Carcinoma epatocellulare

appunti del dott. Claudio Italiano

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Epidemiologia

Il carcinoma epatocellulare o epatocarcinoma è una delle neoplasie più frequenti, rappresentando globalmente con circa 560.000 nuovi casi per anno, la quinta neoplasia umana più frequente in tutto il mondo. L'incidenza di questo tumore varia significativamente a seconda delle aree geografiche considerate, raggiungendo il massimo valore nelle aree dell'Africa sub-sahariana e dell'estremo oriente. La marcata variabilità geografica del carcinoma epato-cellulare è in relazione alla variabile prevalenza dei fattori di rischio ambientale che svolgono un ruolo critico nella cancerogenesi epatica. In particolare, l'incidenza nei vari paesi del mondo rispecchia in maniera pressocché fedele l'incidenza negli stessi paesi dell'infezione cronica del virus dell'epatite B (HBV). Infatti più dell'85% dei casi di carcinoma epatocellulare si sviluppa nei paesi ad alta diffusione dell'infezione cronica da HBV, come la Cina, Giappone, Paesi del Sud-est Asiatico e dell'Africa sub-sahariana. In Europa, la Grecia e l'Italia rappre-sentano i paesi con l'incidenza più elevata e in par-ticolare in Italia meridionale, l'incidenza del carcinoma epatocellulare raggiunge valori tra i più elevati nel mondo occidentale in relazione soprattutto all'alta incidenza di infezioni croniche da HBV e HCV. Per motivi ancora non chiari il sesso maschile, soprattutto nelle aree ad alta incidenza, è più frequentemente interessato del sesso femminile, nella misura di 3:1. La variabilità dell'incidenza dell'infezione cronica da HBV e la sua modalità di trasmissione sembrano inoltre essere responsabili di alcune differenze clinico-patologiche che possono osservarsi in questa neoplasia nelle varie zone geografiche considerate. Infatti, mentre nei paesi ad alta incidenza di infezione cronica da HBV e con trasmissione verticale madre-figlio del virus, il carcinoma epatocellulare si sviluppa frequentemente in fegati non cirrotici, spesso in soggetti relativamente giovani tra i 20 ed i 40 anni di età, nei paesi del mondo occidentale a bassa incidenza di infezione da HBV ed a trasmissione del virus prevalentemente orizzontale, il carcinoma insorge in circa l'80-90% dei casi in fegati cirrotici e/o con epatopatia cronica avanzata e raramente prima dei 60 anni di età. Nelle ultime due decadi, l'incidenza sembra mostrare un notevole incremento soprattutto in paesi come la Gran Bretagna, il Giappone ed il nord-America, fenomeno questo probabilmente collegato all'aumento delle cirrosi da infezione cronica da HCV. È probabile però che i notevoli recenti progressi delle tecniche diagnostiche per immagini e l'aumento della durata media di vita del paziente cirrotico contribuiscano in maniera decisiva all'aumentata incidenza del carcinoma epatocellulare nei paesi più sviluppati.

Patogenesi

 Anche il carcinoma epatocellulare riconosce, come nella gran parte delle neoplasie, una eziologia multifattoriale. I principali fattori etiologici che giocano un ruolo di primaria importanza nella cancerogenesi epatica sono:
• infezioni virali da HBV e HCV;
alcoolismo cronico e contaminanti alimentari come l'aflatossina Bl;
• malattie ereditarie, come ad es. l'emocromatosi, la tirosinemia ed il deficit da alfa1-antitripsina.
 

