appunti del dott. Claudio Italiano
Con questo termine ci si riferisce a un processo di infiammazione, necrosi e fibrosi del fegato che persiste almeno 6 mesi. Numerose sono le cause di un'epatite cronica.
La storia
naturale e la risposta alla terapia dipendono dall'enologia della malattia e dall'età e dalle
condizioni del paziente.
Istologicamente si distinguono:
1. Epatite cronica persistente (ECP). è una forma lieve di EC, istologicamente
" non evolutiva " o " benigna ", con infiammazione limitata agli spazi portali.
Le aminotrasferasi sieriche sono normali o di poco aumentate.
2. Epatite cronica attiva (ECA). E' una forma di EC con manifestazioni cliniche, nella quale le prove di funzione epatica e il quadro istologico del fegato sono compatibili con un processo progressivo di infiammazione, necrosi e fibrosi che conduce alla cirrosi. All'esame istologico si rileva infiltrazione infiammatoria che dagli spazi portali invade il parenchima epatico con necrosi della lamina limitante dei lobuli ("piecemeal necrosis " degli autori anglosassoni, a significare lo "sbocconcellamento " del lobulo da parte del processo infiammatorio) e necrosi.
3. Epatite cronica lobulare (ECL). E' caratterizzata da infiammazione lobulare con focolai di necrosi. N.B. La classificazione istologica mette in risalto l'importanza della biopsia epatica nella diagnosi, nel trattamento e nella prognosi di queste epatopatie.
Tutte e ciascuna delle cause descritte in seguito possono dare luogo a qualsiasi forma istologica di EC.
Perciò il solo criterio istologico non è sufficiente alla diagnosi e alla terapia.
Cause di Epatite cronica.
Possono essere suddivise in 3 gruppi:
1) virali,
2) autoimmunitarie,
3) da farmaci.
E' importante escludere la malattia di Wilson, il deficit di alfa-antitripsina e l'emocromatosi.
1. Cause virali.
Le epatiti da HBV, HDV, HCV possono evolvere verso una epatite cronica.
2. Epatite cronica autoimmunitaria.
L'etiologia di questa forma di epatite cronica non è chiara.
Infatti non sappiamo se essa insorge spontaneamente oppure è scatenata da
virus o da sostanze chimiche. Le ricerche più recenti inducono a ritenere che
l'evento patogenetico principale consista nell'attività di cellule T suppressor antigene-specifiche.
cfr le malattie del fegato
link correlati al tema:
La ripresa dell'infezione da HBV
nei portatori di
HbsAg
Interpretazione dei marcatori di
epatite B e l'infezione
cronica da HBV
La terapia delle epatiti croniche
L'epatite cronica autoimmune colpisce principalmente le giovani donne, pur potendosi verificare in qualsiasi età e anche nei maschi.
Nella maggioranza dei casi sono presenti ipergammaglobulinemia e anticorpi antinucleari (ANA).
Per approfondire il tema >> Epatite autoimmune
Il termine di epatite lupoide è stato applicato a pazienti con positività del fenomeno LE.
Possono essere presenti lesioni di altri organi (artrite, colite, tiroidite, fibrosi polmonare, danno renale e cardiaco).
Non è infrequente rilevare altri aspetti clinici come anemia emolitica con positività della prova di Coombs, porpora trombocitopenica, eosinofilia (vedi leucocitosi, eosinofilia), ipersplenismo e ipertensione portale.
La diagnosi è confermata dall'aumento delle aminotrasferasi sieriche che persiste per più di 6 mesi e che è conseguenza del danno epatocellulare e, inoltre, dalla presenza di ANA e di ipergammaglobulinemia.
Il reperto istobioptico confermerà la presenza di un processo infiammatorio cronico.
In questa forma di EC si è dimostrato utile il trattamento prolungato con corticosteroidi, ma i pazienti in fase di cirrosi epatica non rispondono altrettanto bene. Tuttavia alcuni malati presentano un miglioramento della sintomatologia e del quadro istologico, potendo sopravvivere a lungo.
PrednisoneLo schema terapeutico più diffuso prevede di iniziare con 30-60 mg prò die di prednisone, riducendo rapidamente le dosi fino a 10-20 mg prò die per 1-3 anni.
