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Descrizione anatomo-funzionale del fegato

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  4. Anatomia del fegato

 

Qual'è il ruolo del fegato?

Il fegato è il più grande organo pieno dell'organismo umano, rappresentando nell'adulto dal 2% al 5% circa del peso corporeo.

Da un punto di vista classificativo, il fegato può essere considerato una ghiandola anficrina, capace di svolgere, cioè, funzioni di tipo sia esocrino sia endocrinometabolico, su due fronti.

Infatti, da un lato, il fegato è la più grande ghiandola esocrina extraparietale annessa al canale alimentare, precisamente alla seconda porzione duodenale da cui embriologicamente deriva; esso secerne la bile che, tramite le vie biliari, viene riversata nel duodeno dove svolge importanti funzioni, soprattutto per quanto riguarda la digestione dei grassi.

Per approfondire vedi Le funzioni del fegato

D'altro canto, il fegato si trova interposto fra il circolo portale e quello della vena cava inferiore, ricevendo così il sangue venoso refluo dalla circolazione dello stomaco, dell'intestino tenue e della maggior parte dell'intestino crasso, nonché della milza.

Esso riceve quindi i metaboliti assorbiti a livello intestinale e i prodotti del metabolismo splenico, giocando un ruolo fondamentale nella omeostasi metabolica dell'intero organismo:

• in particolare, svolge un ruolo primario nella regolazione del metabolismo energetico;
• partecipa attivamente a tutti i principali cicli metabolici che coinvolgono le proteine, i lipidi e i glucidi del circolo sanguigno e da qui in distribuzione verso gli organi;
• sintetizza proteine, enzimi e cofattori essenziali per i processi digestivi e per quelli generali dell'organismo;
• contribuisce con un ruolo cruciale ai processi di detossificazione ed eliminazione di una larga varietà di molecole endogene ed esogene, fra cui numerosi farmaci.
 

Il fegato è il più grande organo pieno e rappresenta 1 /33 del totale peso corporeo.

Quali sono i mezzi di fissità e legamenti epatici?

Il fegato è unito al diaframma, nonché alla parete posteriore dell'addome, da due mezzi di fissità principali:

- in primo luogo, dalla vena cava inferiore, che aderisce da un lato all'orifizio proprio del diaframma e dall'altro al fegato nella porzione posteriore del solco sagittale destro, dove le vene epatiche sboccano direttamente nella vena cava stessa; in secondo luogo, a opera del tessuto connettivo che si interpone fra la faccia inferiore del diaframma e l'area nuda del fegato, priva di peritoneo, situata a livello del margine (o faccia) posteriore tra i due foglietti del legamento coronario.
Altri mezzi, più che di vera e propria fissità, di collegamento con gli organi contigui sono i legamenti peritoneali.

 Appresso ne elenchiamo i più importanti dal punto di vista funzionale.

 Legamento falciforme: divide il fegato in due grosse porzioni creando un lobo destro più voluminoso rispetto al sinistro; il legamento falciforme, formato da due foglietti peritoneali, è teso tra il diaframma e la parte sovraombelicale della parete anteriore dell'addome, da una parte, e il grande solco sagittale della faccia diaframmatica che divide il lobo destro dal lobo sinistro, dall'altra. Esso non può essere considerato un vero legamento sospensore, in quanto, in condizioni fisiologiche, il fegato è mantenuto in situ e applicato contro il diaframma a opera della pressione addominale positiva; pertanto, il legamento falciforme, in condizioni normali, non è teso.

 Legamento coronarico; il legamento coronario è il vero legamento sospensore del fegato, ed è costituito dalla riflessione sulla superficie inferiore del diaframma del peritoneo viscerale che ricopre la porzione supero-posteriore del lobo destro

 Legamenti Triangolari, a destra e asinistra.
 Legamento rotondo; la base del legamento falciforme, nell'adulto, contiene nel proprio spessore un cordone fibroso, residuo della vena ombelicale della circolazione fetale, che costituisce il legamento rotondo

Piccolo omento (o piccolo epiploon). Il piccolo omento (o piccolo epiploon), residuo dell'originario mesogastrio ventrale, va dall'ilo (solco trasverso) della faccia viscerale del fegato alla piccola curvatura dello stomaco e al margine superiore della prima porzione duodenale.

