appunti del dott. Claudio Italiano
Link correlati al tema: Epatite C Il trattamento dell'epatite C La terapia delle epatiti cronicheCirca due milioni di individui sono attualmente affetti in Italia da epatite C ed una percentuale elevata di questi soggetti ha un'età superiore ai 65 anni. L'epatite cronica C rappresenta pertanto, in questa categoria di pazienti, un problema rilevante dal punto di vista epidemiologico, clinico e sociale. Numerosi studi epidemiologici hanno chiaramente dimostrato come la prevalenza di soggetti con infezione cronica da HCV aumenti con l'aumentare dell'età. In Italia dati recenti in corso di pubblicazione hanno evidenziato elevati tassi di prevalenza di positività per anti-HCV in pazienti oltre i 60 anni, tassi che in alcune aree del sud Italia risultano anche superiori al 30%.
Dati aggiornati sulla presentazione clinica dell'epatite cronica C in soggetti oltre
i 65 anni in Italia sono riportati un ampio studio multicentrico in corso di pubblicazione
che è stato condotto in 79 differenti centri ed ha arruolato circa 10.000 soggetti.
Questi dati dimostrano chiaramente come circa il 30% dei pazienti con epatite cronica
C abbia alla presentazione clinica un'età oltre i 65 anni, evidenziando la notevole
rilevanza epidemiologica del problema. Lo studio documenta inoltre come la prevalenza
di cirrosi alla presentazione clinica sia significativamente superiore nei pazienti
oltre i 65 anni (32%) rispetto a quelli con età inferiore ai 65 anni (14%). Anche
la diagnosi di epatocarcinoma è risultata significativamente superiore (8%) oltre
i 65 anni se confrontata con quella osservata sotto i 65 anni (2%). Questo dato,
in accordo a numerose evidenze epidemiologiche precedenti, identifica nei soggetti
oltre i 65 anni con fibrosi avanzata/cirrosi HCV correlata un gruppo certamente
ad elevato rischio di evoluzione verso l'epatocarcinoma. Questi pazienti con
una lunga durata di infezione derivano da ampie coorti di soggetti infetti in epoca
presierologica soprattutto per via trasfusionale con il genotipo 1 di HCV. Sebbene
questi pazienti rappresentino da un punto di vista clinico un gruppo estremamente
eterogeneo per quanto riguarda la storia naturale della malattia e l'entità del
danno epatico, è possibile stimare che circa il 30-40% di questi soggetti ha sviluppato
una cirrosi in un periodo medio di circa 25-30 anni e che molti di questi potranno
evolvere verso l'epatocarcinoma. L'epatocarcinoma rappresenta infatti oggi la terza
causa di mortalità per cancro nell'uomo, con una età media alla presentazione clinica
di circa 65 anni. Tutte queste osservazioni suggeriscono come la gestione clinica
del paziente oltre i 65 anni di età con epatite cronica C rappresenta e rappresenterà
un carico rilevante per il sistema sanitario nazionale, soprattutto per l'incremento
significativo
Tac epatica: lesione epatica HCC, paziente extracomunitario
di 60 anni, itterico, storia di HCV ed abuso di droghe iniettabile oppure cfr indice di epatologia Come trattare i pazienti anziani affetti da epatite
HCV correlata?
La principale conseguenza clinica di questa differenza è rappresentata dalle particolari
difficoltà di trattamento di pazienti con età oltre i 65 anni in rapporto:
• alla più lunga durata di infezione
• alla più elevata probabilità di fibrosi avanzata osservata alla biopsia epatica
• alla più bassa probabilità di efficacia e di tollerabilità della terapia in rapporto
alla presenza di patologie associate
• alla più bassa aderenza alla terapia in relazione alla mancanza di un adeguato
supporto economico e familiare.