I risultati sono migliori se il trattamento è iniziato precocemente. Nessun vantaggio è dato dalla somministrazione a giorni alterni. Non vi è alcun vantaggio nell'uso di prednisolone (metabolita attivo del prednisone), anzi possono essere più rilevanti gli effetti collaterali.
Azatioprina L'aggiunta di azatioprina al prednisone ne
potenzierebbe l'effetto, consentendo l'uso di minori dosaggi.
Ricorrenze.
L'EC autoimmunitaria ricorre nel 50-90% dei casi dopo sospensione del trattamento corticosteroideo, anche se prolungato per anni; nella maggioranza dei casi la ricorrenza si verifica pochi mesi dopo la cessazione della terapia.
Prognosi.
La prognosi è abbastanza buona; circa la metà dei pazienti adulti sopravvive 15 anni dal momento della diagnosi.
Per approfondire il tema:
I farmaci più frequentemente ritenuti responsabili di EC sono ossifenisatina, alfa metildopa, nitrofurantoina, dantrolene, isoniazide, propiltiouracile e, probabilmente, anche sulfamidici, aspirina e alotano.
L'incidenza del danno epatico, per ciascun farmaco, è bassa ed è anche molto modesto il numero totale delle epatiti croniche causate da farmaci. Tuttavia di fronte a un paziente con sospetto di EC si deve raccogliere un'accurata anamnesi farmacologica.
Nella maggioranza dei casi nei quali l'EC non è ancora progredita verso la cirrosi epatica, la sospensione del farmaco incriminato conduce a miglioramento clinico o anche a guarigione.
a. Alfa-metildopa. L'incidenza dell'EC da alfa-metildopa è molto bassa; tuttavia,
se non tempestivamente riconosciuta in fase iniziale, essa può evolvere in ECA.
L'epatite compare entro alcune settimane dall'inizio del trattamento e ciò induce
ad attribuire un ruolo patogenetico a una condizione di ipersensibilità. Se il danno
epatico è precocemente riconosciuto il processo infiammatorio regredisce con la
sospensione del farmaco.
b.
Ossifenisatina. Questo lassativo (tolto dal commercio negli Stati Uniti) è ancora adoperato in Europa
e in Sud America, soprattutto dalle donne. L'ossifenisatina può provocare un'epatite
acuta o cronica che ricorda la cosiddetta " epatite lupoide " e che può evolvere
verso la cirrosi qualora la somministrazione venga proseguita dopo l'inizio del
danno epatico. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, con l'interruzione del trattamento
l'epatite si arresta e può anche regredire completamente.
c. Isoniazide. Dopo 2-3 mesi di terapia compare nel 20% dei pazienti trattati con
questo farmaco un danno epatico di lieve entità, con aumento delle aminotrasferasi
e con quadro clinico di modesto rilievo. Tuttavia in circa l'% dei casi si osserva
danno epatico grave e perfino insufficienza epatica fulminante con elevata mortalità.
In genere non compare EC se la somministrazione di isoniazide è interrotta entro
le prime settimane dal suo riconoscimento;ma se il trattamento è proseguito,si instaura
una grave ECA evolvente in cirrosi.
Si ritiene che il danno epatico da isoniazide sia dovuto all'azione di prodotti
intermedi attivi epatotossici del metabolismo dell'isoniazide. Questo farmaco viene
dapprima acetilato e quindi convertito ad acetilfenilidrazina, che ha una potente
azione epatotossica. Alcuni dati inducono a ritenere che gli individui acetilatori
rapidi (in gran parte orientali) siano più predisposti al danno epatico da isoniazide.
Le manifestazioni cliniche dell'epatite da isoniazide non sono specifiche; esse ricordano quelle dell'epatite virale. Sono frequenti astenia, malessere, anoressia, nausea, vomito e fastidio addominale.
L'ittero è presente nel 10% dei casi. Sono rari i segni e i sintomi di ipersensibilità, come rash cutanei, linfadenopatia, artralgie, artriti.
I pazienti di età più avanzata, specialmente se donne, presentano una maggiore predisposizione all'epatite da isoniazide che, invece, è rara al di sotto dei 20 anni di età.
