Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento e utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Cliccando su "Accetto" acconsenti all'uso dei cookie.

Disfagia nell'anziano

  1. Gastroepato
  2. Otorinolaringoiatria
  3. Disfagia anziano
  4. Disfagia
  5. Un caso di disfagia
  6. Manometria
  7. Ictus
  8. Encefalopatia multinfartuale
  9. Il cancro dell'esofago

La disfagia

La disfagia, difficoltà nel deglutire, è un sintomo frequente nelle degenze ospedaliere e ancora di più nelle riabilitazioni e nelle lungodegenze; è comune soprattutto negli anziani, per i quali è stato coniato il termine di presbifagia, proprio a indicare un disturbo legato in prevalenza a un deterioramento fisiologico senile.

Il caso clinico reale.

Una persona anziana da qualche settimana rifiuta il cibo e si pensa che si tratta di un ictus che abbia interessato le aree mesencefaliche della deglutizione. Ma una semplice radiografia del torace chiarisce subito il problema: un grosso bottone è bloccato in ipofaringe, col rischio che possa finire in trachea.

Si interviene subito in sala operatoria, in intesa fra il chirurgo, l'otorino ed il rianimatore.

Dopo un ora circa, il bottone viene estratto e la paziente riprende presto a rialimentarsi.

Il caso clinico: un grosso bottone in ipofaringe

La disfagia si può presentare con diversa gravità; alcuni pazienti possono avvertire un leggero disagio, mentre altri sono del tutto incapaci di deglutire.

Questa difficoltà può avere origine molto diversa e provenire da una qualsiasi alterazione che coinvolga gli organi, centrali o periferici, che intervengono nel processo deglutitorio; ossia tutti i tessuti strutturali e/o funzionali che si susseguono dalla bocca allo stomaco e quindi vi può essere un cattivo funzionamento della bocca, della lingua, del palato, della faringe, degli sfinteri esofagei superiore o inferiore ecc. o alterazioni che colpiscono le aree nervose e i nuclei cerebrali che sottendono alle funzioni degli organi prima menzionati.
La deglutizione, ossia il passaggio di alimenti solidi, liquidi, misti o di saliva e muco dalla bocca allo stomaco, è un atto molto complicato, che vede il coinvolgimento di diverse aree motorie cerebrali, 5 nervi cranici e 25 muscoli diversi che, in modo estremamente coordinato e armonico, consentono agli alimenti introdotti nella cavità orale di raggiungere lo stomaco, sede dei processi digestivi. L'atto deglutitorio che si realizza per oltre un migliaio di volte al giorno, permette anche il drenaggio della saliva prodotta dalle ghiandole salivari, e del muco che tappezza la mucosa della cavità orale; funzione importante per il mantenimento dell'omeostasi locale e di un efficace processo di masticazione.

Fisiologia della deglutizione

Il meccanismo di deglutizione può essere diviso in termini semplici in tre fasi principali: la fase orale, la fase faringea e la fase esofagea che si articolano tra loro in modo armonico e coordinato.

La fase orale è divisa in una prima fase pre-orale, volontaria, durante la quale gli alimenti vengono portati alla bocca; le labbra e le mascelle si chiudono per evitarne la fuoriuscita. In questo primo momento gli altri organi sensoriali, vista, olfatto, tatto e gusto stimolano la produzione di secreto salivare facilitando l'inizio del processo masticatorio. Nella fase orale propriamente detta, seconda fase del primo momento deglutitorio, anch'essa volontaria, il cibo viene frantumato, masticato e mescolato continuamente con la saliva formando il così detto "bolo" che per i movimenti sincroni della lingua e della muscolatura della guancia viene spinto verso il palato e la parete posteriore della bocca, in prossimità dell'istmo delle fauci, area anatomica delimitata in alto dal palato molle, che termina con un'appendice, l'ugola; ai lati dai pilastri palatini e in basso dalla radice della lingua.

