Incompatibilita' materno fetale, fattore RH negativo
cfr Controlli in
gravidanza
Questo fenomeno si verifica allorché, in conseguenza di una precedente sensibilizzazione
materna, cioè se la madre ha già avuto un aborto o una gravidanza con un feto Rh
positivo (cfr gruppo ABO), la donna, alla
seconda gravidanza, trasmette al feto, attraverso la placenta, anticorpi che agiscono
contro i globuli rossi del feto, scatenando in esso una
grave anemia emolitica con
ittero, epatosplenomegalia, danno cerebrale (kernicterus).
Questo quadro clinico viene chiamato malattia emolitica del neonato (vedi neonato,
malattia emolitica del), un tempo definita come eritroblastosi fetale. L'incompatibilità
materno-fetale si verifica quasi esclusivamente per i sistemi di gruppi sanguigni
AB0 e Rh: mentre nel primo caso, molto più frequente, la sintomatologia è lieve,
nel secondo si può avere la morte del feto. Essa si osserva quando una madre con
gruppo Rh negativo partorisce un figlio Rh positivoLa terapia dell'incompatibilità
materno-fetale si indirizza principalmente alle complicanze da isoimmunizzazione
legate al fattore Rhesus in una madre con sangue Rh negativo ed un feto Rh positivo.
Tuttavia non bisogna mai disconoscere la possibilità di complicanze neonatali, non
eccezionali, per incompatibilità nel gruppo ABO.
La contemporanea presenza di una incompatibilità ABO ha un ruolo limitante nella
comparsa di anticorpi anti Rh.
Gli obiettivi perseguiti per una prevenzione dell'isoimmunizzazione devono essere
di tre tipi:
* EVITARE l'instaurarsi di una immunizzazione materna nel corso di una gravidanza
con incompatibilità Rh, o di un aborto;
* PREVEDERE il grado di danno fetale nella madre immunizzata, per cercare
di limitare i rischi di complicanze in utero;
* CURARE infine con urgenza i neonati colpiti da malattie emolitiche.
Le norme sono quindi differenti, a seconda delle circostanze, e la terapia consiste
in vari prov-vedimenti.
Prevenzione nelle donne non ancora immunizzate
Lo scopo è, grazie alle gammaglobuline specifiche anti-D, di distruggere
le emazie fetali Rh positive entrate nella circolazione materna per evitare
la stimolazione antigenica. Perché la prevenzione così ottenuta sia efficace, è
indispensabile intervenire molto presto, cioè nelle 48 h successive la nascita o
l'interruzione di gravidanza al fine di neutralizzare immediatamente gli antigeni
D, responsabili nella maggioranza dei casi.
Palliativi nella donna incinta precedentemente immunizzata: si basano sui controlli
ostetrici.
CLINICI
— anamnesi ostetrica, indispensabile;
— epoca della 1" immunizzazione, condizioni, grado del danno nei primi figli (numero
delle exanguinotrasfusioni, morte fetale o anasarca);
— evoluzione della gravidanza: volume uterino, movimenti attivi, riscontro dei battiti
cardiaci fetali, ricerca di un idramnios;
— ricerca di segni di tossiemia.
IMMUNOLOGICI
— titolazione ripetuta degli anticorpi specifici fin dal 3° mese, mediante test
di Coombs indiretto (importanza dei tassi in aumen¬to);
— ricerca del gruppo sanguigno e del fenotipo paterno: eterozigoti o non.
BIOCHIMICI
— quota di eliminazione urinaria dell'estriolo rilevata con dosaggi seriati;
— soprattutto amniocentesi, scelta secondo gli elementi di rischio a partire dalla
28a sett. e con valutazione della quota della bilirubina contenuta nel liquido amniotico
mediante dosaggio spettrofotometrico (diagramma di Liley). Queste indagini possono
essere effettuate presso centri specializzati dove le donne hanno modo di essere
regolarmente seguite. Questo controllo in effetti, deve essere rigoroso poiché i
segni di aggravamento possono evidenziarsi molto rapidamente. Cure nel neonato affetto
da malattia emolitica. L'incidenza dell'eritroblastosi fetale è intorno allo 0,5%
di tutte le gravidanze. Poiché in tali circostanze la mortalità perinatale rimane
tuttora elevata (25-30%) è indispensabile che le cure neonatali programmate già
prima della nascita si svolgano presso centri appositamente attrezzati. I dati rilevati
immediatamente dopo la nascita, indirizzano nella scelta della terapia d'attacco.
DATI CLINICI
: epatosplenomegalia, ascite, precocità dell'Utero.
DATI BIOLOGICI
gruppo sanguigno del neonato, tasso di emoglobina e di bilirubina nel cordone, test
di Coombs diretto.
