Incretine

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riflessioni del  dott. Claudio Italiano Link associati al tema:

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  • Siamo giunti al 26 anno dall'impiego nella clinica pratica delle nuove molecole incretiniche. Si cominciano a vedere ottimi risultati che comprendono un ottimo controllo glicometabolico ed il raggiungimento del target della glicata nei pazienti a valori < a 6,5%, nella stragrande maggioranza degli individui. Addirittura, in qualche paziente, è stato possibile tornare uno step indietro, cioè passare dal trattamento insulinico combinato al trattamento incretinico+metformina, incretinico+glitazone ecc..  Inoltre un indubbio significato preventivo sulle complicanze connesse col diabete sembrerebbe essere esercitato da questi nuovi farmaci. Dalla saliva di questa lucertola, la soluzione al diabete oggi, Gila MonsterInfine, un ulteriore vantaggio che danno le incretine consiste nel fatto che esse determinano un ripristino della funzione beta-cellulare, mentre in passato, specie impiegando le vecchie sulfaniluree, si andava incontro ad esaurimento della funzione secretoria di tali cellule pancreatiche.  Infatti, i soggetti con diabete tipo 2 (DMT2) sono considerati pazienti ad alto rischio cardiovascolare e le complicanze cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità in questa popolazione. La connessione tra diabete e malattia macrovascolare è così forte che le linee guida del National Cholesterol Education Program hanno elevato il diabete a livello di "equivalente di rischio cardiovascolare". Nella popolazione diabetica i principali fattori di rischio modificabili per malattia cardiovascolare sono l'ipertensione, l’iperglicemia, la dislipidemia, l'obesità, il fumo e lo stile di vita. Gli interventi farmacologici e non farmacologici su questi fattori di rischio costituiscono i principali fondamenti per la prevenzione primaria della malattia cardiovascolare nel diabete. Il trattamento del diabete deve mirare a migliorare la qualità di vita e a ridurre la mortalità. L'obiettivo principale di qualsiasi strategia ipoglicemizzante è certamente quello di controllare l'iperglicemia, perseguendo nella maggioranza dei pazienti valori di emoglobina glicata (HbA1c) <7% come target per un ottimale compenso glicemico.  È dimostrato che un buon controllo glicemico riduce nei pazienti diabete tipo 2 il rischio di malattia microvascolare, mentre recenti studi randomizzati controllati non hanno mostrato un sostanziale benefìcio sugli outcomes macrovascolari.

    Questi risultati implicano che non solo uno stretto controllo glicemico, ma anche la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, sovrappeso, fumo, rischio trombotico), attraverso interventi sullo stile di vita e con l'ausilio della terapia farmacologica, dovrebbero essere perseguiti per un corretto trattamento dei diabete. È da ricordare che, nonostante l'ampia scelta terapeutica (dalle modifiche dello stile di vita ai farmaci) per il trattamento dell'iperglicemia e dei fattori di rischio cardiovascolare nel DMT2, la maggior parte dei pazienti, ad oggi, non raggiunge gli obiettivi terapeutici raccomandati. ormoni incretinici glucagon-like peptide (GLP-1) e glucose-dependent insulinotropic peptide (GIP) (secreti dalle cellule L e K, rispettivamente), presenti nella mucosa intestinale. I vari difetti tissutali e cellulari coinvolti nella alterata regolazione metabolica derivano a loro volta da alterazioni biochimiche e molecolari che comprendono la disfunzione mitocondriale, l'aumento dello stress del reticolo endoplasmico e l'esaltata attività di vari mediatori dell’infiammazione (es. citochine e chemochine) e della lipotossicità a livello cellulare (es- acidi grassi liberi (FFA) e ceramide). È quindi fondamentale capire se gli agenti ipoglicemizzanti a nostra disposizione siano in grado di correggere alla radice le alterazioni fìsiopatologiche che sono alla base dell’iperglicemici. Nel corso degli ultimi anni sono stati inseriti nell'armamentario farmacologico per il paziente diabetico due nuove classi di farmaci che agiscono sul sistema delle incretine: la prima coinvolge l'uso di peptidi sintetici con effetti glucoregolatori simili a quelli del GLP-1 endogeno (agonisti del recettore del GLP-1); la seconda utilizza gli inibitori della dipeptidil-peptidasi (DPP-4) piccole molecole che inibiscono l'attività proteolitica dell'enzima DPP-4 e incrementano le concentrazioni endogene del GLP-1 e del GIP. Gli ormoni incretinici GLP-1 e GIP sono ormoni intestinali peptidici secreti in risposta all'assunzione di un pasto.