Si può, pertanto, dividere in due porzioni: il legamento epatogastrico (o parte flaccida) e il legamento epatoduodenale (o parte tesa). Il legamento epatogastrico o pars flaccida (parte flaccida) va dal solco trasverso del fegato alla piccola curvatura dello stomaco.

I due foglietti peritoneali che lo costituiscono sono completamente accollati; fra essi decorrono vie linfatiche e rami nervosi tra cui è da segnalare il nervo gastroepatico, ramo del nervo vago anteriore.

Il legamento epatogastrico contribuisce a formare la parete anteriore del vestibolo della retrocavità degli epiploon. Il legamento epatoduodenale o pars tensa (parte tesa) è invece teso fra il solco trasverso del fegato e il margine superiore della prima porzione duodenale. I due foglietti peritoneali che lo costituiscono contengono fra di loro le formazioni del peduncolo epatico (arteria epatica, vena porta, vie biliari extraepatiche, tronchi linfatici e nervosi); con il suo margine libero, esso delimita anteriormente il forame epiploico attraverso il quale si accede alla retrocavità degli epiploon.  

Segmenti e lobi del fegato

Segmenti o zone epatiche
In analogia con quanto descritto in altri grandi organi parenchimatosi (polmoni, reni), numerosi studi hanno dimostrato che anche nel fegato la suddivisione all'interno dell'organo delle principali formazioni vascolari (vena porta, vene epatiche, arteria epatica) e delle vie biliari segue un piano abbastanza costante; inoltre, non sono presenti importanti anastomosi tra i rami terminali dei vari distretti e sistemi.

E' possibile, quindi, descrivere nel fegato territori macroscopici di parenchima (segmenti epatici) che possiedono una irrorazione e un drenaggio biliare sostanzialmente indipendente, consentendo, così, non solo da un punto di vista anatomo-descrittivo, ma anche e soprattutto da un punto di vista anatomochirurgico, la individuazione di zone che consentono una resezione parziale dell'organo (epatectomia parziale, resezione segmentale del fegato).

A tali fini, è ovviamente di primaria importanza la precisa definizione delle modalità di divisione del principale vaso afferente al fegato, la vena porta. Essa all'ilo si biforca, innanzitutto, in due rami principali che provvedono a irrorare due parti ben distinte dell'organo, una destra e una sinistra.

La linea di demarcazione tra le due parti (piano di divisione principale o linea di Cantile) è individuabile, sulla faccia viscerale del fegato, mediante una linea che unisce la linea mediana della fossa cistica con il margine sinistro della vena cava inferiore. Quindi, i due rami principali della vena porta si suddividono in rami secondari che vanno a irrorare distinte regioni parenchimali senza importanti anastomosi.

Il ramo destro della vena porta si ramifica in un ramo laterale destro e in uno paramediano destro; ciascuno di questi dà, a sua volta, rami anteriori e posteriori: nella parte destra del fegato si individuano, quindi, quattro distinti segmenti.

Il ramo sinistro della vena porta si ramifica, a sua volta, in un ramo laterale sinistro per la parte posteriore del lobo sinistro, in una vena paramediana sinistra per la parte anteriore del lobo quadrato e in un ramo specifico per il lobo caudato, che quindi si individualizza come un segmento a sè stante.

Si possono, in ultima analisi, distinguere otto segmenti o zone epatiche abbastanza ben delimitati e forniti di irrorazione indipendente rispetto a quelli vicini.
Se si prende, invece, in considerazione la ramificazione delle vene epatiche, si possono identificare tre grandi settori principali, drenati dalle tre principali vene epatiche (destra, mediana, sinistra), oltre al settore del lobo caudato, individuabile posteriormente.

• I lobi sono due e sono entità anatomicamente e funzionalmente distinte, il che si traduce nel riconoscere diverse fonti vascolari e drenaggi biliari come distinzione funzionale e la scissura interlobare come divisione anatomica.

• Le zone sono unità distinte soltanto funzionalmente, in quanto posseggono un'irrorazione e un drenaggio biliare indipendente, ovvero garantito da grossi tronchi (arteriosi, venosi e biliari), ma non distinti anatomicamente. A tal fine è di primaria importanza la modalità di divisione del principale vaso afferente al fegato, ovvero la vena

• Attualmente, vengono quindi considerati nell'anatomia clinica e chirurgica del fegato otto distinti segmenti epatici, comunemente individuati da numeri romani:

I (dorsale lobo caudato);
II (superolaterale);
III (inferolaterale);
IV (mediale);
V (anteroinferiore);
VI (posteroinferiore);
Vll (posterosuperiore);
VII (anterosuperiore).
 

