appunti del dott. Claudio Italiano
Per poter definire, nel modo migliore, un iter diagnostico e terapeutico corretto del carcinoma orale (CO.), è fondamentale una appropriata conoscenza della sua storia naturale, storia segnata dalla emergenza di focolai di accrescimento della neoplasia, composti da cellule morfologicamente abnormi, che si espandono prima in sede locale e poi, nel corso dell'ulteriore evoluzione, a distanza, quando la neoplasia non venga identificata e e trattata. Senza dubbio, in questi ultimi decenni, si è osservato un sostanziale miglioramento nel controllo di questa, come delle neoplasie maligne in itinere. L'attuale modalità della stadiazione consente una dettagliata valutazione non solo dell'estesione reale ma anche del grado della malignità attuale, cioè dei criteri necessari per soddisfare le esigenze cliniche della prognosi, della terapia ed anche dei programmi di riabilitazione funzionale. La valutazione della stato linfonodale (interessamento metastatico, sua entità reale, diffusione ai distretti diversi da quello tributario della lesione primitiva, ecc.) è atto clinico di rilievo per la formulazione dei programmi di terapia e prognosi: ad es. probabilità del successo terapeutico si riduce nei casi in cui vi sia superamento della capsula linfonodale con invasione dei tessuti molli circostanti o peri-linfonodali. I casi di micrometastasi linfodali e/o di invasione dei tessuti molli pericapsulari, che si possono osservare nel 20-30% dei casi, riportano un incremento della probabilità di recide neoplasiche regionali e di metastasi a distanza. Il comportamento dei carcinoma è, in linea generale, simile a quello di neoplasie di altri distretti mucosi come l'orofaringe, la laringe e l'esofago. In questi distretti, infatti, la quasi totalità delle neoplasie è costituita da carcinomi squamocellulari.
Nel complesso, tra le neoplasie maligne considerate nella globalità, l'incidenza del carcinoma orale della mucosa è al quarto ed all'ottavo posto, rispettivamente nel sesso maschile ed in quello femminile. In circa i 2/3 dei casi, queste neoplasie vengono diagnosticate tardivamente, cioè quando hanno già raggiunto il III o IV stadio, e la prognosi può essere infausta. Nella gran parte dei casi un ritardo della diagnosi può essere dovuto sia alla trascuratezza del paziente in genere anziano, sia ad una erronea diagnosi del clinico che sottostima la lesione considerandola di natura infiammatoria.
La diagnosi di CO. viene osservata ogni anno in oltre 500.000 soggetti nel mondo di cui 40.000 pazienti circa negli USA. Sebbene oggi solo disponga di terapie efficaci, soprattutto per le terapie iniziali già al momento della diagnosi, ma quando le lesioni vengono diagnosticate dopo molto tempo, in stadio avanzato , la maggioranza e la maggior parte di questi lascia prevedere una sopravvivenza a 5 anni del 48% circa. Il trattamento d'elezione è quello chirurgico e/o radioterapico. Nel 1998 negli Stati Uniti l'incidenza media dei carcinomi orali è stata stimata attorno a 9.3 casi X 100.000 abitanti con una mortalità pari a 2.5 x 100.000.
L'incidenza maggiore nei soggetti
di sesso maschile viene giustificata con l'uso / abuso
di tabacco e di alcool. E altresì vero che modificazioni
nelle abitudini di vita hanno in queste ultime decadi
modificato l'incidenza di queste neoplasie con un
aumento significativo nella popolazione femminile e
con un rapporto M/F che, negli ultimi tempi, è passato
da circa 5 ad 1, fino ad arrivare a 1 a 2.
Gli eventi causali di questa, come di tutte le
neoplasie maligne, si sommano gradualmente nel
tempo - progressione tumorale - , secondo un processo
"multi step" caratterizzato da una sequenza
di eventi dovuti ad attivazione di oncogeni ed a disattivazione
di antioncogeni o geni soppressori.
Per il C O sono state identificate alterazioni
genetiche che coincidono con i passaggi cruciali
dell'evoluzione progressiva di questa neoplasia: displasia,
displasia severa, carcinoma in situ, carcinoma
infiltrante iniziale, carcinoma invasivo.