— L'exanguinotrasfusione rappresenta il mezzo terapeutico d'elezione quando l'emolisi
è grave.
UN ULTERIORE CONTROLLO del neonato va effet-tuato nelle ore e nei giorni successivi,
in modo rigoroso:
— condizioni cardiorespiratorie;
— evoluzione ed intensità dell'Utero;
— segni neurologici;
— soprattutto controllo biologico della quota di bilirubina e del grado di anemia.
Questo fino a regressione completa dei segni critici.
NORME PER LA TERAPIA
La prevenzione
Il prodotto utilizzato è una soluzione di gam-maglobuline specifiche anti-D
disponibile, oggi, presso tutti i laboratori ospedalieri. Il volume da iniettare
dipende dal titolo anticorporale della soluzione e dall'importanza del passaggio
delle emazie fetali nella circolazione materna.
Risolto il problema della disponibilità del prodotto, la prevenzione deve
essere esercitata sistematicamente in alcuni casi specifici:
* in tutte le donne Rh negative, non immunizzate, che hanno partorito un figlio
Rh positivo, quale che sia il numero di gravidanze;
* dopo tutti gli aborti spontanei o provocati avvenuti in donne Rh negative non
immunizzate in precedenza;
* gravidanza extrauterina in donne Rh negative;
* amniocentesi nel 2° o nel 3° trimestre;
* emorragia feto-materna.
Il laboratorio deve, in ogni caso, verificare prima dell'iniezione:
— l'assenza di anticorpi specifici nella madre;
— la quantità di emazie fetali passate attraverso la placenta nella circolazione
materna, mediante test di Kleihauer.
In pratica.
Alla nascita, il medico preleva un campione di sangue dal cordone, dal tallone del
neonato ( 1 ml) e 20 mi dalla madre; se si tratta di un aborto, deve essere effettuato
solo quest'ultimo prelievo.
Il laboratorio, sulla base dei risultati degli esami, è in grado di stabilire la
dose necessaria di gammaglobuline. L'iniezione di queste deve essere effettuata
al massimo entro le 48 h e la dose media attuale è di 250 p% da iniettarsi per via
im se il volume eritrocitario è basso o nullo, per via ev se è superiore a 0,25
mi. Alcuni Istituti preferiscono, anche per le difficoltà di rendere routinario
il test di Kleihauer di iniettare 350-400 pg per ridurre gli eventuali insuccessi
in caso di passaggi maggiori di globuli rossi del feto alla madre. A distanza di
alcuni giorni, è necessario un controllo del test di Kleihauer per verificare la
scomparsa degli eritrociti fetali. Nel caso di una nuova gravidanza, ci si assicura
in ogni modo della mancata comparsa di anticorpi specifici e dopo il parto deve
essere effet-tuata una nuova prevenzione.
Profilassi con le immunoglobuline
Prima della somministrazione di immunoglobuline anti-D va eseguita una ricerca
anticorpi irregolari che deve risultare negativa per la presenza di anticorpi anti-D.
Le indicazioni sono le seguenti:
Tutte le pazienti Rh negative o portatrici di varianti-D che partoriscono
un neonato Rh positivo entro 72 ore dal parto.
Tutte le pazienti Rh negative o portatrici di varianti-D con morte intrauterina
del feto o in qualunque altro caso in cui il Rh fetale non può essere determinato.
Tutte le pazienti Rh negative o portatrici di varianti-D con presenza
di deboli tracce di anticorpi anti-D, in cui non si riesca a determinare con sicurezza
l’origine attiva o passiva, che partoriscono un neonato Rh positivo.
In caso di omissione accidentale di una corretta profilassi entro le 72 ore,
le IgG anti-D possono essere ugualmente somministrate se non sono passati
più di 7 giorni.
Il dosaggio di più frequentemente in uso è di 1000 U.I. (200 μg) i.m. e sarebbe
opportuno associarlo ad un’accurata valutazione dell’emorragia feto-materna (test
di Kleihauer o altro metodo simile) almeno dopo il parto e l’aborto dopo la 14°
settimana, considerando che questa dose di IgG neutralizza circa 20 ml di sangue
intero fetale.
Prospettive per l'avvenire
L'estensione di queste misure di prevenzione fa sperare in una soluzione pressoché
radicale dei casi di incompatibilità materno-fetale Rh.
Le più difficili da evitare sono talvolta le immunizzazioni secondarie agli aborti,
poiché molti di questi sfuggono ancora al controllo medico. Infine, a fianco del
fattore D nel sistema Rhesus, esiste raramente qualche altra immunizzazione, per
le quali non si applica la prevenzione.
Condotta clinica
Nel corso di una gravidanza con incompatibilità Rh in una madre portatrice
di anticorpi specifici.