La presenza del bolo alimentare in prossimità dell'istmo delle fauci determina l'innesco della fase faringea, fase involontaria della deglutizione, che inizia, come detto, quando il bolo supera gli archi palatini per passare in faringe. Questa è la fase più delicata del processo di deglutizione poiché questa è la zona dove le vie digestive incrociano le vie respiratorie (carrefour aerodigestivo). In questa fase rapida, la contrazione della muscolatura della faringe (muscoli costrittori) spinge il bolo verso lo sfintere esogafeo superiore (SES) che si rilascia favorendone il transito; la contrazione del muscolo velofaringeo, che occlude il rinofaringe, impedisce che il bolo, riesca attraverso le cavità nasali. La laringe si sposta in alto e anteriormente grazie alla muscolatura sovraioidea; l'epiglottide sospinta dalla base della lingua si ribalta posteriormente a chiudere lo iato laringeo, mentre le corde vocali si adducono occludendo il piano glottico, coadiuvate dalle pliche mucose sovrastanti note come corde vocali false. Con questo complesso e integrato meccanismo il bolo viene incanalato verso l'esofago, dove ha inizio la fase esofagea, anch'essa involontaria e agevolata dalle onde peristaltiche della muscolatura dell'organo (plesso sottomucoso e plesso mioenterico) che convogliano il materiale ingerito verso lo stomaco.

Sintomatologia clinica

La disfagia è un sintomo che caratterizza patologie molto diverse tra loro. I dati della letteratura dimostrano che il disturbo deglutitorio è in forte ascesa nell'ambito della popolazione generale, tanto che si calcola che circa un quarto della popolazione ultracinquantenne abbia un qualche problema di deglutizione. Il disturbo si accentua con l'avanzare dell'età, tanto che nell'anziano è stato introdotto il termine di presbifagia proprio per indicare un'alterazione della deglutizione nella persona anziana sana, a seguito dei processi fisiopatologici connessi all'invecchiamento anche in assenza di una causa morbosa nota. La difficoltà a deglutire può interessare alimenti solidi, liquidi o entrambi, e la diagnosi è talora tardiva, in quanto la sintomatologia clinica può essere per lungo tempo sottovalutata. I sintomi iniziali possono essere del tutto generici e scarsamente rilevati dal paziente o dai familiari. Talora il sintomo principale è rappresentato dalla sensazione di vellicchio o di corpo estraneo in gola; qualche volta è associato a tosse, disfonia, o sensazione di "blocco" del cibo in gola. In alcuni casi si associa anche una sensazione dolorosa al momento della deglutizione (odinofagia), pirosi e/o reflusso acido (sintomi che possono far pensare a patologie gastroenteriche, tipo GERD o simili). Non raramente, la perdita di peso, di appetito o di sintomi generali di malnutrizione (anemia, variazioni elettrolitiche ecc.) costituiscono il primo segnale del disturbo deglutitorio). Episodi di asfissia, soprattutto negli anziani, con o senza tosse durante il pasto, repentine modificazioni delle abitudini alimentari o il rifiuto di cibi solitamente graditi possono costituire la prima spia del disturbo disfagia). vanti non spiegabili altrimenti. Come si nota le manifestazioni cliniche possono essere molto diverse e talvolta vengono rilevate e raccolte tardivamente.

Polmonite ab ingestis, paziente anziana con ictus addensamento parenchimale in sede ilo-perilare con impegno dei segmenti lingulari, apicale ed mediale e posteriore basale del lobo inferiore di sinistra, di natura flogistica.

Cause

Le cause di disfagia possono essere numerose. Diverse patologie d'organo, d'apparato o sistemiche possono coinvolgere la deglutizione. Si calcola che quasi il 4-5 per cento della popolazione generale abbia un qualche problema disfagico. La causa principale di disfagia è lo stroke sia nella forma ischemica, sia emorragica. Si calcola che oltre il 70 per cento dei pazienti con stroke abbia problemi disfagici e che a distanza di sei mesi dall'evento oltre il 20 per cento presenti ancora importanti problemi di deglutizione. Le lesioni più gravi e più difficili da trattare sono quelle che coinvolgono il tronco cerebrale, ove hanno sede i nuclei motori implicati nel processo deglutitorio. Altra causa importante di disfagia sono le malattie neurodegenerative, e in particolare la malattia di Parkinson e i parkinsonismi (PSP, MSA e varianti ecc.) che portano a disfagia in oltre il 40 per cento dei casi. La sclerosi mutipla (SM) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) si accompagnano frequentemente a disfagia rispettivamente nel 40-45 per cento e 70-80 per cento dei casi. Nel 25-30 per cento dei casi di SLA (esordio bulbare) la disfagia rappresenta il sintomo d'esordio della malattia; molto spesso in questi malati è necessario ricorrere alla PEG (gastrostomia endoscopica percutanea) al fine di garantire un'adeguata alimentazione e una reidratazione sufficiente. Anche le patologie cerebrovascolari involutive, le demenze e in particolare la malattia di Alzheimer (in forte ascesa) si associano al problema disfagico in oltre il 45 per cento dei casi. I traumi cranio-encefalici sono complicati da disfagia in circa il 25-35 per cento dei casi. Altre cause di disfagia sono le malattie muscolari, le malattie del connettivo (LES, SSP, CM ecc.), i traumi, le lesioni neoplastiche cerebrali e le forme che coinvolgono gli organi orofaringotracheali.