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Il primo evento identificato è la perdita delle regioni cromosomiche 3p e 9p21, responsabile dell'inattivazione del gene pl6, inibitore della chinasi ciclina dipendente. Questo primo evento comporta l'immortalizzazione delle cellule cambiali con quadro istologico di iperplasia persistente senza displasia. La successiva perdita di eterozigosi (LOH - Loss off Heterozygosity) in 17pl3 con metilazione d i p53, coincide con l'emergenza della displasia severa. è stato, infine dimostrato che delezioni di 4q, 6p, 8p, 11 q, 13q e 14q coincidono con l'avvento della malignità attuale a partire dal carcinoma in situ. L'ulteriore evoluzioneprogressione della lesione, con acquisizione della malignità attuale (CIS), è segnata dall'iperespressione del gene della Ciclina D I situato sul cromosoma l l q l 3 : evento che, nella progressione tumorale, segna l'avvento della proprietà invasiva. Alcuni fattori come i l tabacco e l'alcol esplicano un'azione diretta locale (estrinseca) sui tessuti orali, in particolare sulle cellule dello strato basale dell'epitelio a contatto con la membrana basale. Mentre altri fattori numerosi, come carenza di ferro, sarebbero in grado di rendere l'ospite più vulnerabile agli effetti delle sostanze cancerogene. Il ruolo del tabacco prescinde dalla modalità di esposizione - sigaretta, pipa, sigaro, ecc. - essendo, invece, connesso con le sostanze cancerogene, idrocarburi aromatici policiclici, che comunque i l tabacco contiene e libera. L'uso /abuso dell'alcool costituisce il secondo maggior fattore di rischio indipendente. Sono stati raccolti dati che attribuiscono all'uso della birra e dei super alcolici i l rischio maggiore per il carcinoma orale, rispetto all'uso moderato di vino. Ma è l'uso/abuso contemporaneo di alcool e tabacco la condizione che comporta il rischio maggiore. L'etanolo puro non è considerato agente cancerogeno; è possibile che sostanze cancerogene inquinanti siano presenti nei liquidi alcolici, oppure che l'etanolo faciliti il passaggio di cancerogeni, del tabacco ad ed attraverso la barriera mucosa. Una dieta ricca di frutta e di fibre riduce il rischio di carcinoma orale e dell'orofaringe, in particolare nei soggetti fumatori. Tra i vari fattori considerati, alla vitamina A viene attribuito un ruolo, in qualche modo preventivo, per un'azione di mantenimento delle proprietà morfologiche e funzionali. E dell'epitelio pavimentoso composto. Numerosi studi epidemiologici hanno dato migliore evidenza il fatto che i soggetti che seguono una dieta ricca in vitamina A e C, hanno una riduzione importante del rischio per carcinoma orale. Anche il ferro sembra svolgere un ruolo essenziale nel normale mantenimento dell'omeostasi dell'epitelio. Il ruolo che compete alla igiene orale, insufficiente o del tutto trascurata, ai denti cariati, alle flogosi croniche gengivali ed a quelle del cavo orale in generale, è stato più volte chiamato in causa nell'enologia dei carcinomi orali; si tratta comunque di ipotesi futunte dalle osservazioni cliniche loro associazione con la neoplasia più che di prove certe.
E comunque è
vero che pazienti con carcinomi orali, molto spesso, sono soggetti con scarsa
igiene orale essendo essi stessi fumatori o bevitori, spesso accaniti.
Studi molto recenti indicano essere il papillomavirus (HPV) un agente
etiologico, possibile o di rilievo, anche delle neoplasie epiteliali della
mucosa orale. Infatti in almeno i l 50% dei carcinomi orofaringei, ed in
particolare di quelli delle tonsille e della base della lingua, vengono oggi
isolati gli HPV, essendo il tipo 16 stato osservato con maggiore
frequenza nei carcinomi orali. Tuttavia il ruolo del virus nell'etiologia del
carcinoma orale non è stato ancora ben chiarito; anche se è elevata la
percentuale di positività evidenziata con metodi, come l'ibridizzazione in situ,
nei cheratinociti dalle mucosa orale normale (circa i l 40% degli adulti
apparentemente normali), ed anche i n lesioni di tipo iperplastico e/o
flogistiche. Tra i virus erpetici sono stati chiamati in causa l'HSV e l'EBV,
anche se i dati di laboratorio ed epidemiologici, già numerosi, hanno fornito
elementi molto discordanti. Per quanto riguarda i l virus HIV, l'unico
dato" epidemiologico certo è che nei pazienti portatori d i questa infezione è
stato rilevato un aumento dell'incidenza di neoplasie maligne, in particolare di
linfomi, mentre nessuna conclusione e, oggi, possibile per i carcinomi orali.
