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Il delirium, patogenesi

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appunti del dott. Claudio Italiano

Delirio, di che cosa si tratta?

In psichiatria, il termine "delirio" indica colui che esce dal solco, che sbanda, che va per una strada non congrua. Significa una varietà di stati mentali confusionali in cui l'attenzione, la percezione e la cognizione del soggetto appaiono significativamente compromesse.  La definizione di Delirium della più recente Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10), proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è la seguente:
Stato di confusione mentale, a insorgenza acuta, con decorso fluttuante, di breve durata (da ore a giorni o mesi), dovuto a cause organiche, caratterizzato dalla contemporanea presenza di disturbi dell'attenzione e della coscienza, del pensiero e della memoria, con alterazioni del comportamento psico-motorio, delle emozioni e del ritmo sonnoveglia, mai di durata superiore ai sei mesi.

In Pronto Soccorso, il D è presente nell'8-17% dei pazienti anziani

Segue il nostro video illustrativo delle problematiche concrete del delirio

In questo caso è meglio utilizzare il termine "Delirium".

Di per sé il delirium non è una patologia quanto una sindrome (un complesso di sintomi) che può presentarsi in diverse forme, essere acuta o cronica ed essere espressione di una sofferenza metabolica del cervello che può avere molteplici cause. Il termine "delirio" deriva dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione. 

Il termine delirio in senso stretto (convincimento errato incorreggibile) si riferisce ad un disturbo del contenuto del pensiero, che può essere presente in varie malattie psichiche (psicosi), ad esempio nella schizofrenia, negli episodi depressivi o maniacali con sintomi psicotici, nel disturbo delirante cronico (o paranoia). Le forme croniche di delirio, basate sull'elaborazione razionale e lucida di un sistema di credenze errate, possono essere l'unico sintomo di una patologia psichica, in questo caso si parla appunto in particolare di disturbo delirante cronico o paranoia. II delirium rappresenta un disturbo comune, ma la sua incidenza varia ampiamente sulla base dei criteri utilizzati per definire il quadro clinico.

Il paziente ospedalizzato che va "fuori di testa"

 Le stime di delirium nei pazienti ospedalizzati vanno dal 14 al 56%, con percentuali di delirium più elevate nei pazienti più anziani e in quelli che sono destinati alla chirurgia dell'anca. I pazienti anziani nella UCI presentano tassi di delirium particolarmente alti, che vanno dal 70 all'87%.

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delirium e cause

delirium e patogenesi

delirium: approccio al paziente

delirium: clinica e diagnos

Approssimatamene in un terzo dei pazienti ospedalizzati affetti da delirium, tale condizione non viene riconosciuta e la diagnosi è specialmente problematica soprattutto nell'ambiente dell'UCI, dove è spesso difficile prendere coscienza della disfunzione cognitiva a causa della presenza di serie patologie sistemiche e della sedazione. Il delirium nella UCI dovrebbe essere considerato come una importante manifestazione di disfunzione d'organo non diversamente dalla disfunzione epatica, renale o cardiaca.

Al di fuori dell'ambito ospedaliere di gestione dell'acuto, si osserva delirium in quasi due terzi dei pazienti nelle case di riposo e in oltre l'80% di quelli terminali. Queste stime enfatizzano la frequenza estremamente elevata di tale sindrome cognitiva nei pazienti anziani, una popolazione in sicura crescita nei prossimi dieci anni con l'invecchiamento della generazione del "baby boom". Nei decenni precedenti un episodio di delirium era visto come una condizione transitoria associata a una prognosi benigna.

Il delirium è stato oggigiorno chiaramente associato a una sostanziale morbilità e a una mortalità aumentata, ed è sempre più riconosciuto come il segnale di una seria patologia sottostante. Le stime recenti della mortalità intraospedaliera tra i pazienti affetti da delirium vanno dal 25 al 33%, un tasso simile a quello dei pazienti affetti da sepsi. I pazienti che vanno incontro a un episodio di delirium durante l'ospedalizzazione presentano una mortalità più elevata nei mesi e negli anni successivi alla malattia, rispetto ai soggetti di pari età e ospedalizzati senza delirium. I pazienti ospedalizzati con delirium presentano una degenza più lunga, vengono più facilmente inviati a una casa di riposo, e vanno incontro più facilmente a successivi episodi di delirium; come conseguenza, questa condizione presenta enormi implicazioni economiche.

Patogenesi del delirio

Dal punto di vista patogenetico riconosciamo delle cause predisponenti e delle cause slatentizzanti, in sostanza ci deve essere un terreno fertile mentale perchè si sviluppi il delirium.