HBV

 Abbiamo già detto che l'incidenza del carcinoma epatocellulare nel mondo rispecchia in maniera molto fedele la distribuzione geografica dell'infezione cronica da HBV. Tale associazione è stata negli ultimi anni provata in numerosi studi unici caso-controllo, in studi clinici prospettici ed a studi su animali da laboratorio suscettibili all'infezione da virus simili all'HBV L'HBV agisce come un potente virus oncogeno attraverso due fondamentali meccanismi di azione: 1) lo sviluppo di una epatite cronica che, con ripetuti cicli di necrosi e generazione epatocitaria, porta all'instaurarsi di una cirrosi che, a prescindere dell'etiologia che la stende, rappresenta di per sé una condizione pre-ncerosa; 2) un diretto effetto oncogeno tramite integrazione del virus HBV nel DNA dell'ospite. Il virus HBV è infatti un virus a DNA che mediante meccanismi di "trascrizione inversa" comuni a molti altri virus oncogeni (ad es. del tipo retrovirus a RNA) può integrare il proprio DNA nel genoma della cellula ospite, dando luogo ad una serie di mutazioni di geni che controllano ad esempio i meccanismi riparativi del DNA o all'attivazione di proto-oncogeni. In particolare la proteina di 154 aminoacidi codificata dal gene "X" dell'HBV DNA, sembra ricoprire un importante ruolo oncogeno soprattutto per la capacità di interagire con oncogeni e fattori di crescita come c-fos, c-jun, c-myc o geni soppressori come p53.
Bisogna precisare che questi due meccanismi d'azione oncogena dell'HBV non si escludono fra di loro; al contrario è lecito supporre che l'epatocita in continuo turn-over risulti esser più suscettibile all'azione oncogena diretta del virus.

HCV

 Il virus dell'epatite C è un altro virus epatotropo strettamente correlato all'insorgenza dell'e-patocarcinoma. La gran parte dei carcinomi epato-cellulari in pazienti con epatite cronica da HCV insorgono su cirrosi. Un effetto oncogeno diretto di geni dell'HCV non è stato al momento dimostrato. La proteina "core" dell'HCV sembra però poter interagire, alterandoli, con una serie di "pathways" intracellulari come l'attivazione del TNF-a receptor e del NF-kb, che inibendo i meccanismi apoptotici cellulari, possono prolungare la vita della cellula infettata, permettendo così l'accumulo di alterazioni genetiche favorenti la cancerogenesi epatica.

Alcool e Aflatossina

 Nei Paesi Europei e in Nordamerica la cirrosi epatica da abuso alcolico rappresenta il più frequente fattore etiologico per epatocarcinoma (32-45% dei casi). L'assunzione cronica di alcol maggiore di 80 gr al giorno per dieci anni aumenta il rischio di epatocarcinoma di circa 5 volte. Anche se l'alcol può agire da potente induttore del sistema microsomiale P-450, che è responsabile dell'attivazione metabolica di diverse carcinogeni chimici, un ruolo oncogenico diretto dell'alcol nell'epatocarcinogenesi non è stato finora dimostrato. Un ruolo particolarmente importante dell'alcool nell'epatocarcinogenesi sembra inoltre essere rappresenatato dall'effetto sinergico con le infezioni virali, in particolare quella da HCV.
L'aflatossina B1 è una micotossina dal potente effetto oncogenico, prodotta dalla contaminazione di alimenti come cereali, riso ed arachidi da parte del fungo Aspergilllus flavus, in paesi dal clima caldo-umido come i paesi africani subtropicali e del sud-est asiatico.
Il suo effetto cancerogeno si manifesta solo in presenza di infezione cronica da HBV e di una mutazione del codone 249 del gene soppressivo p53.

Emocromatosi

 L'epatocarcinoma che insorge in pazienti con emocromatosi si sviluppa principalmente in fegato cirrotico con un rischio relativo circa 93 volte superiore a quello della popolazione generale.
 

Tirosinemia tipo I.

 In caso di tirosinemia la frequenza di carcinoma epatocellulare è dal 10 al 20% e anche in questo caso insorge in fegato cirrotico. Per questo motivo si consiglia il trapianto entro il secondo anno di vita.