Se si escludono le labbra, le sedi in cui i carcinomi insorgono più spesso (più
del 50%), sono la lingua (margini laterali) ed il pavimento orale, cui fanno
seguito la mucosa geniena la gengiva, i l trigono retromolare, il palato molle,
i l dorso linguale ed eccezionalmente il palato duro. In quasi tutte le sedi le
lesioni inizialmente non sono sintomatiche e, spesso, la neoplasia viene
diagnosticata quando è già ulcerata o quando sono presenti
linfoadenomegalie laterocervicali superficiali o profonde.
Talora si associa una sintomatologia dolorosa per infiltrazione perineurale dei
tessuti molli oppure per riassorbimento osseo con evidente mobilità dei denti.
La diffusione linfatica delle neoplasie del pavimento del cavo orale è
condizionata dalle numerose anastomosi che si incrociano nella sede mediana:
condizione che potrebbe spiegare i l fatto che nei carcinomi del pavimento orale
le metastasi possono raggiungere i linfonodi omolaterali, quelli controlaterali
o anche quelli dei due lati contemporaneamente.
Le stazioni linfonodali più interessate sono soprattutto quelle laterocervicali,
sottomandibolari e giugulari. L'incidenza di metastasi a distanza è di circa il
10-14% e le sedi più interessate sono il polmone (45%), ossa (27%), e fegato
(11%).
I quadri microscopici istologici sono:
- carcinoma squamocellulare;
- carcinoma verrucoso;
- carcinoma basaloide;
- carcinoma adenoideo squamoso;
- carcinoma a cellule fusate (sarcomatoide);
- carcinoma adenosquamoso;
- carcinoma indifferenziato.
Il carcinoma squamocellullare è neoplasia epiteliale con differenziazione
squamosa, legata alla produzione di cheratina ed alla presenza d i ponti
intercellulari. Non c'è differenza tra i carcinomi che prendono origine nella
cavità orale e quelli che originano in altri distretti. Il grado di
differenziazione della neoplasia costituisce un fattore prognostico valido
perché indicativo della l'aggresività biologica attuale della neoplasia. Il
grado di differenziazione cito-istologica, basato sul metodo
suggerito da Broder, prende in considerazione parametri citologici ed
architetturali che sono: i gradi della cheratinizzazione, del polimorfismo
cellulare e nucleare, l'entità dell'attività proliferativa.
Con queste variabili si distinguono tre gradi istologici:
-ben differenziato (G1);
-grado mediamente differenziato (G2);
-grado poco differenziato (G3).
Vene anche proposto di riunire i primi due gradi in un unico ambito, definito
dei tumori a basso grado di malignità, assegnando ai carcinomi poco
differerenziati il grado alto di malignità.
Quando un tumore presenta aree
distinte, con gradi di malignità differenti, è quella con il grado più elevato a determimare la classe cui assegnare il caso, per i fini della prognosi e della
terapia.
Come in altre sedi, il carcinoma squamocellulare ha tendenza ad
infiltrare i tessuti circostanti, le strutture nervose, il tessuto osseo e le
strutture muscolari. Un carcinoma con caratteri peculiari è il carcinoma
papillare che si presenta come lesione esofitica papillare e che in sede clinica
può simulare un carcinoma verrucoso.
carcinoma verrucoso (CV) è lesione macroscopicamente esofitica, formata
da epitelio differenziato, cheratinizzato, con atipie citologiche irrilevanti,
caratterizzata anche da accrescimento espansivo tanto da comprimere il
connettivo circostante . Viene considerata una forma distinta sia per i suoi
caratteri anatomo-clinici che per le sue proprietà biologiche. Non mostra
equivalenti morfologici di accrescimento infiltrante il corion sottostante e non
dà metastasi ai linfonodi regionali.
