Rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo della malattia aterosclerotica in generale e per le coronaropatie in particolare. Il colesterolo veicolato dalle lipoproteine a bassa densità, comunemente detto colesterolo LDL costituisce la sola frazione aterogena del colesterolo totale.
Il controllo del colesterolo LDL costituisce
l'obiettivo della terapia di tutti i pazienti affetti da coronaropatie. Non va considerato
sempre valido il suo semplice calcolo mediante la nota formula:
Colesterolo LDL = colest. tot. - colest. HDL - trigliceridi/5
Infatti questa formula è attendibile solo per valori di trigliceridi non elevati.
Mentre in caso di significativa ipertrigliceridemia anche in presenza di ipercolesterolemia
il colesterololo LDL risulta abnormemente basso. Se possibile va quindi sempre data
la preferenza al dosaggio strumentale del colesterolo LDL. In alternativa, in pazienti
con moderata o severa ipertrigliceridemia può essere effettuato il calcolo del colesterolo
non-HDL semplificando la formula precedente:
Colesterolo non-HDL = colest. tot. - colest. HDL
Quando si utilizza come parametro il colesterolo non-HDL (in luogo del colesterolo LDL), i suoi livelli obiettivo corrispondono a quelli previsti per il colesterolo LDL. aumentati di 30 mg/dL (es. se nei pazienti con cardiopatia ischemica il livello obiettivo di colesterolo LDL è 100 mg/dL, l'obiettivo di colesterolo non-HDL sarà 130 mg/dL). Un altro parametro utile per valutare il rischio cardiovascolare è costituito dal semplice rapporto colesterolo totale/ colesterolo HDL.
Tale rapporto considerato da diversi autori come un indicatore del rischio coronarico correlato ai lipidi, mette in risalto il significato primario che riveste il divisore cioè colesterolo HDL nel determinare tale rischio (il rischio aumenta con incremento di tale rapporto), lui me un parametro aggiuntivo talvolta utile è costituito dal dosaggio delle apo-lipoproteine B che contengono particelle diverse da quelle contenute nelle LDL e che svolgono un ruolo significativo nell'aterogenesi specie dei pazienti con ipertrigliceridemia. Per i pazienti affetti da coronaropatie (particolarmente nel postinfarto) viene oggi consigliato l'obiettivo di un del colesterolo LDL < 75 mg/dL.
Livelli obiettivo della colesterolemia di cui al National Cholesterol
Education Program ATPI
Colesterolo tot. (mg/dL) - Colesterolo LDL (mg/dL)
Ottimale < 100
Quasi ottimale 100-129
Moderata elevato 200-239 130-159
Elevato 160-189
Molto elevato > 190
In assenza di fattori di rischio cardiovascolare
Esami utili: colesterolemia totale, colesterolemia LDL, colesterolemia HDL, trigliceridemia. Il lipidogramma non viene più ritenuto di significativa utilità. Data la notevole variabilità legata prevalentemente a fattori dietetici, sia il colesterolo HDL che i trigliceridi devono essere valutati come media di almeno 2 determinazioni e se i rispettivi valori differiscono di oltre il 10% come media di 3 determinazioni.
L'ipertrigliceridemia lieve o moderata con normali valori di colesterolo LDL
e in assenza di altri fattori di rischio non incrementa significativamente il rischio
cardiovascolare e pertanto richiede solo una correzione delle abitudini dietetiche
ed un'incremento dell'attività fisica.
Valori i trigliceridemia > 500 mg/dL incrementano significativamente il rischio
di pancreatite acuta e devono pertanto essere ridotti con correzione delle abitudini
dietetiche, incremento dell'attività fisica ed eventualmente col trattamento farmacologico.
In generale la trigliceridemia elevata diventa un significativo fattore di rischio
cardiovascolare quando è associata ad ipercolesterolemia o ad obesità viscerale
. Valori di trigliceridemia > 200 mg/dL quando associati a colesterolemia > 240
mg/dL sono associati a raddoppiamento del rischio cardiovascolare.
Valori normali < 200 mg/dL
Modica elevazione 200-400 mg/dL
Valori elevati > 400 mg/dL
Le misure igienico-dietetiche costituiscono il primo trattamento salvo condizioni
di grave dislipidemia. Solo quando si siano dimostrate inefficaci, dopo un periodo
di almeno 3 mesi, è giustificato il passaggio al trattamento farmacologico.
Restrizione calorica nei soggetti in sovrappeso.
