Insonnia, un disturbo in crescita
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lo stress
L'insonnia è l'esperienza negativa di un sonno insufficiente o di scarsa qualità,
che si caratterizza per questi sintomi:
1.difficoltà ad iniziare il sonno
2.difficoltà a mantenere il sonno
3.risveglio precoce mattutino
4.sonno poco ristoratore.
Oltre ai sintomi notturni, è presente almeno uno dei seguenti disturbi diurni che
comportano effetti deleteri sulla salute e sulla qualità di vita:
astenia
con riduzione delle iniziative e motivazioni
sonnolenza
scarso rendimento sociale/lavorativo/scolastico
difficoltà di concentrazione
attenzione e memoria
disturbi dell'umore o irritabilità,
cefalea
sintomi gastrointestinal
tendenza ad incidenti lavorativi o stradali.
Si stima
che il 10-15% della popolazione adulta soffra di insonnia cronicamente, mentre il
25-35% manifesterebbe un'insonnia transitoria ed occasionale. Lo studio multicentrico
Morfeo 1, indagine epidemiologico-osservazionale condotta dall'Associazione Italiana
di Medicina del Sonno con la collaborazione dei medici di Medicina Generale su tutto
il territorio italiano, ha dimostrato che il 44% della popolazione che si rivolge
al medico di medicina generale per un problema di salute soffre di una insonnia
che soddisfa gli attuali criteri diagnostici; inoltre è stata evidenziata una elevata
concomitanza con altre patologie sia internistiche, soprattutto cardiovascolari,
sia psichiatriche, soprattutto di tipo depressivo (dati che suggerirebbero anche
un possibile ruolo dell'insonnia come fattore di rischio per i disturbi in comorbidità),
nonché una severa compromissione della qualità di vita ed un rilevante impatto economico,
in termini di costi diretti (visite mediche, esami etc.) e indiretti (assenze dal
lavoro). Un successivo studio multicentrico italiano, il Morfeo 2, confermava una
elevata percentuale dell'insonnia (circa 40%) e una durata di malattia superiore
a 12 mesi nella maggior parte dei pazienti.
Secondo i criteri dell'International Classification of Sleep Disorders (ICSD-2)
è sufficiente la sensazione soggettiva di un sonno scarsamente ristoratore, ossia
di cattiva qualità, per fare diagnosi di insonnia; non
è quindi necessaria una riduzione del tempo totale di sonno. Non esiste infatti
un numero di ore e/o minuti che definisca un sonno normale, poiché la durata del
sonno notturno si distribuisce nella popolazione generale adulta secondo una curva
gaussiana: la maggior parte degli individui adulti dorme 7-8 ore, ma esistono anche
adulti per i quali è sufficiente dormire 4 ore per sentirsi riposati (brevi dormitori)
e altri che hanno bisogno di dormire 10 ore per ottenere una buona performance il
giorno successivo (lunghi dormitori). Oltre, e forse più della quantità di sonno,
ha importanza la qualità di sonno che può risultare compromessa nel caso di alterazioni
della macro e/o della microstruttura del sonno. Un esempio di alterata macrostruttura
è una non corretta distribuzione delle varie fasi di sonno: perché infatti il sonno
di una notte sia ristoratore, dovrebbe essere costituito per metà circa da sonno
leggero e per l'altra metà da sonno profondo e sonno REM equamente distribuiti;
se la quota di sonno leggero è eccessiva a svantaggio del sonno profondo e/o del
sonno REM, il sonno diventa qualitativamente insoddisfacente. La microstruttura
del sonno può essere alterata a causa di un elevato indice di arousals. Gli
arousals non sono dei veri e propri risvegli comportamentali di cui il soggetto
possa ricordarsi al mattino successivo, ma delle superficializzazioni del sonno
dovute ad una attivazione corticale indotta da uno stimolo esogeno (ad es. un rumore
non troppo intenso) o endogeno (ad es. un dolore di intensità non così elevata da
svegliare il soggetto) o da una spontanea oscillazione del livello di vigilanza;
essi durano da 2 a 30 secondi e non interrompono il sonno in modo definitivo ed
irreversibile come il risveglio, ma ne impediscono l'approfondimento. Un parametro
della microstruttura ipnica significativamente correlato alla stima soggettiva
della qualità di sonno M e sensibile agli ipnotici è il cosiddetto GAP rate
che indica la percentuale di GAP, acronimo di Cyding Alternatine Pattern,
rispetto al tempo totale di sonno NonREM.
Il GAP è un tipo di sonno instabile,
caratterizzato da alternanza di fasi A (condizioni di attivazione con arousal
della durata di circa 10"-20") e di fasi B (condizioni di deattivazione della
durata di circa 20") e la sua percentuale correla pertanto in maniera inversa con
la qualità soggettiva del sonno. Secondo l'attuale classificazione, inoltre, si
può parlare di insonnia solo se ci sono delle ripercussioni diurne; in altri termini,
è inutile "medicalizzare" un soggetto se questi ha un sonno notturno ridotto ma
non ne risente affatto il giorno successivo. L'insonnia non sempre richiede l'invio
del paziente ad un Centro di Medicina del Sonno. Il medico curante è solitamente
la figura professionale di primo riferimento per i pazienti affetti da questo disturbo
ed è sicuramente idoneo per una prima valutazione ed un primo approccio terapeutico
anche in ragione della buona conoscenza dei suoi pazienti; il consenso di cui gode
gli permette inoltre di attuare un adeguato programma di educazione sanitaria ai
problemi del sonno; lo studio Morfeo 2 ha rilevato che i pazienti insonni già in
trattamento lo avevano ricevuto dal medico curante nella maggior parte dei casi
(66%). II primo step di un corretto approccio medico al paziente insonne è il riconoscimento
del disturbo: più della metà dei pazienti affetti da insonnia tende a non riferire
al proprio medico il disturbo. Una indagine del '97 su un campione rappresentativo
della popolazione generale italiana costituito da 10.000 soggetti evidenziava come
il paziente tenda a non comunicare il problema dell'insonnia anche quando ne soffre
con frequenza, poiché non attribuisce la qualifica di malattia all'insonnia, considerandola
alla stregua di una caratteristica personale; se chiede aiuto lo chiede al medico
di famiglia, ma spesso lo fa nell'ambito di una consultazione per altri problemi,
come già rilevato da Dement nei primi anni '80. Lo studio Morfeo 1 dimostrava che,
nonostante l'elevata prevalenza del disturbo e le sue ripercussioni individuali
e sociali, solo il 16% degli insonni risultava in trattamento e lo studio Morfeo
2 rilevava una percentuale di insonni trattati del 44% che, sebbene più alta rispetto
a quella riscontrata nel precedente studio, corrispondeva comunque sempre a meno
della metà del campione affetto. Il motivo per cui spesso il paziente non assumeva
alcun trattamento consisteva, nel 67% dei casi, nel fatto che il paziente non si
era mai lamentato di insonnia con il medico.
insonnia 1
indice di psichiatria