Nel suo contesto profondo si osservano aree ricche
di cheratina. La membrana basale dell'epitelio non risulta mai interrotta e nel
connettivo circostante è possibile trovare un infiltrato infiammatorio. Il
carcinoma verrucoso va distinto dal carcinoma squamoso ben differenziato: per i
caratteri dell'accrescimento, per le poche atipie citologiche e
assenza di metastasi. Occasionalmente nel suo contesto è possibile trovare
focolai di carcinoma
squamoso, reperto che va sottolineato e che va sempre ricercato con cura, perché
indica la natura di ca squamoso che va trattato come tale e che comporta una
prognosi più severa. La diagnosi differenziale rispetto all'iperplasia
verrucosa, entità caratterizzata da accrescimento esofitico ed esuberante di
epitelio cheratinizzato ben differenziato simile al CV, ma le cui modalità di
accrescimento non comportano eventi di compressione e di
infiltrazione/sostituzione del connettivo sottostante. E comunque possibile i l
riscontro di casi con aree di iperplasia verrucosa e di CV, associate ad una
leucoplachia proliferativa verrucosa ma anche ad un carcinoma squamoso.
Il carcinoma basaloide è neoplasia costituita da aree miste di tipo basaloide e
squamoso, con focolai di necrosi simili a quelli del carcinoma in situ del tipo
del comedocarcinoma della mammella. La diagnosi differenziale va posta con l'ameloblastoma
e con i l carcinoma adenoideo cistico. La gran parte dei casi si osserva nella
laringe, nell'ipofaringe ed alla base della lingua.
Il carcinoma adenoideo squamoso
a comprende aree di carcinoma
sqamocellulare ed aree pseudoghiandolari. Questo istotipo deriva da eventi di
acantolisi con necrosi nel contesto delle isole di epitelio neoplastico, senza
equivalenti morfologici di differenziazione ghiandolare o di attività secretiva.
Il carcinoma a cellule fusate (sarcomatoide) è costituito da cellule
squamose in cui prevalgono le cellule fusate e la cui derivazione epiteliale può
essere dimostrata anche immunocitochimicamente. Ciò è molto importante per
differenziare i l carcinoma sarcomatoide da un carcinoma che abbia una
importante componente stromale fibroblastica associata, nonché da un
carcinosarcoma. La diagnosi differenziale deve considerare i melanomi a cellule
fusate ed i neoplasie sarcomi.
Il carcinoma adenosquamoso è formato da entrambe le componenti maligne:
carcinoma squamocellulare e adenocarcinoma. La sua istogenesi viene collegata
con i dotti delle ghiandole salivari minori o con l'epitelio superficiale di
rivestimento.
Per la diagnosi differenziale vanno considerati i carcinomi mucoepidermoidali di
alto grado ed il carcinoma adenoideo-squamoso.
Il carcinoma indifferenziato non possiede componenti differenziate né
squamose e neppure ghiandolari o di altro tipo.
Il carcinoma linfoepiteliale: è neoplasia poco differenziata e
caratterizzata da una cospicua componente linfoplasmacellulare reattiva. Le
cellule neoplastiche non sono morfologicamente distinguibili da quelle del
carcinoma nasofaringeo. Di solito si insedia nell'ipofaringe soprattutto in
soggetti di sesso maschile con un'età media di 60 anni. Tra i fattori di
rischio, oltre al fumo ed all'alcool, attualmente viene preso in considerazione
anche il virus di Epstein-Barr. La morfologia di questa neoplasia si
caratterizza per una componente squamocellulare poco differenziata, che può
rappresentare dal 10 al 75% dell'intera massa tumorale; alla quale si associa
l'infiltrazione linfoplasmacellulare. L'epitelio di rivestimento contiguo può
essere interessato da alterazioni equivalenti al carcinoma i n situ. è forma
aggressiva che, in circa un terzo dei pazienti, tende a dare metastasi ai
linfonodi regionali, al polmone, fegato, cute, mediastino. La mortalità è
dell'ordine del 30% entro 2 anni. Il carcinoma squamocellulare dell'anello di
Waldeyer è neoplasia epiteliale non cheratinizzante le cui metastasi si
insediano nei linfonodi laterocervicali: spesso assume caratteri cistici
determinati da eventi di necrosi. In genere sono neoplasie solide, aventi
aspetti di tipo basaloide con fenotipo che esprime la Citocheratina 7. Prendono
origine dai grossi dotti delle ghiandole salivari minori.