Apporto dietetico di colesterolo inferiore a 300 mg/die (la colesterolemia aumenta
di circa 12 mg/100 mL per ogni 100 mg di colesterolo alimentare/die).
Aumentare l'apporto di acidi grassi polinsaturi dando la preferenza ai cis-monoinsaturi
come l'olio di oliva piuttosto che ai trans-monoinsaturi come la margarina.
Restrizione dei grassi alimentari: in particolare ridurre l'apporto di carne di
maiale, salumi (ad eccezione del prosciutto magro), frutti di mare, anguille, uova,
formaggi grassi e fermentati, burro, lardo, margarine, frutta secca e candita).
Restrizione glucidica, privilegiando i carboidrati complessi quali gli amidi.
Dieta costituita per meno del 30% dai grassi, per il 42% da carboidrati e per
il 28% da proteine.
Restrizione o abolizione delle bevande alcoliche soprattutto se è presente ipertrigliceridemia.
Incrementare il consumo di fibre vegetali indigeribili che hanno qualche effetto
ipocolesterolemizzante.
Consigliare l'effettuazione di una regolare attività fisica di almeno 30 minuti
al giorno; un programma di allenamento regolare e sistematico per intensità durata
e frequenza deve avere la stessa dignità della terapia farmacologica.
Il trattamento farmacologico va intrapreso nei casi in cui la dieta e la normalizzazione
del peso corporeo non siano riuscite a regolarizzare i livelli colesterolemici.
In assenza di altri fattori di rischio cardiovascolare quali diabete, ipertensione,
fumo (> 10 sigarette), obesità (> 130% del peso ideale), storia familiare di eventi
coronarici, basso colesterolo veicolato dalle lipoproteine ad alta densità (colesterolo
HDL <35 mg/dL), una elevazione modesta del colesterolo LDL (>160 mg/dL) può anche
continuare ad essere trattata solo con dieta.
Invece in presenza di uno o più dei suddetti fattori di rischio oppure in pazienti
con coronaropatie o cerebrovasculopatie va sempre effettuato un trattamento. Come
già detto per i pazienti affetti da coronaropatie (particolarmente nel postinfarto)
viene oggi consigliato l'obiettivo di un colesterolo LDL <75 mg/dL. In queste situazioni
di rischio elevato il trattamento può essere effettuato, anche in età avanzata pur
con una valutazione delle problematiche legate all'uso di questi farmaci nell'anziano.
Attualmente non è consigliato il trattamento farmacologico finalizzato ad innalzare
eventuali bassi livelli di colesterolo HDL. Del tutto recentemente è stato dimostrato
in diversi trial che in pazienti con coronaropatie e valori di colesterolo LDL normali
si ottiene una riduzione del 20-40% degli eventi coronarici, qualora si riesca ad
ottenere con il trattamento mediante statine una ulteriore riduzione dei livelli
iniziali di colesterolo LDL: la riduzione del rischio è simile indipendentemente
dai valori iniziali di colesterolo LDL.
Ai fini della prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari, prima di impostare
una terapia che modifichi i lipidi è necesario valutare tutto il rischio cardiovascolare
del paziente in modo da ottimizzare il trattamento di tutti i fattori di rischio
(vedi alla voce Prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari).
Tutti i pazienti in cui, per elevazione del colesterolo LDL, il rischio di malattia
coronarica sia tale da richiedere un trattamento farmacologico, devono essere sottoposti
a trattamento antiaggregante con acido acetilsalicilico (Cardioaspirin 100) alla
dose raccomandata di 75-100 mg/die. Per i pazienti intolleranti all'acido acetilsalicilico
viene oggi consigliato il clopidogrel (Plavix cpr 75 mg) o in alternativa la ticlopidina
(Tiklid cpr 250 mg).
(inibitori deidrossi-metilglutaril coenzima A reduttasi). Sono oggi considerate di prima scelta nel trattamento farmacologico dell'ipercolesterolemia. Recenti trial hanno inoltre documentato alcuni effetti imprevisti delle statine allargandone di molto le indicazioni. Tali effetti detti pleiotro-pici si esplicano sul sistema cardiovascolare con un'attività antinfiammato ria, un'attività protettiva sull'endotelio, una riduzione dello stress ossidativo delle cellule e un'attività anticoagulante. Le statine hanno dunque un'azione antischemica diretta che compare rapidamente (per stabilizzazione della placca complicata o effetto antitrombotico diretto) e che è relativamente indipendente dal loro effetto sui valori del colesterolo (efficacia anche in pre senza di colesterolemia normale).
