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Emergenze nel diabete, chetoacidosi

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appunti del dott. Claudio Italiano

La chetoacidosi

Le urgenze nel diabete

La chetoacidosi diabetica è l'emergenza endocrina più frequente e si verifica nel diabete tipo 1 (insulino-dipendente). La mortalità, dovuta alle complicanze, viene riportata nei paesi occidentali intorno al 4%. Segni prognostici negativi sono shock, coma profondo e malattie associate. Nei bambini e nei giovani una complicanza importante, anche se rara, è l'edema cerebrale. Le cause più frequenti sono l'aumento del fabbisogno insulinico per infezioni ed eventi stressanti e la sospensione della terapia insulinica, ma spesso si presenta come prima manifestazione del diabete tipo 1. Lo sviluppo della sintomatologia acuta si verifica in un periodo di tempo variabile che può andare da alcune ore ad alcuni giorni. La complessità del trattamento rende consigliabile il ricovero di questi pazienti in strutture con adeguata esperienza nel trattamento di tale patologia.

La chetoacidosi diabetica si caratterizza per la triade:

- glucosio plasmatico > 200 mg/dl
- pH < 7.3 o bicarbonati sierosi < 18 mmol/L
- chetonemia (BOHB >3 mmol/L e/o chetonuria (chetoni nello stick urine +2)
 

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Distinguiamo:

- Chetoacidosi lieve; ph <7.30 - HCO3- < 15 mmol/L
- Chetoacidosi moderata pH <7.20 HCO3- < 10 mmol/L
- Chetoacidosi grave pH <7.10 HCO3- < 5 mmol/L
 
La chetoacidosi può rappresentare l'esordio del diabete tipo 1 oppure una complicanza acuta del diabete tipo 1 in adolescenti che scioccamente o volutamente riducono le dosi di insulina, talora per ascoltare le dicerie che correlano l'aumento del peso e l'essere paffuti con l'impiego di insulina (vedi anoressia, disturbi alimentari). Per esempio è facile imbattersi al pronto soccorso con giovani affetti da diabete tipo 1 che decidono tutt'a un tratto di ridurre le dosi insuliniche per evitare di "ingrassare" e rischiano la morte per chetoacidosi diabetica. In altri casi non funziona il microinfusore che, nonostante, l'impennata glicemica non lancia il segnale di allarme oppure il tubicino che collega l'infusore si piega o si ostruisce e non consente il passaggio dell'insulina all'ago infisso nel derma. Altri casi, meno frequenti, sono dovuti a gastroenterite acuta con vomito, ma si tratta di evenienze più rare.
In uno studio osservazionale, redatto dai proff. Cherubini, Pintaudi, Rossi,  condotto il Italia, su 48 casi segnalati al pronto soccorso, la maggior parte, 40 casi,   si ebbero in adolescenti tra i 14-18 anni che avevano pensato di ridurre le dosi insuliniche o, addirittura, di farne a meno. In un caso una ragazza extracomunitaria fu trovata in fin di vita e soccorsa in Sicilia perchè aveva bisogno di insulina e, trovandosi sui barconi, gli scafisti avevano buttato in mare l'insulina. La stessa fu salvata in extremis, trovandosi in condizioni preterminali di grave chetoacidosi. Inoltre se una persona ha avuto un episodio di chetoacidosi durante l'anno, il rischio rimane elevato 4 anni dopo un episodio.

Nel caso di episodi di chetoacidosi correlati ad omissione volontaria di somministrare insulina, allora è buona pratica consultare uno psicologo clinico o un'assistente sociale. Occorre fare leva sulle famiglie  per un training circa la gestione del diabete.

Segni di chetoacidosi

Cefalea, bradicardia, irritabilità, sonnolenza, segni neurologici specifici, aumento della pressione arteriosa e desaturazione. Il rischio è che si determina edema cerebrale; il paziente presenta sofferenza, nessuna risposta verbale o motoria al dolore, postura decorticata o decerebrata, paralisi dei nervi cranici, pattern neurologico-respiratorio. I criteri maggiori sono rappresentati da obnubilamento del sensorio, confusione, decelerazione della frequenza cardiaca, incontinenza degli sfinteri. Criteri minori sono vomito, cefalea, letargia, pressione diastolica < 90 mmHg ed età < 5 anni.  Se compaiono due segni maggiori oppure 1 maggiore e 2 minori, allora la sensibilità è del 92%.

Le complicanze si possono avere a livello renale, una sofferenza acuta per ipoperfusione tissutale e danno diretto a livello tubulare. Nel bambino un singolo episodio di chetoacidosi si può associare a compromissione della crescita neuronale e dello sviluppo cognitivo. La complicanze strutturali e cognitive son correlate più alla severità della chetoacidosi che allìetà del paziente. Gli effetti si possono osservare anche a distanza.