Tra i fattori che predispongono abbiamo i seguenti:

Età avanzata (età > 70 aa)
Demenza o decadimento cognitivo
Disabilità visiva o uditiva
Compromissione nelle attività della vita quotidiana (Activity Daily living: ADL) o immobilità
Storia di delirium
Storia di alcolismo
Malnutrizione
Disidratazione
Polifarmacoterapia
Gravità/severità delle patologie concomitanti
Fragilità

Tra le cause che scatenano la condizione di delirium annoveriamo:

Farmaci (sedativi, narcotici, anticolinergici, antidepressivi, oppiacei, corticosteroidi, analgesici, glicosidi cardiaci, farmaci antiParkinson); Farmaci (sedativi, narcotici, anticolinergici, antidepressivi, oppiacei, corticosteroidi, analgesici, glicosidi cardiaci, farmaci antiParkinson);
Lesione neurologica primaria (ictus, emorragia intracranica, meningite);
Patologia acuta: infezioni (polmonite, infezioni del tratto urinario, sepsi), malattia cardiaca (infarto del miocardio), ipossia, shock, disidratazione, febbre, stipsi, complicanze iatrogene; Anomalie metaboliche;
Chirurgia (soprattutto ortopedica, cardiaca);
Ricovero in terapia intensiva (UTI);
Fattori ambientali: contenzione fisica, cateterismo, monitoraggio invasivo, ricovero in unità di terapia intensiva;
Dolore;
Deprivazione prolungata del sonno;
Sospensione improvvisa di farmaci (benzodiazepine) o alcol.

Le teorie più accreditate sulla patogenesi del delirium evidenziano il ruolo che alterazioni neurotrasmettitoriali, infiammazione e stress cronico possono giocare sul cervello. Ad esempio, il ruolo del deficit colinergico è evidenziato dalla chiara associazione tra consumo di farmaci anticolinergici e maggiore incidenza di delirium. Studi condotti su pazienti sottoposti a interventi chirurgici hanno dimostrato un'alterazione dell'interazione tra il sistema colinergico e quello immunitario nei pazienti che hanno sviluppato delirium postoperatorio. Si ritiene poi che un'eccessiva stimolazione del sistema dopaminergico sia in grado di contribuire allo sviluppo di delirium.

E' facile per il medico ospedaliero imbattersi nel paziente che durante il ricovero slatentizza psicosi e comportamenti deliranti, pronuncia frasi senza senso, si disorienta, vede oggetti strani, sente voci minacciose e scambia il medico per un nemico da combattere e si "dissocia" dalla realtà. L'altra sera, per esempio, visitavo un paziente confuso ed agitato che diceva di essere di guardia e stava sveglio, girate nel testo "testa-piedi", con le gambe incastrate nelle sbarre delle spondine, pronto a saltare dal letto!

La patogenesi e l'anatomia del delirium non sono ancora completamente comprese. Il deficit attenzionale che costituisce la caratteristica neuropsicologica del delirium sembra avere una localizzazione diffusa, nel contesto del tronco encefalico, del talamo, della corteccia prefrontale e dei lobi parietali. Raramente, lesioni focali come un ictus ischemico comportano l'insorgenza di un delirium in soggetti altrimenti normali; lesioni parietali destre e talamiche dorsomediali sono state riportate più frequentemente, sottolineando l'importanza di tali aree nella patogenesi del delirium.

Nella maggior parte dei casi, il delirium deriva da una sofferenza diffusa a livello delle regioni corticali e subcorticali, piuttosto che da una lesione neuroanatomica focale. L'elettroencefalogramma (EEG) in pazienti affetti da delirium spesso mostra un rallentamento simmetrico, un dato non specifico che supporta il concetto di disfunzione cerebrale diffusa. La carenza di acetilcolina spesso gioca un ruolo di primo piano nella patogenesi del delirium.

I farmaci dalle proprietà anticolinergiche possono precipitare un delirium nei soggetti suscettibili e le terapie mirate a incrementare il toni i colinergico come gli inibitori delle colinesterasi hanno mostrato, in piccoli studi clinici, di ridurre i sintomi associati al delirium. I pazienti affetti da demenza sono più suscettibili allo sviluppo di episodi di delirium, e si sa che nei soggetti affetti da malattia di Alzheimer c'è un deficit colinergico cronico dovuto alla degenerazione dei neuroni produttori di acetilcolina a livello dei nuclei cerebrali profondi. Un'altra forma comune di demenza associata a ridotti livelli di acetilcolina, la demenza a corpi di Lewy, mima dal punto di vista clinico il delirium in alcuni pazienti. Anche altri neurotrasmettitori sono probabilmente coinvolti in queste patologie cerebrali diffuse.

Neurotrasmettitori e delirio

Per esempio, anche l'incremento dei livelli di dopamina può portare al delirium. I pazienti affetti da malattia di Parkinson trattati con farmaci dopaminergici possono sviluppare uno stato simile al delirium che si caratterizza per la presenza di allucinazioni visive, fluttuazione del quadro clinico e confusione. All'opposto, è da tempo noto come il ridurre il tono dopaminergico con gli antagonisti della dopamina, come gli antipsicotici tipici e atipici, rappresenti un trattamento sintomatico efficace nei pazienti affetti da delirium. Non tutti gli individui esposti alle stesse cause predisponenti sviluppano segni di delirium. Una bassa dose di farmaci anticolinergici può non avere alcun effetto cognitivo su giovani adulti sani, ma produrre un delirium florido in pazienti anziani con una demenza sottostante.