Simvastatina (Zocor cpr 20 e 40 mg). Pos: 20 mg la sera. La dose può essere
incrementata a 40 mg dopo 4 settimanale di trattamento fino a 40-60 mg in monodose
(dose massima 80 mg). Rappresenta la statina di primo approccio più ampiamente studiata
ed usata. Nei pazienti politrattati potrebbe presentare delle interferenze. In presenza
potenziali interferenze farmacologiche
Pravastatina (Pravaselect cpr 20 mg). Pos: 10-20 mg/die la sera. La dose
può essere incrementata fino a 40 mg/die;
oppure
Fluvastatina (Lescol cpr 20 e 40 mg). Pos 40 mg la sera; oppure
Lovastatina (Lovinacor cpr 10, 20 e 40 mg). Pos: 10 mg/die. La dose può essere
incrementata dopo almeno 4 settimane di terapia. Usata da molti anni in altri Paesi
ma presente da poco nella farmacopea italiana. Presenta anche una significativa
attività di riduzione anche dei livelli dei trgliceridi.
Nei pazienti con ipercolesterolemia non adeguatamente controllata da un trattamento
con in farmaci di cui sopra, possono essere usate le statine a più elevata potenza
eventualmente con dosaggi gradualmente aumentati:
atorvastatina (Totalip 10-20-40 mg). Pos: 10 mg/die. La dose può essere incrementata
dopo 4 settimane di terapia di 10 mg per volta fino a 80 mg/die. L'atorvastatina,
rispetto alle altre statine presenta rapidità d'azione, e maggiore capacità di riduzione
dei livelli di colesterolo LDL. Inoltre è capace di ridurre anche i trigliceridi
plasmatici ed ha notevole efficacia antinfiammatoria (diminuzione della proteina
C reattiva) oppure
rosuvastatina (Simestat cpr 10-20 mg): Pos 1 cpr/die. Questa statina possiede al
pari dell'atorvastatina potente azione ipocolesterolemizzante, con efficacia anche
sui trigliceridi ed effetto antinfiammatorio (azione pleiotropica). oppure si può
ricorrere ali 'associazione
ezetimibe/simvastatina (Vytorin cpr 10, 20, 40, 80 mg di simvastatina e 10
mg di ezetimibe). Con questa associazione si ha non solo l'inibizione della sintesi
del colesterolo ad opera della statina ma anche dell'assorbimento intestinale del
medesimo ad opera dell'ezetimibe. In particolare l'ezetimibe localizzandosi nell'orletto
a spazzola dei microvilli intestinali inibisce selettivamente l'assorbimento intestinale
del colesterolo;
L'approccio corretto nel trattamento con statine in prevenzione primaria ne prevede
l'uso solo dopo che la dieta si sia dimostrata inefficace o insufficiente. Invece
in prevenzione secondaria l'uso delle statine è consentito anche a prescindere dai
valori dei lipidi se vi sono fattori di rischio multipli.
Meccanismo d'azione: le statine inibiscono l'enzima 3-idrossi-Beta-metilglutaril-coenzima
A reduttasi che catalizza un passaggio precoce nella sintesi del colesterolo. Conseguentemente
si ha una riduzione del colesterolo LDL fino al 35%. Come già detto, le statine
presentano altri importanti effetti, definiti ple-iotropici, sul sistema cardiovascolare.
Metabolismo ed escrezione: metabolizzate in gran parte dal fegato ed in piccole
quantità sono escrete dai reni.
Controindicazioni: ipersensibilità. Gravidanza, allattamento. Epatopatie attive.
Usare con prudenza in: storia di epatopatie. Alcolismo. Ipotensione. Chirurgia
maggiore. Convulsioni, traumi. Squilibri elettrolitici o endocrini. Al di sotto
dei 18 anni. Donne in età fertile. Miopatie.
Effetti collaterali: stipsi, diarrea, crampi addominali, dispepsia, meteorismo,
alterazione del gusto, epatite, incremento degli enzimi epatici. Insufficienza renale,
impotenza. Esantema, prurito. Crampi muscolari, mialgia, miopatia. La rabdomiolisi
rappresenta l'effetto collaterale più severo delle statine ed è più frequente in
soggetti anziani specie se con deficit di funzione renale nonché in ipotiroidei.
Le statine con maggiore biodisponibilità (simvastatina 5%, atorvasatina 12%, pravastatina
17%, fluvastatina 24%), sembrano correlate ad un più elvato rischio di rabdomiolisi.