Fisiopatologia della chetoacidosi

La carenza (assoluta o relativa) di insulina e l'ipersecrezione di glucagone causano rispettivamente una ridotta utilizzazione del glucosio a livello dei tessuti insulino-sensibili ed una aumentata glicogenolisi determinando l'iperglicemia. Il ricorso alternativo alla lipolisi, a scopo energetico, fa aumentare la disponibilità di acidi grassi liberi per il fegato, dove vengono convertiti in chetoni (acido Beta-idrossibutirrico e acido acetoacetico) provocando una riduzione del pH ematico e una condizione di acidosi ad elevato anion gap. L'iperglicemia e la chetonuria provocano diuresi osmotica con importante disidratazione e perdita di elettroliti.

Sintomatologia

Segni e sintomi da iperglicemia cronica

Poliuria, polidipsia, perdita di peso

Segni e sintomi da deplezione di volume.

Lingua e mucose asciutte. Turgore della cute ridotto. Bulbi oculari infossati. Ipotensione ortostatica in presenza di deplezione idrosalina nell'ordine del 10-15%. Shock ipovolemico se disidratazione marcata.

Sintomi da acidosi e deplezione di potassio.

Anoressia, nausea, vomito, dolori addominali, ileo paralitico. Questi sintomi, associati alla leucocitosi (fino a 40.000/mm3), possono miniare un addome acuto che erroneamente può indirizzare questi pazienti ai reparti di chirurgia.

Sintomi neurologici.

Alterazione dello stato di coscienza a vari livelli, dall'obnubilamento al sopore fino a perdita di percezione e reattività. Questi sintomi sono dovuti sia allo stato di iperosmolarità sia alle alterazioni del pH a livello del liquor cerebro-spinale. Mancano sia segni di rigidità nucale sia segni neurologici focali, come in genere in tutti i comi metabolici. Disturbi comportamentali (non è raro il ricovero in reparti psichiatrici).

Sintomi da acidosi metabolica.

Respiro compensatorio profondo e frequente (Kussmaul) che si manifesta quando il pH si riduce a circa 7.2. La profondità del respiro è proporzionale all'acidosi. Alito fruttato (acetone).

sintomi della eventuale malattia precipitante.

L'assenza di iperpiressia non preclude necessariamente un'infezione in quanto spesso si può assistere ad ipotermia.

Laboratorio ed esami strumentali

glicemia.

In genere i valori sono compresi fra 300 e 800 mg/dl circa. Il monitoraggio della glicemia può essere eseguito al letto del paziente con i moderni apparecchi portatili. Tuttavia è consigliabile eseguire la prima determinazione della glicemia in parallelo con il laboratorio per una maggiore sicurezza del risultato e una migliore accuratezza nel calcolo dell'osmolarità plasmatica.

equilibrio acido-base.

Condizione di acidosi metabolica. Bicarbonato < 15 mEq/l (v.n. 24-26 mEq/1). pH < 7.3 (v.n. 7.4). Il prelievo può essere arterioso o venoso poiché l'unico parametro significativamente diverso è la PO2. Con siringa eparinata prelevare almeno 1 ml di sangue (segnalare al laboratorio i valori della temperatura corporea).

Anion gap

Valori > 20 mEq/l (v.n. 8-16), indicativi di un'anormalità nel compartimento anionico. Un anion gap >40 mEq/l è indice di contestuale aumento della lattatemia. In questi casi l'iperlattatemia si risolve con il trattamento della chetoacidosi diabetica. Il calcolo dell'anion gap, necessario per un più accurato monitoraggio della terapia  si effettua con la seguente formula:

Anion gap (mEq/l) = Na+- (Cl-+HCO3-)

elettroliti.

Potassio. Condizione di deplezione di potassio con deficit di circa 300-400 mEq. Tuttavia i livelli plasmatici di potassio sono in genere nella norma o lievemente elevati (fra 4 e 5.5 mEq/l. Questo fenomeno può essere spiegato da diversi fattori: a) la disidratazione cellulare, che causa aumento della concentrazione del potassio intracellulare e trasporto passivo attraverso i canali del K+; b) la presenza di forze fra solvente e soluto che fanno perdere potassio attraverso i canali dell'acqua (trascinamento da parte del solvente, "solvent drag"); c) lo scambio fra ambiente intra ed extracellulare di ioni H+ e K+; d) la carenza di insulina che non permette l'ingresso di potassio all'interno della cellula e favorisce la perdita di potassio incorporato nel glicogeno. Valori di potassiemia intorno a 3 mEq/l sono invece indice di grave deficit di potassio (anche > 800 mEq). L'emolisi, possibile in caso di difficoltà tecniche, da valori di potassiemia falsamente normali o elevati. Sodio.

