appunti del dott. Claudio Italiano
Chiaramente le informazioni qui contenute rappresentano una lettura: nessuno può sostituirsi al vostro medico, perchè la cura per il cuore è un argomento pericoloso e delicato. Se i farmaci sono dosati poco o male correte il rischio di gravi complicanza. Un consiglio pratico consiste nel controllare sempre la vostra pressione sanguigna e, soprattutto, di dosare gli elettroliti, sodio e potassio, e di controllare la funzione renale.
I diuretici non dovrebbero essere usati da soli (anche se i sintomi di SC sono controllati), ma dovrebbero essere impiegati in combinazione con altri farmaci, quali, se non controindicati e tollerati, gli ACE-I, la digossina e i beta-bloccanti (Consensus Recommendations for the Management of Chronic Heart Failure, 1999) ed i buoni e cari anti-aldosteronici, per es. il canrenoato o luvion. Se leggete questa pagina, vuol dire che il vostro cardiologo non vi segue per come dovrebbe. Infatti vi trovate le gambe gonfie, vi manca l'aria, non riuscite a calzare le vecchie scarpe eleganti e quando vi coricate vi servono i cuscini.
La notte poi è una pena: vi alzate con affanno per urinare. Vediamo come attuare una buona
cura. I diuretici, infatti, inducono una possibile ulteriore attivazione del sistema renina angiotensiva
aldosterone (RAA), che può attenuarne l'efficacia. Per questo sono sconsigliati
in monoterapia e vanno impiegati insieme a farmaci che possono controbilanciarne
gli effetti negativi di stimolazione neuro-ormonale. Nella terapia iniziale possono
essere adottate le seguenti indicazioni generali, con alcune precauzioni:
Diuretici dell'ansa: per i loro effetti costituiscono gli agenti preferiti
nella terapia dello SC; furosemide, torasemide, piretanide e bumetanide sono quelli
più frequentemente impiegati nel trattamento dei pazienti con insufficienza cardiaca.
Nello SC cronico la posologia iniziale della furosemide è di 25-50 mg/die per os, con dosaggio incrementato fino ad un aumento della diuresi efficace a ridurre il peso di almeno 0,5-1 kg/die. Poiché l'emivita dei diuretici dell'ansa (tranne la torasemide) è breve (1,5-2 ore per la furosemide, 1 ora per la bumetanide) (diuretici short-acting), sono necessarie spesso più dosi giornaliere: se non coesiste insufficienza renale vanno somministrati almeno tre volte al giorno. Il problema è che nei casi più gravi, il dosaggio della furosemide viene incrementato: generalmente il paziente assume 1/4 di cpr di furosemide da 500 mg/bid. In questo caso il rischio di una severa iponatremia è molto facile. Il paziente si presenta in coma, come se avesse avuto un ictus, con valori di natremia di 105 mmol/L. Questa evenienza è molto frequente in ospedale. La torasemide, che possiede un maggior potenziale diuretico intrinseco (circa il doppio-triplo), una biodisponibilità maggiore (oltre l'80% per os) ed un'emivita più lunga rispetto alla furosemide, sembra in grado, secondo studi randomizzati, di ridurre le ospedalizzazioni, gli eventi cardio-vascolari (Noe et al.) e i costi (Stroupe et al.) nello SC. L'efficacia della torasemide si associa ad una sicurezza d'impiego, particolarmente sul profilo metabolico ed elettrolitico (Argenziano et al.). La torasemide è considerata dalle Practice Guidelines dell'ACC/AHA 2001 tra i farmaci "comunemente impiegati" nel trattamento dello scom-penso cardiaco cronico. Alcuni pazienti con insufficienza renale rispondono meglio alla torasemide rispetto alla furosemide per il migliore assorbimento (Risler et al, 1994). Da uno studio prospettico emergerebbe un minor rischio di peggioramento dello SC nei pa-zienti trattati con torasemide rispetto alla furosemide (Murray et al, 1999), ma la questione resta controversa (ACC/AHA, 2001). L'acido etacrinico dovrebbe essere invece riservato ai pazienti che non tollerano i derivati sulfonamidici.
Edemi declivi imponenti (notare i piedi gonfi)
in anziana paziente con scompenso
cardiaco in classe NYHA 3-4
Diuretici tiazidici: sono solitamente utili come singolo farmaco diuretico
nel trattamento della ritenzione idrica soltanto nei pazienti con insufficienza
cardiaca lieve, poiché il loro sito di azione a livello del nefrone distale consente
che si realizzino dei rapidi aggiustamenti intrarenali dell'assorbimento di acqua
e soluti a livello degli altri segmenti più prossimali del nefrone. I diuretici
tiazidici sono meno efficaci nei pazienti con moderata insufficienza renale (velocifà
di filtrazione glomerulare minore di 30 ml/minuto) e in questi casi i tiazidici
non andrebbero impiegati, se non in associazione con diure-tici dell'ansa, con cui
presentano un vero sinergismo, determinando una natriuresi maggiore della somma
di quella data da ciascuna classe di farmaci. Questa proprietà è utile nel trattamento
della resistenza ai diuretici. Il metolazone è un diuretico benzotiazidico (tiazido-simile)
gravato da cospicui effetti collaterali (quali una spic-cata deplezione di elettroliti
e alcalosi metabolica) che andrebbe riservato ai casi di scompenso refrattario una-due
volte alla settima-na, con controllo senato degli elettroliti sierici.