Interazioni: effetto additivo sul colesterolo se associate a colestiramina. Aumento
del rischio di miopatia o rabdomiolisi con eritromicina, gemfibrozil, fibrati o
ciclosporina.
Test di laboratorio: colesterolo e trigliceridi vanno misurati prima e durante il
trattamento. Test di funzione epatica e CPK. Se le AST aumentano di tre volte la
norma, il farmaco deve essere sospeso. Se compare mialgia o se si ha un incremento
della CPK maggiore di 2 volte i valori normali, la terapia deve essere sospesa.
2. Colestiramina (Questran bust 4 g). Pos: 1 busta 3-6 volte al giorno sciolta
in una bevanda.
Indicazioni: riduzione del prurito associato con elevati livelli di acidi biliari.
In associazione nel trattamento dell'ipercolesterolemia primaria. Meccanismo d'azione:
si lega agli acidi biliari nel tratto gastrointestinale formando un complesso insolubile.
Di conseguenza si ha una aumentata clearance del colesterolo. Distribuzione: rimane
nel tubo intestinale.
Metabolismo ed escrezione: dopo il legame con gli acidi biliari il complesso insolubile
viene eliminato con le feci.
Controindicazioni: ipersensibilità. Ostruzione biliare completa. Ipersensibiità
al glicole propilenico o all'aspartame. Fenilchetonuria. Usare con prudenza in:
storia di stipsi (possibile aggravamento). Altri farmaci per os (può ridurne l'assorbimento).
Effetti collaterali: irritazione della lingua, nausea, vomito, stipsi, steatorrea,
irritazione perianale, flatulenza, dolenzie addominali. Esantema, acidosi ipercloremica,
sanguinamento, deficit di vitamine liposolubili (A, D, E, K).
Interazioni: riduce l'assorbimento di cortisonici, digitalici, tiazidici, amio-darone,
paracetamolo, anticoagulanti orali, vitamine A, D, E, K. Test di laboratorio: può
causare incremento di AST, ALT, fosfati, cloruri, fosfatasi alcalina e riduzione
di calcemia, sodiemia, potassiemia. Istruzioni per il paziente: mescolare il farmaco
con acqua, latte, succo di frutta o altre bevande non gassate.
3. Gemfibrozil (Gemlipid cpr riv 600 mg). Pos: 1-2 cpr/die. Determina una
riduzione prevalente dei livelli dei trigliceridi.
Agisce essenzialmente riducendo la sintesi e favorendo il catabolismo delle VLDL,
con modesta riduzione anche delle LDL e delle HDL. Nelle iperlipoproteinemie miste
può essere aggiunto alle statine, con modico incremento del rischio di miopatia.
Non tutti i trial ne hanno dimostrato una convincente sicurezza (Helsinki Heart
Study). Effetti collaterali: colecistite, miosite, epatite.
4. Acido nicotinico/laropiprant (Tredaptive cpr ril mod 1000/20 mg): Pos:
una compressa al dì le prime 4 settimane da incrementare poi a due compresse in
monosomministrazione. La dose può essere successivamente aumentata gradualmente.
Può essere associato alle statine oppure può essere somministrato in pazienti con
intolleranza a queste. L'acido nicotinico (macina) è un potente ed efficace antidislipidemico,
noto da moltissimi anni e solo da poco immesso sul mercato italiano.
Meccanismo d'azione: la niacina ha multipli e potenti effetti sul metabolismo delle
lipoproteine con di riduzione del colesterolo LDL, dei trigliceridi ed incremento
di quello HDL. Il laropiprant è un'antagonista selettivo del recettore della prostaglandina
D2 che riduce l'incidenza della vasodilatazione indotta dall'acido nicotinico.
Effetti collaterali: due principali effetti collaterali limitano la compliance al
farmaco: il flushing specie del volto e del tronco, talvolta con prurito e la dispepsia
talvolta accompagnata da nausea vomito e diarrea. Di rado si può avere incremento
delle transaminasi fino all'epatite. Più raro l'incremento della creatinfosfochinasi.
5. Acipimox (Olbetam cps 250 mg). Pos 1 cps 2-3 volte al giorno. Analogo
sintetico dell'acido nicotinico, riduce i livelli dei trigliceridi, migliorando
anche l'utilizzo periferico del glucosio.
Durante il trattamento è indicato il controllo della funzionalità epatica t renale
con riduzione delle dosi in caso di creatinina clearance minore di 30 mL/min. Al
pari della niacina può dare effetti tipo flushing con arrossamenti, sensazione di
calore, prurito, cefalea. Controindicato nell'ulcera peptica.
