancora dibattuta l'esistenza di un pericolo per i lavoratori che trattano il polivinilcloruro, che contiene piccole quantità di CVM non polimerizzato.

Assorbimento. Metabolismo. Escrezione

Il CVM viene assorbito per via respiratoria. Una volta in circolo viene in parte eliminato rapidamente con l'aria espirata come tale e come C02; per il resto si deposita in diversi organi ed in particolare nel tessuto adiposo e nel fegato, dove viene metabolizzato con formazione di composti idrosolubili, non tutti conosciuti, escreti prevalentemente con le urine. Recenti studi hanno evidenziato che nei lavoratori esposti a CVM aumenta l'escrezione urinaria dell'acido monocloroacetico e dell'acido tiodiglicolico; se dosati entro breve tempo dalla fine dell'esposizione, la loro concentrazione urinaria si correla con la concentrazione ambientale del tossico e con la durata dell'esposizione.

Patogenesi

Il CVM, assorbito ad alte dosi in breve tempo, esercita la sua azione tossica sul sistema nervoso centrale; ad una prima fase eccitatoria, segue una fase depressiva; ha inoltre un'azione "sensibilizzante" il miocardio nei confronti delle catecolamine (simile a quella di altri idrocarburi alogenati) e può quindi facilitare la comparsa di aritmie atriali e ventricolari anche mortali. Recenti studi portano a ritenere che nella esposizione cronica le manifestazioni cliniche non siano dovute all'azione del CVM di per sé quanto a quella di un suo metabolita, V ossicloroetilene. L'ossicloroetilene, sostanza particolarmente instabile e reattiva, può legarsi alle proteine plasmatiche e tissutali alterandone la struttura e rendendole immunologicamente estranee all'organismo, con conseguente produzione di autoanticorpi. La formazione di complessi antigene-anticorpo, la loro precipitazione, l'attivazione del complemento, l'aggregazione piastrinica, sarebbero responsabili di fenomeni microtrombotici che, compromettendo il microcircolo, causano una ischemia tessutale responsabile delle lesioni a carico di diversi organi ed apparati. L'ossicloroetilene ha la capacità, inoltre, di interagire con il DNA, alterandone l'informazione genetica e dando origine a cloni cellulari mutati, dai quali può svilupparsi una neoplasia. Già accertata è infatti la capacità del CVM di indurre nell'uomo l'angiosarcoma epatico, l'epatocarcinoma.

Anatomia patologica

I reperti più significativi nei soggetti venuti a morte per intossicazione acuta sono la intensa congestione di tutti gli organi (soprattutto fegato e reni), le emorragie puntiformi nella mucosa congiuntivale e l'ipocoagulabilità del sangue. Nei pazienti deceduti per angiosarcoma epatico il  fegato si presenta ingrandito, con superficie irregolare ed aree fibrocistiche. Al taglio le lesioni neoplastiche (cisti ripiene di sangue, di diametro molto variabile), sono circondate da aree fibrotiche. La milza è ingrandita, di consistenza aumentata, in genere con scarsa fibrosi. Le lesioni neoplastiche, all'esame istologico, possono avere aspetti diversi (sinusoidale, papillare, cavernoso), che sono espressione di un diverso stadio evolutivo della malattia. Possono coesistere lesioni angiosarcomatose in altri organi (duodeno, polmoni, cuore, linfonodi, etc).

Sintomatologia

L'intossicazione può essere acuta o cronica in relazione alla quantità di tossico assorbita ed alla durata dell'esposizione. Intossicazione acuta. Di raro riscontro attuale per il notevole miglioramento avvenuto negli ultimi anni nei procedimenti tecnologici ed organizzativi, è sempre di origine professionale. è dovuta all'assorbimento, in breve tempo, di notevole quantità di CVM. I principali organi bersaglio sono il sistema nervoso centrale sul quale esercita un'azione dapprima eccitatoria poi depressiva, ed il cuore. La sintomatologia è correlata all'entità della concentrazione ambientale del tossico. A concentrazioni inferiori a 5.000 ppm (4.000 ppm è la soglia olfattiva) non insorgono generalmente disturbi; a 8.000 ppm compaiono ebbrezza, vertigini, nausea; a 16.000 ppm insorgono disturbi della percezione acustica e visiva; a 25.000 ppm si ha perdita della capacità di valutazione dello spazio e sensazione di calore diffuso; a 70.000 ppm si ha anestesia completa ed a 100.000 ppm coma e morte per paralisi dei centri bulbari. Possono insorgere, a concentrazioni ambientali elevate, aritmie anche gravi (sino alla fibrillazione atriale e ventricolare), con possibile exitus.