Diuretici risparmiatori di potassio: non sono efficaci quando usati singolarmente
nel trattamento dell'insufficienza cardiaca. Tuttavia sono utili nel limitare la
perdita di potassio e magnesio in associazione con i diuretici dell'ansa. I diuretici
risparmiatori di potassio devono essere somministrati con cautela nei pazienti che
ricevono farmaci che antagonizzano il sistema renina-angiotensina-aldostero-ne (RAAS)
come gli ACE-inibitori, che aumentano la concentrazio-ne plasmática di potassio.
Anche gli antagonisti beta-adrenergici e i farmaci anti-infiammatori non steroidei
(FANS) possono indurre iperpotassiemia nei pazienti che ricevono diuretici risparmiatori
di potassio. L'impiego di diuretici risparmiatori di potassio (triamterene, amiloride,
spironolattone) è utile in associazione ai tiazidici perprevenire l'ipokaliemia
(i supplementi di potassio per os sono solita-mente inefficaci). E opportuno iniziare
con bassi dosaggi nella prima settimana. L'associazione con ACE-I richiede uno stretto
controllo della potassiemia.
La posologia dei diuretici di più frequente impiego, insieme alla durata d'azione
e ai principali effetti collaterali.
Somministrazione in infusione continua dei diuretici dell'ansa
Nei pazienti ospedalizzati con edema refrattario una strategia terapeutica alternativa
alla somministrazione a dosi intermittenti è rappresen-tata dall'infusione continua
endovena della dose totale giornaliera di diuretico dell'ansa (Rudy et al, 1991;
Van Meyel et al, 1994). Questa modalità di trattamento, che determina una natriuresi
costante grazie alla persistenza di alte concentrazioni di diuretico nel lume del
tubulo renale, evita i rischi di una potenziale ototossicità, che può verificarsi
per picchi ematici intermittenti da boli ripetuti. Nel caso d'impiego della furosemide,
solitamente s'inizia con una dose carico di 20-40 mg in bolo, seguita da infusione
costante endovena di 1-5 mg/h. La dose carico è finalizzata a ottenere nel più breve
tempo possibile una con-centrazione plasmática efficace. Se non si ottiene una risposta
adeguata, la dose carico deve essere ripetuta, con somministrazione di ulteriori
boli prima di ogni successivo incremento della velocità d'infusione del diuretico.
Nella Tabella 3 viene riportato uno schema di infusione endovenosa dei diuretici
dell'ansa.
I diuretici dell'ansa somministrati singolarmente sono generalmente efficaci nell'insufficienza
cardiaca congestizia di grado avanzato e la massima risposta natriuretica in acuto
è raggiunta in breve tempo. Ciò nonostante, come in assenza d'insufficienza cardiaca,
alcuni meccani-smi compensatori possono limitare la risposta diuretica del paziente
alla successiva dose di diuretico. Queste variazioni sono il risultato di alterazioni
dell'emodinamica intrarenale indotte dagli stessi diuretici[ : me risultato di un
feedback tubulo-glomerulare e di un'aumentata attività del sistema nervoso simpatico
(adattamento ai diuretici). Si definisce resistenza ai diuretici nel paziente con
SC congestizio-edematoso la condizione clinica nella quale la risposta diuretica
è ridotta o perduta prima che l'obiettivo terapeutico (riduzione-risoluzione - edema)
sia raggiunto.
Le cause più frequenti di resistenza ai diuretici sono (Kramer et al.):
insufficienza renale funzionale (pre-renale) da qualsiasi causa, ma anche
per la stessa riduzione della portata cardiaca (e conseguentemente renale), in relazione
alla diminuita contrattilità miocardica;
iponatremia e ipovolemia da diuretici, che inducono attivazione del sistema RAA,
con vasocostrizione da angiotensina e riduzione della portata renale;
ritenzione sodica causata da meccanismi controregolatori per ristabilire il volume
effettivo arterioso;
resistenza agli effetti del Peptide Natriuretico Atriale (con conse-guente maggior
riassorbimento del sodio nel dotto collettore e mino-re inibizione del sistema RAA);
aumentata attività adrenergica, con aumento delle catecolamine cir-colanti e vasocostrizione
con riduzione del flusso renale;
alterata farmacocinetica dei diuretici, per riduzione dell'assorbimen-to intestinale
da congestione mesenterica ed edema della mucosa: anche nei soggetti normali vi
è una grande variabilità nell'assorbimento di una dose orale di furosemide (assorbita
normalmente al 50%, ma con range di variazioni individuali dal 10 al 100%); tale
problema non esiste invece per torasemide e bumetanide, che pre-sentano un assorbimento
per os dell'80-100%.