Morfologia

 

Aree necrotiche gialle ed aree emorragiche rossastre, epatocarcinoma  massivo, frecce

Sebbene negli ultimi decenni siano stati proposti nuovi schemi classificativi dell'aspetto macroscopico del carcinoma epatocellulare (Okuda et al.; Nakashima & Kojiro), la classificazione proposta da Eggel nel 1910 si dimostra ancora adeguata nella gran parte dei casi. Tale classificazione riconosce tre forme macroscopiche principali:
a) una forma massiva costituita da una singola massa con a volte noduli satelliti, che può occupare un intero lobo epatico,
a) una forma nodulare, caratterizzata da noduli multipli di discrete dimensioni (Fig. 79),
a) una forma diffusa, dove un fegato, solitamente cirrotico, presenta numerosi noduli neoplastici, spesso difficilmente distinguibili ad occhio nudo dagli adiacenti noduli cirrotici.
La consistenza della neoplasia è tipicamente soffice-molle e la superficie di taglio mostra un aspetto variegato di colorito bruno-giallastro a volte tendente al verde nel caso che la neoplasia produca quantità apprezzabile di pigmento biliare. Sono frequenti le aree emorragiche e di necrosi. Altrettanto frequente è l'invasione dei rami vascolari della vena porta e delle vene epatiche.
Va comunque ricordato che questi quadri macroscopici sono tipici delle forme avanzate; oggi, in conseguenza del controllo ecografico regolare dei pazienti cirrotici, è frequente il riscontro dei cosiddetti "piccoli epatocarcinomi", di 2-3 cm. di diametro, in espianti o segmentectomie.

Aspetto microscopico.

 L'epatocarcinoma è costituito da cellule che riproducono in maniera più o meno fedele l'aspetto morfologico degli epatociti normali. Come la loro controparte normale, le cellule epatocitarie neoplastiche hanno forma poligonale, citoplasma eosinofilo, nucleolo ben evidente e, nelle forme più differenziate, possono formare canalicoli biliari e produrre pigmento biliare. A volte il citoplasma può contenere gocciole lipidiche, corpi di Mallory, inclusioni globulari eosinofiliche o notevoli quantità di glicogeno che impartisce un aspetto chiaro nella colorazione di routine con l'ematossilina-eosina. Le cellule neoplastiche tendono ad aggregarsi formando distinti pattern di crescita, dei quali i più comuni sono:
trabecolare, in cui la componente cellulare forma cordoni e travate epatocitarie di spessore variabile (solitamente più di 2-3-epatociti), separate da spazi vascolari tipo-sinusoide e ricoperte da cellule endoteliali.

Aspetto trabecolare di HCC, sotto aspetto pseudoghiandolare

Forma mista di epatocolangiocarcinoma

Tali spazi vascolari rappresentano sinusoidi epatici "capillarizzati" contenenti quantità ridotta di fibre reticoliniche. La componente connettivale nel carcinoma epatocelulare è caratteristicamente poco rappresentata;
pseudoghiandolare o acinare, in cui la dilazione dei canalicoli biliari può impartire un spetto francamente ghiandolare alla neoplasia; impatto o solido, in cui gli spazi vascolari tipo-sinusoide sono compressi e non più visibili;
scirroso, piuttosto raro, in cui è presente una notevole reazione desmoplastica attorno alle trabecole epatocitarie neoplastiche.
È importante sottolineare che non di rado, in diverse aree dello stesso tumore, è possibile osservare differenti patterns microscopici come pure gradi diversi di differenziazione citologica della neoplasia (da ben differenziato a indifferenziato). Le varietà istologiche non hanno alcuna relazione con la prognosi.
In gran parte dei casi si osserva infiltrazione e/o trombosi neoplastica della vena porta e dei suoi rami (circa il 75% dei casi) e delle vene epatiche (circa il 25% dei casi). Le cellule del carcinoma epatocellulare possono secernere a-fetoproteina (AFP), un antigene oncofetale rivelabile su tessuto mediante techniche immunoistochimiche nel 17-68% dei casi.
 

Forme rare

Forma mista epato-colangiocarcinoma.

