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Eutanasia, consenso informato, DAT e malato terminale

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Il medico è al servizio della vita

<<Giuro, per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dei tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: [...] Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio>> (Giuramento di Ippocrate, formula classica, 430 a.C.)

 Già Ippocrate nel 430 a.C. detta le norme per il medico, che giura "seppur richiesto" che "non somministrerà ad alcuno, un farmaco mortale, né suggerirà tale consiglio. ).

 

Il medico, infatti, è al servizio della vita e non della morte!

Nel Vangelo, Giovanni, che era medico,mentre Gesù soffre sulla croce dice ai soldati, inzuppata una spugna nell'aceto e postala in cima a una canna d'issopo, di  spingerla sulla bocca di Gesù.

Il Crocefisso Miracoloso di frate Umìleda Pietralia che
ha  lacrimato per miracolo nel 1722, Chiesa di S. Papino
a Milazzo, durante una processione per la siccità che incombeva

Questo gesto, che viene generalmente interpretato come un atto di disprezzo e di crudeltà dei soldati verso Gesù (assetato), potrebbe invece essere letto come compassionevole: l'aceto infatti provoca rapida acidosi metabolica, perdita della coscienza, coma acidosico e morte. Quando Gesù ebbe preso l'aceto, esclamò: "Tutto è compiuto!" (oppure "Padre, nelle tue mani, raccomando lo spirito mio" secondo Luca) e morì.

Dunque sembrerebbe che anche i Vangeli parlino di eutanasia.

Ma la Chiesa si pronuncia ovviamente contro ogni forma di eutanasia.

Nell'Antico Testamento viene citato il caso di un suicidio assistito: quello del Saul (I Samuele 31:4): un soldato uccide Saul su sua richiesta; ma David in seguito condanna a morte il soldato per omicidio. Anche il primo corpo giuridico positivo della storia, il Codice di Hammurabi, riporta previsioni normative che considerano con rispetto l'assistenza al suicidio. Nell'antica Grecia, il suicidio era considerato con rispetto (si pensi al gesto di Socrate) ma lo sviluppo della professione medica e il consolidamento di norme etiche e deontologiche portarono già Ippocrate, nel 420 a.C. circa, a prevedere nel suo giuramento l'impegno a non somministrare, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerire di assumerlo.

Ciò premesso occorre chiarire il termine di eutanasia, che come sappiamo deriva dal greco,  (dal greco: ευθανασία -ευ, eu, "bene", θανατος, thanatos, "morte": "buona morte"), cioè significherebbe procurare ad altri una buona morte, dunque non dolorosa, quando sono afflitti da mali inguaribili per i quali non è possibile miglioramento o terapia alcuna. Si deve al filosofo inglese Francis Bacon di aver introdotto il termine di  "eutanasia" nelle lingue moderne occidentali nel saggio Progresso della conoscenza (Of the Proficience and Advancement of Learning, 1605).

Ma non era neppure intendimento di Bacon quello di incitare alla bella morte, anzi egli esortava il medico ad intervenire per procurare una morte senza dolore, dunque, "bella" in questo senso.

La parola eutanasia continuò ad essere utilizzata anche nel XIX secolo, quando emerse l'idea di uccidere per pietà, pensando ad una pratica giusta. In realtà il medico è il servitore della vita e pertanto alza le mani in segno di resa solo quando si fa chiaro che la prosecuzione della lotta contro la morte non ha più alcuna prospettiva seria di successo, e che continuare una cura significherebbe solo prolungare la sofferenza del malato, ma talora neppure questa scelta è così facile. Entrambi sono da rifiutare.

La scelta di dare la morte o l'accettazione della morte non sono affatto la stessa cosa. Il medico può essere definito il servitore della vita. La sua professione è una continua lotta per mantenere la vita il più possibile nella pienezza, ma comunque vita.  Altro problema è rappresentato dal fatto che la costituzione italiana prevede che ogni cittadino abbia diritto alle cure ma anche che vi possa rinunciare di sua volontà.