L'impiego cronico di diuretici stimola il sistema renina-angiotensina-aldosterone
(RAAS), con modificazioni morfofunzionali del nefrone e risposte adattative neurormonali
controproducenti, quali l'aumento dell'attività reninica plasmática e la stimolazione
simpatica, che aumen-tando l'afterload, possono condurre a una peggior prognosi
dei pazien-ti (David, 2001).
I rischi del trattamento diuretico dello SC sono schematicamente riconducibili ai
seguenti (Consensus Recommendations for the Mana-gement of Chronic Heart Failure,
1999).
Ipovolemia e ipotensione: va sospettata in ogni caso di modificazioni posturali
della pressione arteriosa, di spianamento delle vene giugulari e di peggioramento
rapido e progressivo della funzione renale. La presenza di un'ipotensione arteriosa
va sistematicamente ricercata in corso di terapia diuretica nello scompenso cardiaco,
particolarmente negli anziani e nei pazienti con SC da disfunzione diastolica (spesso
anziani); in questi pazienti è pertanto necessario controllare in manie-ra specifica:
- l'esistenza di ipotensione ortostatica;
- l'esistenza di ipotensione post-prandiale.
- L'ipotensione ortostatica generalmente risponde alla riduzione/sospensione,
se possibile, della terapia diuretica o dei vasodilatatori.
L'ipovolemia associata a ipotensione <80 mmHg può, a volte, richiedere l'infusione
cauta e con stretta sorveglianza emodinamica del paziente di soluzione salina 500-1000
mi, con l'obiettivo di far risalire la PAS fino a 100 mmHg in breve tempo.
Iperazotemia e insufficienza renale, secondarie all'ipovolemia, posso-no ulteriormente
peggiorare, insieme all'ipotensione, lo SC; l'iperazotemia indotta da diuretici
è generalmente moderata e reversibile dopo la sospensione dei farmaci, ma in taluni
casi una terapia diure-tica intensiva comportante una perdita di peso > a 2 kg può,
particolarmente nei pazienti con funzione renale già compromessa, determinare un
grave deterioramento della funzione renale con aumenta-ta mortalità (Weinfeld et
al.).
Deplezione di elettroliti (potassio e magnesio): è correlata all'aumen-tata distribuzione
di sodio nei tubuli distali e allo scambio del sodio con altri cationi; tale processo
è potenziato dall'attivazione del siste-ma RAA, fenomeno frequente nell'insufficienza
cardiaca. La deplezione elettrolitica è maggiore in caso di associazione di diuretico
dell'ansa con tiazidici. L'ipopotassiemia può essere trattata con il concomitante
uso di farmaci che inibiscono il rilascio di aldosterone (ACE-I) o ne prevengono
il legame recettoriale (spironolattone e altri antialdosteronici) o ne riducono
la perdita di potassio a livello del nefrone distale (amiloride).
Raccomandazione
-I pazienti in terapia diuretica dovrebbero essere sottoposti ad un controllo
della potassiemia frequentemente, in particolare:
- all'inizio della terapia;
- durante la titolazione;
- contestualmente a qualsiasi variazione della terapia diuretica.
La potassiemia è un indicatore impreciso delle riserve di potassio totale corporeo
(pazienti con potassiemia normale possono avere ridotti livelli di potassio corporeo);
nei pazienti a rischio elevato può essere utile valutare anche l'escrezione urinaria
nelle 24 ore di potassio.
Tutti i pazienti che presentano una potassiemia <3,5 mEq/1 dovrebbero, se già
trattati con ACE-I, ricevere diuretici risparmiatori di potassio.
Anche se l'efficacia di supplementi orali di potassio è stata messa in discussione
(Società Europea di Cardiologia, 1997), ne viene raccoman-data la somministrazione
in quantità di 20 e 40-100 mEq/die rispettivamente per la sua prevenzione o il suo
trattamento (Cohn et al.).
La deplezione di potassio si accompagna frequentemente a quella di magnesio, che
va contestualmente controllato, specialmente se si usano dosi elevate di diuretici.
Attivazione neuroormonale: particolarmente del sistema renina-angio-tensina-aldosterone,
con conseguenze negative sull'ulteriore progressione dell'insufficienza cardiaca
e possibile refrattarietà ai diuretici; tale effetto sembra più accentuato per i
diuretici " short-acting" (furo-semide) rispetto a quelli ad azione più prolungata
(Tomiyama).
Alcalosi metabolica: di solito correlata ad ipocloremia, può dipende-re anche
da un aumentato scambio Na+/H+ sia per aumentata dispo-nibilità di sodio a livello
del tubulo collettore che per aumentata secrezione di aldosterone a livello del
tubulo distale. Più spesso di grado moderato, a volte può essere severa; si manifesta
con alcuni diuretici, quali quelli dell'ansa o il metolazone.
Altri effetti metabolici: iperglicemia, resistenza e ridotta secrezione insulinica,
stati iperosmolari non cheto-acidotici.
Carenza di vitamine idrosolubili: la carenza di tiamina e di acido ascorbico può
aggravare l'edema refrattario nello scompenso cardiaco, rendendone la gestione terapeutica
più problematica (Constant).