Terapia antivirale
Indicazioni
E' evidente che nell'attuale clima di contrazione delle risorse economiche disponibili
da parte del sistema sanitario nazionale, l'indicazione alla terapia nel soggetto
oltre i 65 anni, che certamente rappresenta un paziente difficile da trattare, deve
essere attentamente valutata sulla base di un bilancio costo/beneficio che non può
non tenere conto della presenza o meno di un danno epatico cinicamente rilevante
in termini di fibrosi. Pertanto in questa categoria di soggetti, occorre una precisa
stadiazione del danno epatico mediante l'esecuzione della biopsia ai fini di una
precisa definizione prognostica e di una corretta indicazione alla terapia. Questa
indicazione resta a nostro awiso valida sia nei soggetti con infezione da genotipo
1 (la stragrande maggioranza), che nei rari pazienti con infezione da genotipo
2 o 3. L'assenza di fibrosi o il riscontro di modesta fibrosi alla biopsia epatica
in un soggetto oltre i 65 anni, in assenza di cofattori in grado di accelerare la
progressione della malattia, dovrebbe suggerire l'opportunità dì un follow-up clinico
in assenza di un trattamento antivirale,
Efficacia
Pochi sono gli studi attualmente pubblicati che sono stati disegnati e condotti
per valutare l'efficacia e la tollerabilità della terapia antivirale nei pazienti
sopra i 60-65 anni. Inoltre dai trial registrativi della terapia di combinazione
della ribavirina in associazione con interferoni standard o peghilati non è possibile
ricavare dati sul sottogruppo dei pazienti con età avanzata. Tuttavia, cumulando
i pochi studi disponibili, appare evidente come un'età oltre i 60 anni riduce in
maniera significativa la probabilità di risposta sia utilizzando schedule di trattamento
con interferoni convenzionali che con interferoni peghilati con o senza ribavirina.
In particolare, la meta-analisi degli studi disponibili dimostra come il gruppo
di pazienti con un'età oltre i 60 anni abbia una probabilità di risposta virologica
sostenuta significativamente inferiore rispetto al gruppo sotto i 60 anni (differenza
di rischio cumulativa 13%; intervallo di confidenza al 95% da 20% a 4%). L'evidenza
che l'età avanzata riduce in maniere significativa l'efficacia della terapia antivirale
è stata ampiamente confermata dalle analisi multivariate dei predittori di risposta
virologica sostenuta effettuate sui data-base dei trial registrativi di entrambi
gli interferoni peghilati in associazione a ribavirina e dal trial noprofit di Camma
e collaboratori nel quale una dose fissa di interferone peghilato 12 KD con dose
standard di ribavirina è stata impiegata in una corte di pazienti con genotipo 1.
Fattori predittivi di risposta
Attualmente dall'analisi dei dati della letteratura non è possibile identificare
specifici predittori di risposta nella categoria di pazienti oltre i 65 anni. Sebbene
l'associazione osservata tra età avanzata e minore efficacia delle terapie antivirali
sia plausibile sul piano biologico, non conosciamo attualmente i meccanismi che
possano contribuire a spiegare questa associazione. E' stato ipotizzato che l'attività
immunostimolante degli interferoni sia meno efficiente nel paziente anziano in
relazione ad una minore reattività del sistema immunitario. Tuttavia altri fattori
legati all'ospite ed al virus possono spiegare la minore efficacia della terapia.
Innanzitutto l'elevata prevalenza di infezioni di lunga durata da genotipo 1 associata
ad una fibrosi più avanzata riducono certamente le probabilità di risposta. La
più elevata probabilità di eccesso ponderale associato alla steatosi, le alterazioni
metaboliche, quali l'insulino-resistenza o
il diabete mellito, possono contribuire a ridurre
l'efficacia della terapia. Infine la presenza di patologia associate, riducendo
la tollerabilità e l'aderenza alla terapia, potrebbe indirettamente contribuire
a ridurre la percentuale di risposta.