In ogni caso, una dose estremamente alta dello stesso farmaco anticolinergico può portare al delirium anche giovani adulti sani. Questo concetto del delirium che si sviluppa in seguito alla sovrapposizione di una causa predisponente in individui predisposti rappresenta attualmente l'ipotesi patogenetica più diffusamente accettata.

Quindi, se un individuo precedentemente sano con anamnesi negativa per un disturbo cognitivo sviluppa un delirium nell'ambito di una causa scatenante di entità relativamente minore, come la chirurgia elettiva o l'ospedalizzazione, allora si dovrebbe prendere in considerazione la presenza di una malattia neurologica sottostante non precedentemente riconosciuta come una malattia neurodegenerativa, ripetuti ictus o un'altra causa cerebrale diffusa.

In tale contesto il delirium può essere visto come il sintomo derivante da "un test di stress per il cervello" indotto dalla causa scatenante, esposizione a noti fattori scatenanti, come le infezioni sistemiche o farmaci predisponenti, può smascherare la presenza di una ridotta riserva cognitiva e preannunciare una malattia sottostante seria e potenzialmente trattabile.

Il trattamento del paziente delirante

Ruolo dei farmaci: Sospendere farmaci non necessari, in particolare benzodazepine, neurolettici, farmaci anticolinergici. Nell'utilizzare i neurolettici iniziare con bassi dosaggi ed aumentare, se necessario, lentamente, rivalutando la terapia farmacologica ogni 24 h.

Ambiente attivante:   Ridurre il più possibile gli stimoli disturbanti all'interno della stanza di degenza (per es. troppe persone). Promuovere il più possibile l'utilizzo di protesi acustiche/occhiali a correzione dei deficit sensoriali.

Condizione di ipossiemia. Misurare i valori di saturazione/ossigenazione, mantenendo una SpO2 > 95% (a meno che non siano presenti patologie polmonari croniche, quali per esempio BPCO).

Infezioni.  Sospettare infezioni respiratorie o urinarie. Si può avere delirium per es. nei pazienti affetti da COVID 19, specie se con iperpiressia e disidratati o con iponatremia. I valori del sodio vanni subito corretti, compresa la volemia.

Regolarizzazione dell'alvo e della diuresi - Verificare l'assenza di ritenzione urinaria; - Prevenire/trattare la stipsi; - Rimuovere eventuali contenzioni.

Vasculopatia cerebrale. ischemia Sospettare ictus o IMA.

Scompenso glicometabolico ed equilibrio idroelettrolitico. Prevenire e/o correggere disidratazione e/o malnutrizione. Metabolic Valutare eventuale presenza di scompensi metabolici, es. glicemici, tiroidei, paratiroidei.

Deprovazione del sonno. Indagare se recenti cadute a terra e/o trauma cranici. Nel dubbio eseguire TAC encefalo.

La cura farmacologica

In genere una volta superata la condizione scatenante, per es. una febbre, la disidratazione, la mancanza di ossigeno, lo stato di confusione, il disorientamento, lo stress del ricovero, il paziente si riprende e ragiona, tornando come prima. Se si devono impiegare dei farmaci, a parte le benzodiazepine e la buona e vecchia promazina (talofen gocce), si posso impiegare con successo i farmaci antipsicotici atipici. Gli antipsicotici atipici (risperidone, olanzapina e quetiapina) sono efficaci nel trattamento del delirium e hanno meno effetti collaterali di tipo extrapiramidale rispetto all'aloperidolo. Il risperidone (cpr 1-2-3-4 mg) è simile all'aloperidolo, ma con meno effetti collaterali. Ha un'efficacia e sicurezza significativamente maggiore rispetto a placebo nel ridurre i sintomi deliranti nei soggetti anziani affetti da demenza 57 58. Iniziare con 0,5-1 mg e attendere circa 2-4 ore prima di ripetere la dose. Nel paziente anziano con demenza il dosaggio medio efficace che non provoca effetti collaterali è 1 mg/die. Nell'anziano demente, è buona regola non superare i 2-3 mg/die. Va evitata la somministrazione: se i livelli di potassiemia risultano minori di 4 mEq/L (prestare pertanto attenzione alla contemporanea somministrazione di diuretici) e nei soggetti con malattia di Parkinson. La quetiapina (dosaggio medio = 50 mg/die) richiede 15-20 giorni per saturare i recettori della dopamina. Può esser necessario superare il dosaggio di 100 mg/die, ma non vanno raggiunti i 300-400 mg/die (sono dosaggi per pazienti schizofrenici). Utile soprattutto per attenuare la severità del D. L'olanzapina (dosaggio medio = 2,5 mg/die). Quando si utilizzano neurolettici si può incorrere in numerosi effetti collaterali. Il più grave è la sindrome maligna da neurolettici, rara, ma gravissima, che comporta rigidità muscolare e aumento delle CPK, febbre, instabilità autonomica e leucocitosi; in questi casi il neurolettico va sospeso immediatamente

Per approfondire il tema del delirio e/o agitazione:

Il paziente con agitazione

L' anziano fragile

La demenza senile nell'anziano

La malattia di Alzheimer

oppure cfr  index psichiatria

segue delirium 2