Sono i risultati dell'amniocentesi che permettono di prevedere il grado della lesione
fetale e di decidere la condotta terapeutica.
* In pratica, le indicazioni per una AMNIOCENTESI sono:
— un titolo di 1:16, nei casi di precedente isoimmunizzazione;
— un titolo di 1:32, in una primigravida.
Il titolo degli anticorpi deve essere ripetuto ogni mese fino alla 28a sett. di
gestazione e successi-vamente ogni 15 gg.
Occorre invece ricordare che, prima della 26a sett., l'esame del liquido amniotico
è inutile, in quanto nessuna misura terapeutica può essere decisa in questo periodo.
Dopo questo termine, nel caso di una lesione incombente per il feto, rilevata in
base ai valori dell'indice ottico e della bilirubina riportati sul diagramma di
Liley, si presentano due possibilità.
— A partire dal settimo mese e mezzo, o dalla 34a-35a sett., si può indurre un parto
prematuro per evitare la comparsa di un anasarca feto-placentare. Secondo le condizioni
ostetriche si può far ricorso o ad un parto provocato eseguito per via vaginale,
o ad un taglio cesareo. In ogni caso, ci si deve necessariamente assicurare della
maturità fetale, attraverso differenti esami, in particolare lo studio del rapporto
lecitine-sfingomieline nel liquido amniotico.
— Tra la 28" e la 34" settimana, la prematurità troppo elevata sconsiglia ogni parto
provocato. Nei casi più gravi in cui il feto dà segni di sofferenza a breve termine,
si può tentare presso centri specializzati una trasfusione fetale intrauterina dopo
localizzazione placentare, mediante controllo ultrasonografico. Si iniettano nella
cavità peritoneale del feto circa 100 mi di una sospensione concentrata di globuli
rossi Rh negativi. Sono inoltre in atto studi che prevedono l'infusione di emazie
direttamente nel cordone ombelicale mediante funicolocentesi. Questo trattamento
provvisorio può essere eventualmente ripetuto una o più volte, fino al termine della
34a sett. Deve essere deciso nei casi disperati, tenendo presenti i rischi fetali
inevitabili e le possibilità di successo ancora modeste. Infine, nel caso di una
persistente isoimmunizzazione, se la stessa amniocentesi ci rassicura, è sempre
prudente programmare un parto verso l'ottavo mese e mezzo.
Alla nascita
NELLE INCOMPATIBILITÀ DA FATTORE RH.
— Nelle forme gravi si tratta nello stesso tempo di un problema:
— di rianimazione e di controllo del neonato prematuro;
— di terapia della malattia emolitica.
— È dunque importante che il parto si svolga presso reparti specializzati, in presenza
di medici esperti, soprattutto pediatri pronti per le trasfusioni.
— L'exanguinotrasfusione è la terapia d'elezione nella malattia emolitica:
è in grado di combattere sia l'emolisi responsabile dell'anemia fetale che l'iperbilirubinemia
fonte di sequenze neurologiche temibili come l'ittero nucleare.
— Può essere decisa nei minuti che seguono la nascita sulla base dei soli dati clinici.
Secondo il peso del neonato si trasfondono circa 500 ml di sangue Rh negativo.
— Successivamente ci si basa sui dati biologici, in particolare il valore della
bilirubina nel sangue: i valori critici che ci fanno temere la comparsa di ittero
nucleare sono tanto più bassi quanto più vicino è il parto. Occorre allora effettuare
un'exanguinotrasfusione, ripetuta più volte nel corso dei primi giorni fino a quando
l'emolisi non è stata arrestata.
Le incompatibilità ABO pongono problemi meno gravi e generalmente risolvibili
alla nascita. Circa il 20-25% di tutte le gravidanze sono ABO incompatibili, cioè
il siero della madre contiene anti A o anti B mentre gli eritrociti fetali possiedono
i rispettivi antigeni A o B. La malattia neonatale si manifesta nella maggior parte
dei casi con lieve iperbilirubinemia, senza anemia significativa nel 10% dei casi
affetti e in meno dell'1% si può arrivare a situazioni gravi tali da richiedere
l'exanguinotrasfusione.
— Si devono cercare in presenza di ittero precoce, di un eventuale suo aumento o
di segni di anemia.
— Si deve controllare il gruppo sanguigno della madre (spesso O) e del neonato (solitamente
A o AB).
— Si può evidenziare la presenza di anticorpi con il test di Munk-Anderson (raramente
utilizzato).
— Soprattutto si deve dosare la bilirubinemia del neonato: la soglia critica di
18-20 mg% rappresenta una indicazione assoluta per l'esecuzione dell'exanguinotrasfusione.
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