Cause di disfagia nell'anziano

Patologie cerebrali acute (ischemia, emorragia, trombosi
• Patologie degenerative del SNC (malattia Parkinson, PSP, MSA)
Sclerosi laterale amiotrofica
Sclerosi multipla
Encefalopatia multinfartuale
Malattia di Alzheimer e demenze
Malattie reumatiche (LES, SSP, CM, polimiosite, dermatomiosite ecc.)
Malattie muscolari (distrofia miotonica, distrofia muscolare oculo-faringea)
Patologie neoplastiche del tratto orofaringolaringeo
Traumatismi cranio-facciali
• Esiti d'interventi e/o radio- e chemioterapia locali
• Patologie osteoarticolari degenerative (spondilosi cervicale, DISH)
Patologie della tiroide
• Forme iatrogene da farmaci (fenotiazine, anticolinergici, benzodiazepine ecc.)
Polineuropatie infettive, tossiche ecc.

Diagnosi

La diagnosi di disfagia è spesso tardiva in quanto i segni e i sintomi d'esordio possono essere misconosciuti per lungo tempo, soprattutto negli anziani o nelle persone che vivono in comunità residenziali e non presentano segni di patologie acute; talora la diagnosi viene posta in occasione di ricoveri ospedalieri per episodi di broncopolmonite, di disordini ematologici, e per segni di malnutrizione o disidratazione. Negli eventi patologici acuti (stroke, politraumi ecc.) la diagnosi viene spesso posta nei reparti di ricovero dei pazienti. L'identificazione precoce dei pazienti disfagici è importante ai fini del trattamento riabilitativo e della ripresa della fisiologica deglutizione. Un'anamnesi clinica attenta (patologie pregresse, attuali, anamnesi nutrizionale, anamnesi farmacologica ecc.), la valutazione della variazione del BMI e modifiche più o meno repentine delle abitudini alimentari possono talora far pensare a disturbi del meccanismo deglutitorio e quindi a iniziare le indagini diagnostiche. In questo ambito, accanto all'anamnesi clinica dettagliata, come prima ricordato, particolare rilievo hanno i test di screening e in particolare il water swallow test, potenziato dall'uso di pulsiometro a led a dito, durante il quale si fa bere al paziente una quantità definita di acqua e si osserva la comparsa o meno di tosse, voce gorgogliante, disfonia, senso di soffocamento ecc.

Il pulsiometro consente di monitorare la saturazione d'ossigeno durante la prova considerando significativa una desaturazione superiore al 2 per cento rispetto a quella basale. Nel threeoz water swallow test (l : deglutizione normale. 4: disfagia grave): vengono somministrati al paziente 5 ml di acqua con un cucchiaio per tre volte, in tempi diversi, facendo ripetere la vocale "e"; in questo modo si valuta la presenza di disartria, tosse, voce roca, gorgogliante ecc. Se il paziente supera questa prima prova, si fanno bere 50 ml di acqua, dal bicchiere in una sola volta, e si fanno le relative valutazioni; se il test è negativo, il paziente non ha problemi deglutitoli. 

La videofluoroscopia (VFS), studio radiologico della deglutizione con mezzo di contrasto, consente di valutare l'intero l'atto deglutitorio, in tutte le sue fasi. Per effettuare l'esame è necessaria un'apparecchiatura radiografica in grado non solo di acquisire le immagini, ma anche di registrarle in qualità digitale a elevata frequenza al fine di ottenere radiogrammi qualitativamente idonei. I radiogrammi così ottenuti consentono un'analisi dettagliata delle varie fasi del processo deglutitorio. Nei reparti di medicina o di degenza in generale non sempre è semplice reperire apparecchiature di tale tipo e personale appositamente dedicato; per questo motivo si è andata sviluppando la fiberoptic endoscopie evaluation of swallowing (FEES), esame endoscopico che consente la valutazione del rinofaringe, della faringe e della laringe durante la somministrazione di alimenti di consistenza diversa.