"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

• "Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l'accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico".
• "Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale.

Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali".


• Nelle situazioni di emergenza o di urgenza "il medico e i componenti dell'équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla".
La Legge sottolinea che "il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura".

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

" Quindi anche in questo caso, la legge non è chiara e si presta a duplice interpretazione!  Infatti come può secondo la sua libera scelta e, dunque, liberamente un malato scegliere di morire , rifiutando le proprie cure?

 

Il medico deve rispettare la libertà del suo assistito o no?

Anche la morte toglie ogni libertà.

La vita, infatti, è il necessario presupposto della libertà. Inoltre è difficile dire che il malato in preda a gravi sofferenze sia libero.

Certamente egli è meno libero del giovane sano che si butta nel fiume. Non si è liberi sotto tortura.   Il termine eutanasia, tuttavia, si deve anche interpretare alla luce di almeno tre diverse tipologie,  riferendoci alle seguenti pratiche di eutanasia:
 1) l'eutanasia attiva (in cui si provoca attivamente la morte del malato, per esempio attraverso la somministrazione di sostanze tossiche!);
2) l'eutanasia passiva (in cui si procura la morte del malato indirettamente, sospendendo le cure);
3) il suicidio assistito (in cui al malato vengono forniti i mezzi per suicidarsi in modo non doloroso).
Per quanto concerne il primo punto, è chiaro a tutti che se il medico procura la morte con un farmaco tossico, si contemplerebbe il reato di omicidio, anche se del malato consenziente e, dunque, questo primo punto non si presta a molte interpretazioni fuorvianti.

 

La legge 219/2017 che cosa dice?

L'art. 2  della L. 219/2017 detta norme sulla "Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita"

1. Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un'appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38.
 

2. Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.


3. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella
clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Art. 3 - Minori e incapaci

1. La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di
decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo 1, comma 1.
Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà.
 

2. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.
 

3. Il consenso informato della persona interdetta ai sensi dell'articolo 414 del codice civile è espresso o rifiutato dal
tutore, sentito l'interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità.


4. Il consenso informato della persona inabilitata è espresso dalla medesima persona inabilitata. Nel caso in cui sia stato
nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere.
 

5. Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in
assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all'articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.

La Corte sottolinea che l'individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell'ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell'ordinanza 207 del 2018

Eutanasia,  posizione della Chiesa.

La Chiesa Cattolica è schierata molto nettamente contro l'eutanasia attiva e il suicidio assistito, pur non considerando nessuna di queste due pratiche equivalente all'omicidio (o analoga all'aborto).

Viceversa, contempla la possibilità dell'eutanasia passiva qualora questo si possa configurare come interruzione dell'accanimento terapeutico, lesivo della dignità umana. Una sintesi della posizione cattolica viene fornita dalla Pontificia Accademia per la vita come segue.

Nell'immediatezza di una morte che appare ormai inevitabile ed imminente "è lecito in coscienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita" (cfr Dich. su Eutanasia, parte IV), poiché vi è grande differenza etica tra "procurare la morte" e "permettere la morte": il primo atteggiamento rifiuta e nega la vita, il secondo accetta il naturale compimento di essa (9 dicembre 2000). 

Ancora per quanto concerne il secondo punto, cioè l'eutanasia passiva, il medico può provocare la morte del malato attraverso la sospensione delle cure.

Ed anche qui il punto non è chiaro. Infatti io posso sospendere l'insulina ed il malato oncologico mi va in coma, ma io posso anche sospendere l'alimentazione, cosa che è capitata in un caso e che ha scosso l'opinione pubblica. Infatti occorre distinguere tra mezzi ordinari e straordinari, o forse più precisamente, tra mezzi proporzionati e mezzi sproporzionati.