Tollerabilità, monitoraggio e gestione delle complicanze
Un problema assai rilevante, e non soltanto confinato ai pazienti di età avanzata,
è rappresentato dalla tolleranza e dalla aderenza dei pazienti alla terapia. Noi
riteniamo che nella terapia dell'epatite C, la tollerabilità rappresenti il problema
clinico centrale poiché se è vero che disponiamo di farmaci efficaci, con le schedule
di trattamento attualmente utilizzate, il numero di pazienti non-compliantì alla
terapia resta elevato. Purtroppo i dati sulla tollerabilità e sulla aderenza alla
terapia sono stati raccolti, valutati e riportati nei trial pubblicati in maniera
assolutamente insoddisfacente. Inoltre nessuno dei trial pubblicati riporta con
chiarezza la reale differenza tra la schedula pianificata (dose intended) e quella
effettivamente ricevuta (dose received). Esiste attualmente un notevole dibattito
scientifico su quale sia l'approccio migliore nella valutazione della tollerabilità
di un determinato trattamento e come questa valutazione vada inserita nella misura
globale di benefìcio del trattamento. Certamente anche in presenza di dati accurati
sulla compliance alla terapia, la loro interpretazione resta diffìcile. Da quanto
detto sinora, risulta evidente come sia necessaria una chiara pianificazione e formulazione
del problema tollerabilità all'interno degli studi clinici. La tollerabilità è un
fenomeno non-randomizzato all'interno degli studi clinici. E' un problema multi-dimensionale,
che oltre ai 2 assi dose e tempo, prevede una terza dimensione legata alle possibili
interazioni con altri fattori prognostici (si pensi alla tollerabilità nei pazienti
con età avanzata, nei pazienti con cirrosi, nei pazienti con patologie associate)
ed una quarta dimensione intrinsecamente legata alla risposta terapeutica (si pensi
alle motivazioni del medico e del paziente a continuare la terapia in presenza o
in assenza di risposta). E' pertanto assolutamente necessario che futuri trial
clinici affrontino in maniera convincente il problema fondamentale della tollerabilità
alla terapia, soprattutto nelle categorie di pazienti difficili da trattare come
ad esempio i pazienti di età avanzata. Gli studi dovrebbero essere disegnati e condotti
con l'obbiettivo di sviluppare modelli di predizione che consentano di stratificare
i pazienti in differenti classi di compliance allo scopo di ottimizzare il rapporto
costo/beneficio della terapia. I pochi dati della letteratura attualmente disponibili
sulla tollerabilità della terapia nei pazienti oltre 65 anni identificano in maniera
omogenea e coerente la bassa tollerabilità e la scarsa aderenza alla terapia di
questo gruppo di pazienti.
Elementi essenziali per lo sviluppo dell'algoritmo
decisionale
• I pazienti oltre i 65 anni rappresentano una categoria di pazienti assai numerosa
nella pratica clinica quotidiana. Questa tipologia di pazienti è costituita da
una popolazione assai eterogenea per entità di danno epatico e per eventuale presenza
di patologie associate che possono condizionarne la qualità e l'aspettativa di vita.
• Utile in questa categoria di pazienti, ai fini prognostici e terapeutici, effettuare
una corretta stadiazione dell'entità del danno epatico mediante la biopsia epatica.
Questa stadiazione è clinicamente utile sia nel gruppo numeroso dì pazienti con
infezione da genotipo 1 che in quello assai più piccolo di pazienti con infezione
da genotipo 2 o 3.
• L'elevata probabilità di sviluppo di epatocarcinoma nei pazienti oltre i 65 anni
con cirrosi fa di questa categoria la popolazione ideale da inserire in programmi
di sorveglianza e di chemoprevenzione dell'epatocarcinoma
• L'indicazione alla terapia va posta sulla base di un bilancio costo/beneficio
che deve tenere conto della stadiazione della malattia in termini di fibrosi. L'assenza
di fibrosi o il riscontro di modesta fibrosi alla biopsia epatica in un soggetto
oltre i 65 anni, in assenza di cofattori in grado di accelerare la progressione
della malattia, dovrebbe suggerire l'opportunità di un follow-up clinico in assenza
di un trattamento antivirale.
• La terapia dovrebbe essere iniziata solo dopo la correzione di tutti quei cofattori
in grado di ridurre l'efficacia e la tollerabilità del trattamento.
• Gli schemi posologia possono essere sovrapponibili per dose e durata ai pazienti
con età inferiore ai 65 anni. L'unica differenza potrebbe riguardare il dosaggio
della ribavirina che dovrebbe essere mantenuto tra 800 e 1000 mg/die.
• Possono essere applicate le stesse stopping rute dei pazienti di età sotto i 65
anni.
• La schedula dei controlli clinici e di laboratorio deve prevedere controlli mensili
per l'intera durata della terapia con particolare attenzione alla comparsa di effetti
collaterali ematologici, cardiologici, metabolici e tiroidei. Un attento monitoraggio
deve essere effettuato per quanto riguarda l'insorgenza di disturbi depressivi.