Il rischio aumenta allo 0,5% negli individui tra 20 e 35 anni, all'1,5% in quelli tra 35 e 50 anni e al 3% oltre i 50 anni di età. L'etanolo e i farmaci che inducono il sistema enzimatico dal citocromo P450 (come la rifampicina) accrescono la suscettibilità al danno epatico da isoniazide. Il proseguimento della somministrazione del farmaco dopo la comparsa dei primi sintomi accresce la gravità dell'epatite. è, dunque, essenziale sospendere la terapia nei pazienti sintomatici immediatamente dopo i primi 7-15 giorni.
Trattamento.
Non esiste una terapia specifica per l'epatite da isoniazide al di là dell'immediata
sospensione del farmaco. è necessario un trattamento generale di sostegno. Nessun
vantaggio si ricava dai corticosteroidi.
Per approfondire il tema >> La cirrosi biliare primitiva
è questa una delle forme più frequenti di epatopatia cronica non etilica di etiologia sconosciuta.
La CBP è caratterizzata da infiammazione e distruzione dei dotti biliari intraepatici di medio calibro con evoluzione verso la colestasi cronica e la cirrosi epatica.
Alcuni pazienti presentano un quadro clinico
che ricorda quello dell'epatite cronica autoimmune o "epatite lupoide ", facendo ritenere che la CBP possa rappresentare
un'entità nosologica nell'ambito delle epatiti croniche autoimmunitarie.
La CBP è essenzialmente una malattia delle donne di età media (oltre il 90% dei
casi); non è stata mai osservata in bambini. L'età di comparsa si situa tra i 20
e gli 80 anni, in media a 50 anni; colpisce individui di
tutte le razze e di tutte le classi sociali e non è associata a noti aplotipi HLA.
Quadro clinico.
Nel 50-60% dei casi la malattia insorge insidiosamente con astenia e prurito. Di solito l'ittero segue di mesi o di anni. Nel 25% dei pazienti l'ittero può rappresentare il sintomo principale. Possono anche manifestarsi pigmentazione cutanea, irsutismo, anoressia, diarrea e dimagrimento.
Meno frequentemente questi malati possono presentarsi all'inizio con una delle complicazioni della CBP, come ipertensione portale, emorragie da rottura di varici esofagee o ascite; altre volte la diagnosi viene posta nel corso di una valutazione di una coesistente connettivite, come sindrome di Sjògren, sclerodermia o sindrome CREST, lupus eri-tematoso sistemico, tiroidite o anche nel corso di esami di screening.
In realtà, oltre il 50% dei pazienti sono del tutto asintomatici al momento della diagnosi.
I reperti obiettivi sono variabili, dipendendo dall'estensione delle lesioni. Possono osservarsi epatomegalia, splenomegalia, nevi angiomatosi " a ragno ", eritema palmare, iperpigmentazione, irsutismo e xantomi.
Parametri biochimici.
Di solito la fosfatasi alcalina del siero è marcatamente elevata (da 2 a 20 volte i valori normali).
Le aminotrasferasi sieriche sono di poco aumentate. In genere la bilirubinemia aumenta con il progredire della malattia, costituendo un valido indice prognostico. Nella maggioranza dei casisi osserva aumento della concentrazione sierica di colesterolo e trigliceridi, che si associa a deposizione di lipidi nella cute delle regioni orbitali e in altre sedi (xantomi).
è nettamente aumentato il livello sierico delle IgM (da 4 a 5 volte i valori normali),
mentre, di solito, IgA e IgG sono normali. Possono essere messi in evidenza immunocomplessi
circolanti. E' anche spesso aumentata la velocità di eritrosedimentazione.
Caratteristica sierologica fondamentale della CBP è la presenza di anticorpi antimitocondriali
che si rinvengono in oltre il 90% dei casi, per lo più ad alto titolo. In alcuni
pazienti possono essere presenti altri autoanticorpi, come ANA, fattore reumatoide,
anticorpi antitiroidei.
c. Quadro istologico.