Per cui, se è doveroso e cosa buona e giusta provvedere ad alimentare un malato, il medico potrebbe non sentirsi in obbligo morale e deontologico di fornire mezzi straordinari, per esempio impiegare la dialisi o la ventilazione; ma anche questo concetto non è scevro di dubbie interpretazioni ed è difficile esprimere un giudizio di proporzionalità dei mezzi. In altre parole, quando cessa per il medico il dovere di cura?

Accanimento terapeutico

Nemmeno chiaro è il concetto di accanimento terapeutico, che ci fa pensare al medico sadico che si vendica col malato che ha in odio e lo sottopone a cure lunghe e laboriose, pur di tenerlo in vita e prolungarne la sofferenza! Per esempio: il malato oncologico, in preda a dolori atroci, ha una malattia del midollo che ne determina un'anemia severa ed il medico lo trasfonde di continuo, solo con l'intento di procurare il prolungamento del dolore! Ma anche qui il concetto non è chiaro! Verosimilmente solo il buon senso del medico può chiarire il punto:
-  l'impegno medico perde di significato terapeutico quando il prolungamento della vita, ormai  certamente giunta al confine con la morte, non può essere perseguito "ad ogni costo".

Un altro punto da eviscerare è quello relativo al "suicidio assistito" che consiste nel fornire a una persona i mezzi per togliersi la vita in modo poco doloroso.

A differenza dell'eutanasia passiva, la morte quindi non è naturale; ma a differenza dell'eutanasia attiva, colui che assiste il suicidio non partecipa direttamente alle azioni che portano alla morte del paziente.

In sostanza è come se il medico lasciasse sul comodino del paziente terminale il veleno sotto forma di pillola e se ne andasse nell'altra stanza aspettando che una persona "non libera" di scegliere, perché sofferente e sotto la tortura della malattia, scegliesse la morte procurandosela da sé!

Eutanasia, a che punto è la legge in Italia?

Esempio pratico di una sentenza reale: Tizio, malato di distrofia-fascio-scapolo-omerale, capisce che la sua malattia distrugge progressivamente il suo corpo, mentre lascia intatte le facoltà intellettive.

A seguito di una grave insufficienza respiratoria, Tizio è sottoposto a un intervento di tracheotomia e gli viene applicato un respiratore artificiale.

 Le sofferenze divengono sempre più insopportabili, tanto che Tizio decide di porre fine alle stesse mediante la morte. Posto che le sue condizioni di salute non gli consentono di provvedere autonomamente, Tizio richiede l'intervento di Caio, medico anestesista, il quale accetta di dar seguito alla sua richiesta.

Caio procede quindi al distacco del ventilatore artificiale che tiene in vita Tizio.
A carico di Caio si apre un procedimento penale per omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), ma il Tribunale ritiene che la condotta del medico sia scriminata ex art. 51 c.p., in quanto lo stesso, assecondando la consapevole volontà del paziente, aveva agito in adempimento di un suo dovere. (Caso tratto da Trib. Roma, 23 luglio 2007)
 

L' art.51 cp recita: " L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità ".

Ciò significa che il medico, in questo caso molto raro, ha attuato un comportamento professionale secondo i compiti specifici di un medico, adempiendo ai suoi doveri.

In contrasto con quanto è fin qui riportato, il disposto dell'art. 580 recita quanto appresso specificato.

Dispositivo dell'art. 580 Codice penale

Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni.

Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [583] .
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente.

 Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio [575-577].

Il superamento di questo articolo del codice penale per la professione del medico è stabilito dalla Corte Costituzionale, con sentenza 25 settembre - 22 novembre 2019, n. 242, che ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, DAT) - di chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente".

La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte d'assise di Milano sull'articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell'aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita.

La Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.

Altre condizioni molto particolari di eutanasia sono quelle vissute nei reparti di terapia intensiva, la cosiddetta "morte a cuore battente", ECG di 20 minuti con cuore battente ma assenza di attività cerebrale, stabilita da un collegio di medici, un medico-legale, un anestesista ed un neuropatologo.
 L'eutanasia passiva viene consentita, perciò, in ambito ospedaliero, nel reparto di rianimazione, solo nei casi di morte cerebrale: devono, comunque, essere interpellati i parenti dell'interessato e si richiede la presenza e il permesso scritto del primario, del medico curante e di un medico legale. In caso di parere discordante fra medici e parenti, si va in giudizio e in questo caso è il giudice a decidere.