Gli attuali strumenti di videoendoscopia consentono una rapida e semplice valutazione della funzione deglutitoria anche nelle lungodegenze o nei reparti per subacuti, vista anche la possibilità di utilizzare strumenti portatili dotati di monitor e di sistemi di registrazione dell'intera prova funzionale. L'esame endoscopico ovviamente dovrà essere preceduto da un'anamnesi dettagliata e da uno studio della motilità e della sensibilità della lingua, delle labbra e della faccia.

La fibrolaringoendoscopia consente di valutare non solo l'aspetto anatomico locale, lo spazio aereo residuo. la motilità delle corde vocali, la presenza di ristagni di secreto salivare ma soprattutto è in grado di visualizzare il comportamento delle varie strutture nell'atto deglutitorio e rilevarne le difficoltà; in questo modo si osserva se vi sono ritardi nell'innesco del riflesso o mancanza di coordinazione tra le varie fasi, se vi sono ristagni nelle vallecule o nei seni piriformi, se l'atto deglutitorio è interrotto, frammentato, se vi sono episodi di penetrazione o inalazione, se la sensibilità laringea è conservata, se è presente tosse spontanea o indotta. Tutto questo ovviamente, saggiando il comportamento con alimenti a consistenza varia e con l'acqua. L'esame permette anche di valutare le variazioni della deglutizione con posture facilitanti o manovre di compenso, esplorare i vari spazi laringei e rilevare anomalie motorie, asimmetrie e, manovrando lo strumento in modo idoneo e soprattutto l'apice della sonda che è mobile, si possono osservare in modo dettagliato aree specifiche. L'esame fibrolaringoscopico è poco traumatico e invasivo, e di solito ben accettato dai pazienti, può essere ripetuto a distanza dal trattamento terapeutico al fine di valutare l'evoluzione del problema deglutitorio e studiare le strategie riabilitative più idonee.

Terapia

Se non trattata, la disfagia può comportare ovviamente problemi di malnutrizione e talora di grave disidratazione con coinvolgimento sistemico importante, oltre ai già ricordati episodi infettivi broncopolmonari recidivanti; talora eventi acuti, quali l'asfissia da bolo alimentare, possono complicare una situazione clinica già precaria e comportare se non sono attuate manovre rapide e idonee, un rischio di vita molto alto. Di solito il trattamento della disfagia viene effettuato dal logopedista affiancato da altri operatori quali, l'infermiere professionale, il nutrizionista, la dietista, il fisiatra, l'operatore socioassistenziale ecc. La terapia quindi è svolta da un team di professionisti che di volta in volta, in modo singolo o talora combinato, intervengono nel progetto di rieducazione del paziente con problemi di deglutizione. Il logopedista visto il paziente ed effettuate le diverse scale valutative funzionali, attua il programma di recupero della funzione deglutitoria tramite diverse metodiche che vanno dagli esercizi di rafforzamento della muscolatura masticatoria, alle tecniche di facilitazione della funzione e alle manovre compensatorie. Gli esercizi di rieducazione alla deglutizione, le stimolazioni gustative, i compensi posturali e i vari accorgimenti atti a stimolare il riflesso della deglutizione, associati a consigli pratici (posizione del capo, liquidi con addensanti o a piccoli sorsi lontano dai pasti ecc.) e a dieta appropriata (consistenze adeguate e uniformi ecc.) completano il programma di recupero della funzione di deglutizione. In alcuni casi (coma, gravi ed estesi episodi tromoembolici cerebrali ischemici o emorragici (cfr ictus) è necessario ricorrere dapprima all'alimentazione parenterale e, successivamente, dopo qualche settimana,  all'alimentazione enterale parziale o totale con impianto di PEG, al fine di consentire un adeguato apporto calorico e idrico. In questo ultimo periodo si sono aggiunti anche programmi di elettrostimolazione, specifici per la muscolatura sovra- e sotto-ioidea. mediante elettrodi monouso appositamente costruiti e con modalità di stimolo predeterminate.

indice argomenti di otorinolaringoiatria