Circa l'1-5% dei carcinomi epatocellulari mostra una componente ghiandolare tipo colangiocarcinoma, con produzione di mucina e caratteristiche immunofenotipiche di tipo biliare (positività per citocheratina 7 e 19). Una parte di questi tumori possono senz'altro rappresentare forme di "collisione" tra un carcinoma epatocellulare ed un colangiocarcinoma, ma per molti altri tumori si ipotizza una origine da una comune stem celi epatica localizzata nei canali di Hering. Le caratteristiche cliniche sembrano essere le stesse della forma classica del carcinoma epatocellulare.
 

Carcinoma fibrolamellare.

 Questa variante in genere insorge nel fegato non cirrotico di giovani adulti e senza fattori di rischio conosciuti. Morfologicamente è caratterizzato dalla presenza di densi fasci collageni con aspetto lamellare che intersecano e separano le cellule neoplastiche soli-tamente ben differenziate e con citoplasma fortemente eosinofilo per la presenza di numerosi mitocondri. La prognosi di questa forma risulta essere solitamente più favorevole rispetto alla forma classica di epatocarcinoma.


Metastasi

Il carcinoma epatocellulare nonostante una spiccata tendenza alle metastasi multiple intraepatiche, tende a metastatizzare a distanza solo negli stadi più avanzati della malattia. Le metastasi extraepatiche, presenti fino a circa il 60% dei casi nelle casistiche autoptiche, avvengono prevalentemente per via ematogena e interessano principalmente i polmoni, le ghiandole surrenali e le ossa. Le metastasi per via linfatica sono più rare e coinvolgono soprattutto i linfonodi regionali.
Aspetti clinici. Nei paesi occidentali il carcinoma epatocellulare si sviluppa nella grande maggioranza dei casi in pazienti con epatopatia cronica avanzata solitamente cirrotica. Pertanto un carcinoma epatocellulare deve essere sospettato in un paziente cirrotico con rapido deterioramento delle condizioni generali, dolore nel quadrante superiore destro o con una massa epatica palpabile. Bisogna però sottolineare che qualora siano presenti uno o più dei suddetti sintomi si è generalmente in presenza di un malattia in stadio già avanzato.
Insieme all'indagine ecografica la determinazione sierologica della AFP (v.n. 10-20 ng/ml) riveste un ruolo importante nello screening del carcinoma epatocellulare. Valori elevati di AFP (> 200 ng/ml) si riscontrano nel 50-75% dei casi.

Nodulo di epatocarcinoma aggredito dalla chemioembolizzazione

Chemoembolizzazione di HCC

La produzione di AFP è correlata in parte con la grandezza del tumore. Infatti circa 66% dei carcinomi epatocellulari più piccoli di 4 cm mostrano valori di AFP inferiore ai 200 ng/ ml. Valori elevati di questa proteina, infine, non sono specifici per epatocarcinoma, in quanto possono essere osservati in varie patologie sia non-neoplastiche, come l'epatite cronica cirrotica o la spina bifida, che tumorali come il tumore del sacco vitellino (yolk sac tumor) o l'adenocarcinoma a differenziazione epatoide. Nei pazienti cirrotici, il controllo regolare con l'ecografia permette di evidenziare "piccoli" epato-carcinomi (small HCC), suscettibili di trattamento locale (chemoembolizzazione, termoablazione, radioablazione).
Il carcinoma epatocellulare nonostante i notevoli sforzi per la sua individuazione in fase precoce continua ad avere una prognosi sfavorevole. La prognosi dipende principalmente dallo stadio della neoplasia, dallo stadio clinico dell'epatopatia cronica che solitamente sottende l'epatocarcinoma e, in definitiva, dalla modalità di trattamento terapeutico effettuabile.
In conclusione, il carcinoma epatocellulare, nonostante gli sforzi compiuti per la sua identificazione in fase precoce ed alle molteplici modalità di trattamento, continua ad essere la terza causa nel mondo di morte per neoplasia. E' però un tumore che permette un'ottima strategia per la prevenzione primaria tesa sia a ridurre la trasmissione virale attraverso capillari campagne di vaccinazione per l'HBV che ad evitare l'eccessivo consumo di alcol.

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