Se il paziente chiede che gli vengano sospese le cure, si potrebbe contemplare quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione e, cioè, che ciascuno  è libero di rifiutare le cure così come ne ha il diritto ad essere curato.

 Eutania negli altri paesi In Olanda, paese che, nel 2000, per primo al mondo ha legalizzato l'eutanasia, questa è praticabile a condizione che sia richiesta ripetutamente e personalmente dal paziente al proprio medico. La richiesta include la compilazione di un questionario di 50 domande. Inoltre, si deve trattare di una patologia per la quale non vi sia una cura praticabile, è necessario il parere conforme di un secondo medico e la procedura deve essere comunicata alle competenti autorità.

A partire dal 2004, l'eutanasia ha trovato applicazione anche per bambini di età inferiore ai 12 anni per i quali, però, è necessaria l'autorizzazione dei genitori. In Austria, viceversa, nel 1977 è stata abrogata una legge permissiva sull'eutanasia.

Nella Confederazione Elvetica, è previsto e tollerato il suicidio assistito, attuato in strutture private all'esterno delle istituzioni medico-ospedaliere: in alcuni casi, comunque, risulta alquanto labile la linea di confine tra simili pratiche e l'eutanasia passiva.

In Portogallo, sono condannate espressamente le tecniche di eutanasia attiva e passiva, ma il Consiglio Etico ha, in alcuni casi considerati "disperati", ammesso l'arresto dei trattamenti terapeutici. In Belgio, dal settembre del 2002 è in vigore una legge che disciplina l'eutanasia a condizione che la domanda dell'interessato sia conseguente ad uno stato di "costante ed insopportabile sofferenza fisica e psichica". Nei paesi scandinavi, il panorama è abbastanza omogeneo: in Svezia, l'eutanasia attiva è vietata mentre il suicidio assistito è tollerato; in Finlandia, risulta legalizzata l'eutanasia passiva; in Norvegia, per procedere all'eutanasia passiva è necessaria la richiesta dell'interessato o di un suo prossimo congiunto, in caso di incoscienza. In Germania, il suicidio assistito è tollerato e praticato, purché il malato sia capace di intendere e di volere e ne faccia esplicita richiesta; l'eutanasia attiva, invece, è proibita. In Francia, la recente legge dell'aprile 2005 relativa ai diritti dei malati terminali riconosce loro la possibilità di richiedere una "degna morte": viene confermato il primato delle cure palliative e, regolando l'eutanasia passiva, si ribadisce il divieto di quella attiva. Nel Regno Unito, l'eutanasia è assimilata all'omicidio e passibile di pene fino a 14 anni di carcere; alcune pronunce difformi, comunque, sono state adottate da corti locali. In Grecia, l'eutanasia è legalizzata e la si può applicare senza eccessive limitazioni tanto soggettive quanto oggettive.

In Ungheria, è ammessa la sola eutanasia passiva su richiesta dell'interessato. Negli Stati Uniti d'America, la Corte Suprema ritiene legittima l'eutanasia passiva e il governo federale ha autorizzato i singoli stati a regolamentare nello specifico la delicata materia; soltanto l'Oregon ha adottato un proprio atto per il suicidio assistito escludendo tuttavia l'eutanasia. In Canada, l'eutanasia è vietata ma, in alcune province, vi è una sorta di tolleranza verso le forme passive. In Colombia, l'eutanasia non è disciplinata per legge, ma è consentita grazie ad un pronunciamento della Corte Costituzionale. In Cina, dal 1998, gli ospedali sono autorizzati dalla legge a praticare l'eutanasia ai malati terminali.

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