6. Acidi grassi polinsaturi (omega3) (Eskim g 1 cps) Pos: 1-3 g/die. Determinano
una riduzione dei livelli dei trigliceridi. Il loro uso è raccomandato nei soli
pazienti con ipertrigliceridemia associata a cardiopatia ischemica o comunque ad
alto rischio cardiovascolare. Gli effetti collaterali sono estremamente scarsi.
La proteina PCSK9 (Proprotein Convertase Subtilisin/Kexin type 9), un enzima
coinvolto nell'omeostasi del colesterolo, interviene inducendo la degradazione
del recettore per l'LDL, ha un ruolo chiave nell'ipercolesterolemia e svolge
un'azione cruciale non solo nell'attivazione e nell'aggregazione piastrinica, ma
anche nella calcificazione della valvola aortica.
Il gene che codifica per PCSK9 è regolato, nel fegato, dai livelli
intracellulari di colesterolo. Studi di associazione genetica hanno dimostrato
che le varianti nel locus PCSK9 (il polimorfismo R46L), naturalmente presenti
nel 2 - 3% della popolazione, sono associate a bassi livelli di colesterolo LDL
e alla protezione cardiovascolare.
Analogamente, è stato dimostrato che gli inibitori della PCSK9 (inclisiran) riducono
notevolmente i livelli di colesterolo LDL in varie popolazioni e il rischio di
eventi cardiovascolari avversi nei pazienti ad alto rischio. D'altra parte,
bassi livelli di LDL-C sono stati anche associati a un minore accumulo di calcio
nella valvola aortica e, dunque, alla protezione contro la stenosi calcifica.
alirocumab ed evolocumab
In pazienti con trigliceridi ≥ 200 mg/dL e basso HDL dovrebbe essere considerata
l'associazione di fibrati alle
modifiche dello stile di vita (riduzione di peso, apporto di carboidrati a
rapido assorbimento e introito alcolico).
Gli studi FIELD e ACCORD hanno dimostrato che l'aggiunta del fibrato alla
statina riduce gli eventi cardiovascolare in pazienti
con trigliceridi elevati e basso HDL, specie per la mortalità previa riduzione
dell'infarto del miocardio.
E' un principio attivo utilizzato nel trattamento della ipercolesterolemia. Da assumersi per via orale, l'acido bempedoico può essere usato anche nei pazienti nei quali le statine (farmaci largamente utilizzati contro il colesterolo alto) non sono tollerate o comunque non possono essere impiegate.
L'acido bempedoico è indicato per il trattamento di pazienti adulti con ipercolesterolemia primaria o dislipidemia mista nei seguenti casi:
In pazienti che hanno già usato una statina che, tuttavia, non è stata in grado di abbassare sufficientemente i livelli di colesterolo LDL nel sangue; in pazienti nei quali le statine non sono tollerate, o comunque non possono essere utilizzate, da solo o in associazione ad altri farmaci per abbassare il colesterolo. La terapia con acido bempedoico avviene sempre in associazione ad una dieta per la diminuzione del colesterolo.
L'acido bempedoico (chiamato anche ETC-1002) è un inibitore dell'enzima adenosin trifosfato citrato liasi (ACL) che espleta la sua azione terapeutica legandosi ad esso e inibendone l'attività. Nella ricerca di nuovi inibitori della sintesi del colesterolo, una proteina di particolare interesse è risultata l'adenosin trifosfato citrato liasi (adenosine-triphosphate citrate lyase, ACLY), enzima citosolico che agisce a monte rispetto all'enzima 3-idrossi-3-metil-glutaril-coenzima A reduttasi (HMGCR) nella catena di reazioni biochimiche che si succedono nel processo di sintesi del colesterolo.
L'adenosin trifosfato citrato liasi, infatti, è un enzima coinvolto nella biosintesi del colesterolo. Tuttavia, per poter esercitare la sua attività, l'acido bempedoico deve essere attivato a livello epatico ad opera dell'acil-CoA sintetasi 1 a catena molto lunga in ETC-1002-CoA. Quest'ultimo composto, quindi la forma attivata dell'acido bempedoico, andrà ad inibire l'enzima adenosin trifosfato citrato liasi (ACL) con conseguente:
Riduzione della sintesi di colesterolo a livello del fegato;
Abbassamento del colesterolo LDL attraverso una sovraregolazione dei recettori delle lipoproteine a bassa densità (ossia, dei recettori per le stesse LDL);
Soppressione della biosintesi degli acidi grassi epatici.