La natriemia è tendenzialmente bassa o nella norma. L'iperglicemia causa spostamento osmotico di acqua dalle cellule ed una riduzione diluizionale della natriemia. Per una stima dei valori di sodio attesi dopo la normalizzazione della glicemia usare la formula seguente:

Na+ corretto (mEq/l) = Na+ + (1.6x (glicemia -100/100))

Cloro. Il dosaggio del cloro plasmatico è necessario per il calcolo dell'anion gap e, nella fase tardiva del recupero dell'acidosi, per diagnosticare un'eventuale acidosi ipercloremica. Magnesio. La magnesiemia può essere ridotta, nelle acidosi di lunga durata, per perdita renale e ridistribuzione di magnesio da carenza insulinica. Fosfato. è quasi sempre presente un deficit di fosfato per diuresi osmotica e alterato riassorbimento renale del fosforo. Parallelamente al potassio, la fosfatemia può essere normale o lievemente ridotta per ridistribuzione verso il liquido extracellulare.

Osmolarità plasmatica efficace (tonicità)

Valori in genere compresi fra 310 e 350 mosm/l (v.n. 280-300). è il parametro omeostatico a cui tende l'organismo e tiene conto solo dei soluti osmoticamente attivi. Si calcola con l'apposita formula che permette di individuare il contributo dei singoli determinanti:

Osmolarità efficace (mosm/l) = 2Na++glicemia/18

L'iperglicemia, per valori superiori a 500 mg/dl, limita l'entità dell'aumento dell'osmolarità plasmatica di circa 5% per l'effetto diluizionale sul sodio. L'iperosmolarità plasmatica diventa clinicamente significativa per valori superiori a circa 320 mosm/l.

Funzione renale

Azotemia e creatininemia in genere aumentano per insufficienza pre-renale. Poiché i chetoni interferiscono con i metodi di dosaggio della creatininemia, la funzione renale va valutata più correttamente attraverso i valori dell'azotemia, la quale peraltro è soggetta a importante variabilità biologica negli stati ipercatabolici. L'iperazotemia, pur contribuendo all'aumento dell'osmolarità plasmatica, attraversando liberamente la membrana plasmatica non determina ipertonicità. La funzione renale in genere si normalizza rapidamente con la reidratazione.

Emocromo.

Leucocitosi neutrofila (15.000-40.000/mm3). Non è necessariamente dovuta a infezione ma può essere secondaria alla disidratazione.

CPK, transaminasi ed amilasi

Aumento aspecifico in circa il 30-50% dei pazienti.

Esame Urine.

Corpi chetonici. La valutazione dei corpi chetonici urinari (acido beta-idrossibutirrico e acido acetoacetico) con strisce reattive è importante per la diagnosi, ma motivi legati alla metodologia utilizzata rendono questo esame meno utile per il monitoraggio dell'acidosi. Infatti, il dosaggio dei chetoni urinari si basa sullo sviluppo di viraggi di colore quando l'acido acetoacetico reagisce con il nitroprussiato. L'acido beta-idrossibutirrico non reagisce invece con il nitroprussiato e, oltre ad essere presente nel plasma in concentrazioni molto elevate, viene convertito in acido acetoacetico durante la correzione dell'acidosi. Quindi nelle ore che seguono l'inizio della terapia la positività della reazione può risultare ancora elevata senza che ciò significhi un peggioramento dell'acidosi. Pertanto il dosaggio dei chetoni non va usato per monitorare la correzione dell'acidosi. Esame microscopico. Per evidenziare l'eventuale presenza di infezioni urinarie.

ECG

Possibili aritmie e alterazioni elettrocardiografiche legate al deficit di potassio. Nella chetoacidosi diabetica le eventuali modifiche dell'Ecg non riflettono necessariamente le concentrazioni plasmatiche di potassio. Infatti il depauperamento del potassio intracellulare crea un gradiente elettrolitico con il liquido extra-cellulare simile a ciò che si verifica nell'iperpotassiemia. Di conseguenza si possono registrare alterazioni caratteristiche da iperpotassiemia (onde T "a tenda") anche in presenza di livelli normali o bassi di potassio. è comunque poco utile un singolo ECG ma vanno eseguiti diversi ECG seriati. .Derivazioni: D II per turbe del ritmo; V4, V5, V6 per le alterazioni del QRS e della ripolarizzazione.

ricerca possibili fonti di infezione.

Rx torace, tampone faringeo etc.

> segue   terapia della chetoacidosi