è caratterizzato da graduale distruzione dei dotti biliari con una reazione infiammatoria linfo-plasmacellulare che porta a progressiva colestasi, scomparsa dei dotti biliari, fibrosi portale e, infine, cirrosi epatica.
La malattia può essere divisa istologicamente in 4 stadi con gravità progressiva; tuttavia, poiché il processo infiammatorio non è uniformemente distribuito in tutto il fegato e le alterazioni tipiche di ciascuno stadio possono essere osservate in uno stesso campione bioptico, è a volte difficile seguire il corso del processo morboso o controllare l'efficacia del trattamento. Nella CBP è presente accumulo di rame nel parenchima epatico a causa della colestasi cronica.
La cupremia può essere più elevata di quanto
si osserva nella malattia di Wilson.
La diagnosi di CBP non presenta difficoltà nelle donne di età media con prurito,
aumento della fosfatasi alcalina e presenza di anticorpi antimitocondriali nel siero.
Il quadro istobioptico del fegato confermerà la diagnosi. Tuttavia, quando il quadro
clinico e bioumorale è atipico (come in assenza di anticorpi antimitocondriali)
allora è necessario escludere altre possibilità.
La diagnosi differenziale comprende le
ostruzioni delle vie biliari extraepatiche,
la colangite sclerosante primitiva, l'epatite cronica
attiva e l'epatite virale a impronta colestatica.
L'anatomia delle vie biliari intra-
ed extraepatiche può essere dimostrata dalla
ERCP al fine di escludere
la colestasi extraepatica.
La prognosi nei pazienti asintomatici è migliore rispetto ai pazienti sintomatici;
sono descritti casi di prolungata sopravvivenza con lenta progressione del processo
morboso e del quadro clinico. La sopravvivenza media dal momento della diagnosi
è di almeno 10 anni.
può dividersi in:
1. Controllo dei sintomi
a. Prurito: è il sintomo più fastidioso per il malato. Nella maggioranza dei casi
la causa non è conosciuta: può essere in rapporto a ritenzione di acidi biliari
nella cute oppure, in via alternativa, può riconoscere
una genesi immunitaria.
(1) Colestiramina. La colestiramina per via orale è il trattamento di scelta. Questo
farmaco, fissando gli acidi biliari e rimuovendoli dall'intestino, ne interrompe
il circolo extraepatico riducendone, quindi, il livello pla-smatico. Il dosaggio
usuale è di 4 g prima e 4g dopo la colazione. In molti pazienti sono necessari altri
8g al pasto serale. La colestiramina riduce l'assorbimento delle vitamine A, D,
E e K e, pertanto, può provocare osteo-malacia e ipoprotrombinemia.
(2) Fenobarbital. Se la colestiramina è senza effetto sul prurito, può essere utile
il fenobarbital alla dose di 60 mg la sera; questo dosaggio può essere aumentato
fino a 180 mg.
(3) Terfenadina.In alcuni pazienti possono essere utili i farmaci bloccanti i recettori
H, per l'istamina, come la terfenadina. In alcune casistiche è risultata utile l'azatioprina.
(4) Nei pazienti che non rispondono possono essere adoperati idrossi-etil-rutoside
oppure lozioni contenenti fenolo, mentolo e canfora. Anche gli steroidi androgeni
sono stati adoperati con successo in alcuni malati, maquesti ormoni non sono scevri
da effetti collaterali dannosi. La fototerapia con raggi ultravioletti (9-12 min
al giorno) può attenuare il prurito e ridurre la pigmentazione cutanea, almeno temporaneamente,
soprattutto nelle prime fasi di malattia,
Xantomi e xantelasmi compaiono con maggiore probabilità quando la lipemia totale
supera 1800 mg/dL. La colestiramina (12-16g pro die) è il trattamento di scelta.
Anche i corticosteroidi, il fenobarbital e la plasmaferesi possono favorire la regressione
dei depositi lipidici. Inoltre ripetute plasmaferesi possono risolvere la sintomatologia
causata dalla neuropatia xantomatosa. Nel trattamento dell'ipercolesterolemia della
CBP è controindicato il clofibrato.