Dal punto di vista anatomofunzionale, il fegato può essere così suddiviso in lobi, ciascun lobo è suddiviso in segmenti o zone e le zone sono costituite dalle unità funzionali o lobuli.

 

Com'è strutturato il fegato?

Il fegato è un organo pieno, ricoperto per la massima parte della sua estensione da un rivestimento peritoneale costituito da mesotelio monostratificato disposto su un sottile strato di connettivo submesoteliale, che aderisce intimamente alla sottostante capsula connettivale dell'organo.

Al di sotto del peritoneo, ove questo è presente, la vera e propria superficie dell'organo è costituita da un sottile ma denso strato di tessuto connettivo con rare fibre elastiche, che forma una vera e propria capsula fibrosa in cui decorrono vasi sanguiferi, linfatici e nervi (capsula fibrosa di Glisson).

La capsula di Glisson è strettamente aderente al tessuto parenchimale sottostante, in cui si approfonda con brevi e robusti setti connettivali; a livello dell'ilo epatico, il connettivo si ispessisce e penetra all'interno dell'organo, sostenendo e seguendo l'arborizzazione progressiva dei vasi sanguigni e linfatici, dei dotti biliari e dei nervi, senza peraltro  nell'uomo  identificare con setti connettivali ben distinti zone autonome di parenchima, quali lobi o lobuli.

Come già sottolineato, a seguito delle sue complesse funzioni, il fegato può essere considerato come una ghiandola anficrina (analogamente al pancreas).

Infatti, oltre alla sua ben nota funzione di ghiandola a secrezione esterna per l'elaborazione della bile che, per mezzo del coledoco, riversa nel duodeno, l'organo svolge numerosissimi compiti endocrino/metabolici: non perchè produca specifici ormoni, ma in quanto riversa direttamente nel sangue (endocrinia) numerosissime molecole frutto del proprio metabolismo, quali glucosio, proteine, lipoproteine, enzimi, eccetera.
 

Distinguiamo:
Lobo destro Lobo sinistro
Lobo Caudato o Lobo di Spigelio, Lobo Quadrato

Rapporti del fegato

Le strutture limitrofe lasciano delle impronte sul parenchima epatico. Sulla faccia viscerale, riconosciamo:
- in basso l'impronta Colica della fessura colica di destra
- in alto l'impronta renale data dal polo superiore del rene
- ancora più in alto l 'impronta della surrenale
- a sinistra l'impronta dello stomaco
- più centralmente l'impronta della colecisti
- Sulla faccia diaframmatica, vi è essenzialmente il contatto col diaframma.

 

Circolazione epatica, importanza della vena porta

Essa è costituita principalmente dal sangue che affluisce dall'intestino attraverso la vena porta.

Essa rappresenta il vaso più importante poichè ha la funzione per così dire,  di condurre al fegato perchè sia filtrato il sangue che proviene dall'intestino e che, per tale ragione, è carico di batteri, oltre che di nutrienti.

Infatti nell'epatopaziente, quando la funzione di filtro epatico è perduta, si noterà una ipergammaglobulinemia a larga banda, segno della continua immunizzazione per il passaggio di batteri in circolo. La vena porta si divide a livello dell'ilo epatico in due rami lobari, i quali daranno poi vita ad un totale di otto rami zonali. Pertanto le zone epatiche sono otto. 

L'ilo epatico 1 è la regione in cui sono presenti le strutture vascolari e biliari (vena porta, arteria epatica, coledoco).

 

Modalità di divisione della vena porta

La vena porta si forma dietro al pancreas dalla confluenza della vena lienale con la vena mesenterica inferiore e, successivamente, dalla fusione di questo tronco con la vena mesenterica superiore; successivamente la vena porta si va a localizzare all'interno dello spessore del legamento epato-duodenale e raggiunge l'ilo del fegato dove si divide inizialmente nei suoi due rami lobari, destro e sinistro.