    Il più importante effetto del GLP1  e del GIP è il potenziamento della secrezione insulinica indotta dal glucosio da parte del pancreas, il cosiddetto "effetto incretinico" In soggetti sani l'effetto incretinico conta per più del 70% della secrezione insulinica stimolata in risposta all'ingestione di glucosio. Il GLP-1 è un polipeptide costituito da 30 aminoacidi, sintetizzato a partire dal proglucagone nelle cellule endocrine L distribuite primariamente nella mucosa della parete distale dell'intestino tenue e del colon. Il GIP è un polipeptide formato da 42 aminoacidi secreto dalle cellule endocrine K della mucosa del duodeno e della parte più alta del digiuno. Mentre il GLP-1 è rapidamente degradato in circolo dall'enzima ubiquitario DPP-4 (l’emivita varia da 1 a 1,5 minuti), il GIP è degradato più lentamente e ha un'emivita di 7 minuti. Il GLP-1 stimola anche la biosintesi e l'espressione genica dell'insulina. In aggiunta, il GLP-1 esercita azioni trofiche e protettive sulle B-cellule e, diversamente dal GIP, inibisce fortemente la secrezione pancreatica di glucagone in maniera glucosio-dipendente. Gli effetti biologici del GLP-1 e del GIP sono mediati da recettori accoppiati alle proteine G a livello della membrana plasmatici In aggiunta ai noti effetti sul pancreas endocrino, il GLP-1 svolge diverse altre funzioni.

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    Recettori del GLP-1 sono stati trovati in differenti aree del cervello e, quando attivati, promuovono il senso di sazietà che, in combinazione con l'inibizione indotta dal GLP-1 della motilità gastrointestinale (mediata attraverso la stimolazione del nervo vago), riduce l'introito alimentare e di conseguenza il peso corporeo. Il GLP-1 inibisce l’uptake e la produzione epatica del glucosio. Inoltre, il GLP-1 potrebbe regolare la disponibilità dì glucosio attraverso azioni periferiche sul muscolo scheletrico e sul tessuto adiposo, sebbene gli effetti del GLP-1 sul tessuto adiposo e su quello muscolare non siano completamente chiariti in vivo. È stato ipotizzato che l’azione del GLP-1 in tessuti extra-pancreatici potrebbe essere mediata non solo dal recettore canonico, ma anche dal legame con un secondo recettore o con recettori collegati al recettore per il GLP-1. Infine, l'attivazione del recettore per il GLP-1 inibisce l'attivazione della via pro-apoptotica mediata dalla stress chinasi JNK, una via attivata da diverse citochine, chemiochine e FFA, Questo effetto del GLP-1 potrebbe essere particolarmente importante per la promozione della sopravvivenza cellulare mediata dal GLP-1 sia a livello cellulare sia in altri tipi cellulari e potrebbe rappresentare un meccanismo importante, potenzialmente generalizzato, in grado di interferire con processi responsabili del danno cellulare nel DMT2 e nella malattia cardiovascolare ad esso associata.  Effetti delle terapie a base di incretine sui fattori di rischio cardiovascolari diversi studi indicano che il GLP-1 ha proprietà diuretiche e natriuretiche modulando lo scambiatore sodio/idrogeno a livello renale, un meccanismo che potrebbe servire per ridurre la pressione arteriosa. La capacità del GLP-1 di antagonizzare importanti meccanismi coinvolti nella progressione della malattia metabolica e cardiovascolare, come lo stress del reticolo endoplasmico e l'azione delle citochine, rappresenta un potenziale meccanismo protettivo in riferimento allo sviluppo delle alterazioni della parete vascolare.

     

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