Intossicazione cronica

La patologia conseguente all'esposizione cronica a CVM è caratterizzata dall'interessamento di diversi organi ed apparati: sistema nervoso, apparato digerente, osteoarticolare, vascolare, respiratorio, cute e sistema emopoietico. Le manifestazioni cliniche possono presentarsi in diversa associazione fra loro, configurando un quadro complesso e polimorfo che va sotto il nome di malattia da cloruro di vinile. Il periodo di esposizione necessario perché compaiano i segni dell'intossicazione può variare da alcuni mesi a molti anni, in relazione alla entità della esposizione e/o all'esistenza di fattori predisponenti individuali. Tipica di questa intossicazione è la triade: lesioni vascolari, ossee e cutanee.  Le alterazioni vascolari possono tradursi in crisi angiospastiche, tipo fenomeno di Raynaud, ovvero in sintomi quali senso di freddo, dolore, parestesie, localizzati più spesso alle mani. L'esame de microcircolo digitale, eseguito con tecnica fotopletismografica, evidenzia talvolta una compromissione del tracciato basale, più spesso una risposta patologica alla stimolazione da freddo. Le lesioni ossee sono localizzate prevalentemente alle falangi distali delle dita delle mani e dei piedi e, talora, in altre sedi (rotula, bacino, mandibola, etc). Tali lesioni consistono in aree di osteolisi che, a livello delle falangi distali, possono assumere aspetti diversi: semplice assottigliamento della corticale, lesioni a "colpo d'unghia", erosioni trasversali che simulano una frattura, osteolisi diffusa tale da rievocare l'immagine di "zucchero d'orzo succhiato". Può mancare qualsiasi sintomatologia ovvero possono essere presenti parestesie e dolorabilità alla palpazione. All'ispezione l'ultima falange può apparire abnormemente mobile, deforme o addirittura accorciata. Le lesioni sclerodermiche sono localizzate per lo più al dorso delle mani o al terzo inferiore dell'avambraccio, sul lato flessorio. Tanto le lesioni ossee che quelle cutanee riconoscerebbero come momento patogenetico principale l'ischemia, conseguente alle alterazioni del microcircolo. A carico dell'apparato digerente i disturbi più comunemente lamentati consistono in anoressia, nausea, dolore epigastrico, peso all'ipocondrio destro e senso di tensione addominale. Il fegato è l'organo più colpito; frequente è il riscontro di un suo ingrandimento, accompagnato a volte da splenomegalia. Alle alterazioni epatiche può far seguito ipertensione portale ed ascite; più raramente è stata osservata la comparsa di splenomegalia con segni di ipertensione portale, senza evidente interessamento epatico (sindrome bantiana). Gli esami ematochimici consentono di documentare la compromissione della funzionalità epatica; è utile ribadire, però, che nelle fasi iniziali gli esami di laboratorio si correlano poco con la gravità delle lesioni. Vengono oggi considerati indicatori di danno epatico assai sensibili il dosaggio degli acidi biliari, dell'enzima y-glutamiltranspeptidasi e la clearance del verde di indocianina. L'ecografia epatosplenica e la scintigrafia epatica possono svelare modificazioni del volume e della struttura parenchimali. La laparotomia esplorativa e l'esame istologico consentono di evidenziare le alterazioni, abbastanza tipiche, indotte dal tossico (aree irregolari di fibrosi della capsula, delle zone sottocapsulari e degli spazi portali, associate ad aree circoscritte di ipertrofia ed iperplasia degli epatociti). L'interessamento del sistema nervoso centrale può estrinsecarsi con una sintomatologia caratterizzata da malessere generale, cefalea, sonnolenza, diminuzione della memoria, vertigini. Alcuni autori, inoltre, hanno segnalato una elevata prevalenza di neuropatie periferiche subcliniche in lavoratori con lunga esposizione. Frequente è il riscontro di una piastrinopenia, che sarebbe da ricondurre all'iperconsumo nelle sedi di formazione dei microprecipitati, piuttosto che alla epatosplenomegalia. Sono stati inoltre segnalati casi di fibrosi polmonare interstiziale (radiologicamente evidente come immagini lineari reticolari o a piccole opacità) nei soggetti esposti a CVM, e casi di pneumoconiosi benigna (opacità micronodulari diffuse o piccole aree di addensamento più marcate in corrispondenza degli ili) in quelli esposti a polvere di polivinilcloruro.

Patologia neoplastica

L'attività cancerogena del CVM per l'uomo, già sospettata sulla base di esperimenti sull'animale, è stata confermata dall'osservazione, negli esposti, di un raro tipo di tumore del fegato, l'angiosarcoma. Il rischio, per gli esposti, è di circa 300 volte maggiore che per la popolazione generale. Inoltre dallo studio delle cause di morte di lavoratori che erano stati esposti per più di quattro anni al CVM, è emersa una maggiore incidenza, rispetto alla popolazione generale, non solo di tumori del fegato e tumori delle vie biliari, ma anche di neoplasie del polmone e del cervello nonché di leucemie e linfomi e di melanomi. Nei casi riportati in letteratura l'angiosarcoma è insorto a distanza di 3-30 anni dall'inizio dell'esposizione (in media 15-20 anni).

Diagnosi

L'insorgenza della sintomatologia durante l'esposizione, l'esistenza di elevate concentrazioni ambientali di CVM, costituiscono, insieme ai dati clinici, elementi fondamentali ai fini della diagnosi di intossicazione acuta. L'intossicazione cronica pone più complessi problemi di diagnosi differenziale e ciò in relazione alla scarsa specificità delle lesioni. Sono di grande ausilio l'anamnesi, la documentazione dell'esposizione a CVM (intensità, durata), le manifestazioni cliniche prima descritte (epatomegalia, acroosteolisi, angiopatia, etc.), tanto più se confortate da dati epidemiologici che dimostrino l'esistenza di quadri patologici simili in più lavoratori dello stesso reparto.

Terapia

La terapia è sintomatica; in caso di intossicazione acuta è controindicata la somministrazione di catecolamine che possono facilitare la comparsa di gravi aritmie; i lavoratori con intossicazione cronica vanno definitivamente allontanati dal rischio.


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