Litiasi biliare. Nella CBP
è aumentata l'incidenza di litiasi biliare (40% dei casi). Questa complicanza può
essere efficacemente trattata chirurgicamente o mediante sfinterotomia perendoscopica.
La malnutrizione dei pazienti con CBP riconosce molteplici fattori patogenetici.
Il progressivo danneggiamento dei dotti biliari riduce la concentrazione di acidi
biliari nell'intestino tenue, la formazione di micelle e l'assorbimento lipidico.
è anche aumentata l'incidenza della malattia celiaca e ciò aggrava il malassorbimento.
Può anche essere presente insufficienza pancreatica esocrina. A questi malati possono
essere somministrati trigliceridi a catena media, che non richiedono la formazione
di micelle per essere assorbiti; questi trigliceridi possono rappresentare il 60%
dell'apporto lipidico alimentare complessivo.
I pazienti con CBP debbono essere controllati ripetutamente per riconoscere la comparsa
di carenza di vitamine liposolubili (A, D, E, K).
è necessario somministrare vitamina A (25.000-50.000 unità prò die) per prevenire
l'emeralopia, controllando la carotinemia ed evitare effetti tossici da ipervitaminosi.
In alcuni pazienti possono rendersi utili supplementi di zinco per migliorare l'adattamento
visivo all'oscurità. è anche frequente il deficit di vitamina E; pur tuttavia non
è necessario ricorrere a supplementi di questa vitamina. La carenza di vitamina
K e la conseguente ipotrombinemia debbono essere controllate con ripetute misure
del tempo di protrombina. Di solito è sufficiente somministrare vitamina K per via
orale per correggere questo deficit, a meno che non si sia instaurato un danno epatocellulare,
nel qual caso si deve ricorrere alla somministrazione per via parenterale.
Osteodistrofia epatica. Questa complicanza della CBP consiste in osteoporosi e osteomalacia
con iperparatiroidismo secondario. Il malassorbimento lipidico e la steatorrea interferiscono
con l'assorbimento del calcio sia attraverso il malassorbimento di vitamina D sia
per la perdita di calcio con gli acidi grassi a catena lunga non assorbiti. Il deficit
di vitamina D può essere corretto con dosi da 400 a 4.000 unità prò die per via
orale. Poiché nella CBP l'idrossilazione epatica e renale della vitamina D rimane
intatta, non è necessaria la somministrazione dei preparati di vitamina D idrossilata.
Per la correzione dell'osteoporosi le pazienti in periodo postmenopausa debbono
ricevere supplementi di calcio insieme alla vitamina D.
Anche se l'etiologia della CBP è ignota, pur tuttavia si ritiene concordemente che si tratti di una malattia autoimmunitaria; sono state, infatti, dimostrate alterazioni sia dell'immunità cellulare che di quella umorale; inoltre, contemporaneamente alla colestasi cronica, vi è deposizione intraparenchimale di rame e progressiva fibrosi epatica. Pertanto, allo scopo di trattare il danno epatico della CBP, la scelta cade sui farmaci che sono in grado di stimolare o di deprimere le risposte immunitarie, di chelare il rame e di ridurre la formazione di collageno. Corticosteroidi, ciclosporina, azatioprina, clorambucil, D-penicillamina, trietilen-tetramina dicloruro e solfato di zinco sono stati adoperati in ricerche controllate sul trattamento della CBP. Non sono stati ottemiti risultati chiaramente favorevoli con alcuno di questi farmaci. Più recentemente è stato rilevato che la colchicina, somministrata alla dose di 1 mg prò die per 18 mesi, ha consentito di ottenere un miglioramento di bilirubinemia, albuminemia e globulinemia, senza peraltro influenzare il metabolismo del rame e il livello sierico di immunocomplessi. è stato anche osservato che la colchicina è in grado di influenzare favorevolmente la fibrosi epatica, per la sua azione inibitrice della collagenogenesi. Trapianto di fegato. Dal 1980 il trapianto di fegato è stato eseguito con successo in alcuni pazienti con CBP; pur tuttavia la mortalità è ancora elevata (20-40%). Questa tecnica è riservata ai malati con danno epatico in fase avanzata nei quali è fallito ogni tentativo di terapia medica.
cfr le malattie del fegato