Da ciascun ramo lobare hanno origine i rami zonali o segmentari, le vene preterminali, dalle quali a loro volta originano le vene terminali o interlobulari, le venule perisinusoidali o perilobulari, da cui hanno origine in ultimo i sinusoidi che decorrono tra i cordoni cellulari all'interno del lobulo per raggiungere la vena centrolobulare.

 

Modalità di suddivisione dell'arteria epatica

L'arteria epatica si porta anch'essa nello spessore del legamento epato-duodenale per raggiungere l'ilo del fegato, a livello del quale si suddivide nei due rami lobari, o arterie lobari, destro e sinistro; da ciascuna di esse hanno origine le arterie per ciascuna zona o segmento e quindi vengono definite arterie zonali o segmentarie, dalle quali hanno origine, per suddivisioni ripetute, due o tre ordini di arterie terminali.

Da queste, inoltre, originano le arterie interlobulari.
Da queste ultime arterie abbiamo due possibilità: dalle arterie interlobulari nascono le arteriose perilobulari e queste ultime si aggettano direttamente all'interno del lobulo dentro i capillari sinusoidi.
La seconda possibilità è che dalle arterie interlobulari nasce il plesso peribiliare, che, attraverso corte arteriole di connessione, si getta nei capillari sinusoidi all'interno del lobulo.

Modalità di formazione delle vene epatiche

I capillari sinusoidi decorrono dalla periferia del lobulo verso il centro del lobulo, dove si trova la vena centrolobulare, la cui parete è quindi piena di orifici per lo sbocco dei sinusoidi e la vena centrolobulare, a sua volta, confluisce ed insieme alle altre vene centrolobulari forma la vena sottolobulare;

le vene sottolobulari, per confluenza, formano le vene epatiche, le quali si raccolgono in rami sempre più grossi fino a sboccare nella vena cava inferiore, posta sul margine posteriore del fegato.

Fra le strutture vascolari, va infine ricordata la vena cava inferiore, nella quale convergono tre grossi tronchi dal fegato e sono: la vena epatica destra, la vena epatica sinistra e la vena mediana che raccoglie il sangue anche dal lobo caudato. Queste tre vene derivano da circa 15-20 vene epatiche, che derivano dalle sottolobulari, le quali derivano dalle centro lobulari.

Schema della struttura di  un lobulo epatico

Il concetto di lobulo epatico

L'unità funzionale del fegato è il lobulo epatico. Il lobulo ha una struttura esagonale o pentagonale. Ogni lobulo risulta costituito da cordoni o lamine di epatociti che si portano, anche anastomizzandosi, dalla periferia al centro del lobulo; tra le lamine di epatociti decorrono, con andamento tortuoso i capillari sinusoidi, mentre dalla regione adiacente al centro del lobulo verso la periferia e quindi in direzione opposta, decorrono i canalicoli biliari.

I capillari sinusoidi sono capillari fenestrati, motivo per il quale possiamo dire che il plasma passa dall'interno dei capillari all'esterno, decorrendo nello spazio del Disse, ovvero nello spazio compreso tra i capillari sinusoidi e gli epatociti; i capillari sinusoidi sono inoltre capillari privi di lamina basale.

Nello spazio perisinusoidale o spazio di Disse troviamo una trama di fibre collagene e abbiamo un contatto diretto tra plasma sanguigno ed epatocita ed è lo spazio dove quest'ultimo riversa alcuni prodotti della sua attività (glucosio, proteine, lipoproteine).

Accanto a questo tipo di lobulo dobbiamo ricordare il lobulo portale, il quale capovolge la situazione istologica e morfologica, ponendo al centro lo spazio interlobulare o spazio portale ed alla periferia gli spazi centrolobulari; secondo questa strutturazione il lobulo portale sarebbe costituito da porzioni di più lobuli classici.  I lobuli, infine, sono le unità morfo-funzionale più piccole presenti nel parenchima epatico e sono nell'uomo non delimitati da connettivo.

Ciascun lobulo è costituito da cordoni di cellule, o epatociti, che prendono il nome di cordoni di Remale, tra loro anastomizzati soprattutto in periferia, che Sì dispongono a raggiera convergendo verso il centro del lobulo dove c'è lo spazio centrolobulare e dove si trova la vena centrolobulare.

