Leggi anche La mia maestra
Noi siamo quello che apprendiamo da piccoli e, perciò, mi sembrava giusto e doveroso riportare la fonte del mio conoscere, tracciando un breve ricordo di colui che mi ha messo in mano per la prima volta una penna e mi ha fatto amare il mondo meraviglioso del sapere.... A lui che ci ha insegnato la ricchezza degli affetti e la poesia delle piccole cose dedichiamo questo nostro sitoweb.
Così come aveva lavorato.....
... e vissuto in silenzio, se n’è andato...in
una giornata del "mese delle rose", come amava lui definire Maggio. Il professore
Francesco Iannello ha seminato il germe della Educazione, quella buona, in generazioni
di Milazzesi, con una sapiente e tacita opera, come il rumore che fanno le foglie
quando cadono nei boschi e creano humus vitale. Me lo ricordo ancora con la
sua giacca grigia e la cravatta nera, sempre ordinato, con i capelli tirati
indietro, gli occhiali ed il fodero famoso, che ci tirava addosso quando facevano
cose storte. Lui sempre là, tutte le mattine..senza un’assenza, in quell’aula
buia dello scantinato, con l’altare della madonnina sempre infiorato, una vecchia
lavagna, i banchi di legno, una stufetta, noi ed i grembiuli neri... e la luce
delle sue parole che spaziavano nella stanza ed abbattevano le pareti dello
scantinato per proiettare le nostre menti in atmosfere magiche. Ed era veramente
Natale per noi, e sentivi le nenie nel cuore quando ci parlava dei "negozi
dei ninnolai addobbati a festa, le ciaramelle, il profumo dei dolci! ". E mille
frasi mi girano ancora in testa: " i colori poetici: rosa e viola...la statua
della Madonna Bambina... -Non bisticciate bimbi! Datevi un bacetto e fate pace...il
peggior castigo: gli occhi severi del signor maestro! Diteglielo a quel monello:
vergogna!" . E la bacchetta di una sedia sulla cattedra che batteva a "martorio",
quando avevamo fatto delle corbellerie e lui che capiva subito il bambino "difficile",
quello più irrequieto e disattento che poteva deviare nella delinquenza: non
per nulla i casi difficili erano i suoi..e lui con pazienza, senza buonismi,
tirava fuori l’ometto ed i sentimenti buoni anche dove non ce n’erano, col dolce
e l’amaro.
Che stupido, adesso, io qua dall’alto dei miei anni di studio, dopo centinaia
di professori, a pensare ancora al mio maestro ed alle mille piccole cose che
aveva saputo insegnarci e farci apprezzare, ma che forse un tempo, inconsapevolmente,
mettevo in pratica nel mio lavoro alle tossicodipendenze.
Era il tempo dei vecchi proff. Spadaro, Romano, Lombardo, Iannello, Fiorello,
le colonne portanti dell’educazione scolastica a Milazzo, almeno per le sezioni
maschili. Proverbiali le manone di uno di essi, quando mollava uno scapaccione!
I ragazzi dicevano, scherzando, che aveva delle mani micidiali come grosse racchette da
tennis e qualcuno, che aveva preso le "scoppole", le paragonava alle
"chiappe di ficarazza", cioè alle pale di ficodindia! E quando prendevi uno scapaccione, sentivi nelle orecchie un suono sordo
e cupo "uuuuuuuuuuuuuuuuu" come faceva il segnale portante della RAI TV quando
iniziava la TV dei ragazzi nel lontano 1964, e ciò per almeno una buona mezz'ora!
E se un bambino prendeva lo sberlotto, il padre non si lamentava di questa cosa
con l'insegnante, anzi! Chiedeva che per la prossima volta gliene desse di più!
Oggi, lungi da noi queste osservazioni violente! Però il metodo era efficace
e si rigava dritto! E l'ora di educazione fisica era l'ora di "ordine chiuso",
come diceva, cioè si marciava incolonnati, come soldatini, mentre lui scandiva
il tempo, col suo proverbiale: "duppi - duppi, passooo, òò!". Evidentemente
erano reminiscenze del periodo fascista, quando era d'obbligo effettuare
ogni sabato l'ordine chiuso. Poi venivano gli incarichi dati
agli alunni più buoni, che dovevano rappresentare una sorta di premio e di
fiducia accordata ma che doveva essere meritata: Maurizio ci ferma per la
strada e ci raccomanda di segnare che gli dava il compito di lucidare la
corona della Madonna della Pietà al Carmine, oppure Giovanni, quando era il
tempo dei morti, accompagnava come un ometto il suo maestro per aiutarlo a
ripulire la tomba del padre al nostro Cimitero Monumentale...
Mi ricordo che facevamo la refezione nel corridoio dello scantinato e le bidelle
portavano pasta e ceci, pasta e lenticchie e brodini vari, dentro mostruose
bacinelle di plastica che oggi farebbero rabbrividire il Comitato dei Genitori,
ma c’erano ancora, in quegli anni ‘60, focolai di miseria vera. Ciccio Iannello
era là, e ben conosceva la povertà di alcune famiglie milazzesi; per non far
pesare il momento della refezione e non far capire agli altri bambini il bisogno
di alimentarsi che avevano alcuni di loro meno fortunati, diceva che era un
premio la refezione, solo per i più buoni! Ed io, sciocco che allora non capivo,
mi dannavo per non averne mai potuto fare parte. Questo era Ciccio Iannello.."un
giovanottone", come amava autodefinirsi, dal cuore enorme, per questo non me
la sono sentita di vederlo sul suo letto di morte, per ricordarmelo sempre da
vivo. Grazie professore: per me Lei è e sara' sempre vivo nel mio ricordo;
ora che si trova lassù vegli su di me ed assista i miei passi nella vita!
UN SUO ALUNNO
Claudio Italiano