Tra i cordoni di epatociti vi sono i capillari sinusoidi che, anch'essi, decorrono dalla periferia del lobulo verso il centro per sboccare nella vena centrolobulare. Con decorso opposto, dal centro del lobulo verso la periferia, decorre il prodotto della secrezione degli epatociti, ovvero la bile, che si porta quindi negli spazi tra i lobuli per decorrere nei condotti biliari in direzione opposta al flusso ematico, verso l'ilo del fegato.

 

Quali sono i citotipi epatici

- Epatociti, cellule epatiche per eccellenza, rappresentano circa il 60-70% delle cellule; Cellule di Kupffer, appartengono alla classe dei "Macrofagi residenti" a livello del fegato, che fanno parte del sistema reticolo endoteliale monocitico-macrofagico; Cellule Stellate o di Ito, producono gran parte della matrice extracellulare, soprattutto collagene II; in conseguenza per esempio ad asportazione di regioni più o meno estese del fegato, la rigenerazione epatica viene garantita soprattutto dall'attività delle cellule di Ito che producono anche fattori di crescita.

Le cellule di Kupffer e le cellule stellate si trovano nello spazio di Disse. Secondo la classificazione del Bizzozero, le cellule epatiche sono delle cellule "stabili" piuttosto che labili come quelle epiteliali ,o perenni come quelle neuronali. Questa classificazione dipende dal numero di cicli cellulari nell'unità di tempo. Quindi il fegato è un organo che può rigenerare anche se più lentamente rispetto alla cute.

Nel caso della cirrosi epatica, tuttavia,  la produzione del collagene supera la capacità di rigenerazione degli epatociti e questa condizione  è responsabile della fibrosi e del quadro anatomopatologico che si definisce "cirrosi": i fibroblasti non possono sostituire funzionalmente le cellule epatiche.

A questa condizione può aggiungersi una patologia che coinvolge tutto l'organo come una steatosi, accumulo di tessuto adiposo. Queste sono condizioni che portano alla cirrosi epatica in cui il fegato diventa duro, ligneo perde il suo aspetto parenchimatoso e assume un aspetto più propriamente connettivale.
 

Nel Sinusoide troviamo sangue con caratteristiche miste:
- sangue che deriva dall'apparato digerente con un plasma ricco di sostanze nutritizie assorbite a livello intestinale come lipidi sotto forma di lipoproteine, amminoacidi, monosaccaridi, una concentrazione di ossigeno relativamente bassa,
- sangue che deriva dall'arteria epatica, con una concentrazione di ossigeno più alta.
C'è una rete sinusoidale capillare tra la vena centrolobulare (vena di drenaggio) e la vena porta, la così detta Rete Mirabilis Venosa: rete capillare compresa tra due estremità venose.

 

Modalità di formazione delle vie biliari

Le vie biliari intraepatiche nascono all'interno del lobulo quasi in prossimità del centro con la costituzione dei canalicoli biliari. I canalicoli biliari sono privi di pareti proprie, in quanto costituiti dalle docce di epatociti contigui che, accollandosi, formano questi canalicoli.

I canalicoli biliari verso la periferia cominciano a presentare rare cellule endoteliali, costituendo così la cosiddetta giunzione duttulo-canalicolare; infine alla periferia del lobulo si formano i duttili biliari (di Herring) o colangioli, costituite da poche, piccole cellule epiteliali cubiche che poggiano su una delicata lamina basale.

I duttili biliari o colangioli, costituiscono per confluenza, i dotti biliari interlobulari che si localizzano, insieme ad un ramo della vena porta e ad un ramo della vena epatica, negli spazi interlobulari o spazi portali.

Questi dotti interlobulari, confluiscono in condotti di dimensioni via via più grandi sino a formare i due dotti epatici lobari destro e sinistro.

Dalla confluenza dei due, che si verifica all'ilo epatico, hanno origine le vie biliari extraepatiche, ovvero sia il dotto epatico che si fonde insieme al dotto cistico, proveniente dalla cistifellea, per costituire il coledoco che si localizza nello spessore del legamento epato-duodenale; il coledoco si porta posteriormente alla prima porzione del duodeno, posteriormente alla testa del pancreas e si fonde con il dotto pancreatico principale per andare a costituire nello spessore della parete della seconda porzione del duodeno, l'ampolla di Vater, dalla quale poi la bile si riversa, attraverso la papilla duodenale maggiore nella seconda porzione del duodeno.

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