Il carcinoma della prostata ancora continua ad essere la più comune neoplasia nel sesso maschile. Viene diagnosticato ad uno su sei uomini nell'arco della vita. Uno su trenta muore.
La mortalità per questo tipo di neoplasia nel tempo è andata a diminuire perché attraverso lo screening è possibile identificare anche carcinomi prostatici in una fase più precoce. Per cui, in assenza di metastasi, grazie alla terapia, la prognosi può essere migliore. Sicuramente lo screening aiuta a ridurre la mortalità. Al di sotto dei 50 anni è raro. Aumenta con l'età. In genere, il carcinoma prostatico al di sotto dei 50 anni dovrebbe fare insospettire per sindromi familiari, perché si può trattare di forme di carcinoma prostatico di tipo ereditario, familiare.
cfr anche il PSA Il carcinoma prostatico
In realtà l'incidenza, se poi si considerano anche le forme asintomatiche, è molto più alta. Studi autoptici, infatti, evidenziano che spesso molti pazienti hanno delle neoplasie occulte e muoiono poi per altre cause. Ciononostante, la neoplasia rimane piuttosto frequente. Il vantaggio rispetto ad altre neoplasie è che il carcinoma della prostata ha una storia clinica abbastanza lunga. Per cui non vi sono grossissimi rischi per il paziente anche in caso di ritardo diagnostico, visto che alle prime biopsie è complicato porre diagnosi, mentre in genere solo in un secondo tempo ciò è possibile. L'incidenza varia in base alle zone geografiche, questo probabilmente per fattori genetici ed ambientali. In Asia è piuttosto raro rispetto a USA ed Europa. Da dove origina il carcinoma prostatico? Il carcinoma prostatico è di tipo acinare, la tipologia più frequente nel 95% dei casi di carcinoma, neoplasia che origina dalle cellule colonnari secretorie della ghiandola prostatica. Esiste anche un carcinoma prostatico di tipo duttale, che origina dai dotti, ma è molto meno frequente. In genere, parlando di cancro della prostata, ci si riferisce al carcinoma prostatico acinare. Le cellule neoplastiche rimangono tutto sommato differenziate. Di conseguenza, le cellule neoplastiche continuano a produrre PSA. Per questo il PSA può essere indicativo di un carcinoma prostatico, proprio perché anche le cellule carcinomatose continuano a sintetizzare PSA come le cellule normali ed esso, approfittando del fatto che la membrana basale cellulare è infiltrata dal tumore, la attraverso e si riversa nel circolo ematico, risultando apprezzabile al prelievo ematico. Le cellule atipiche rimangono anche controllate dalla stimolazione androgenica, per un certo periodo, per cui conservano i recettori per gli androgeni. Il fatto che il carcinoma prostatico abbia i recettori per gli androgeni è importante in clinica, nel senso che questa caratteristica è fondamentale per la cura stessa della lesione, impiegando farmaci che antagonizzano gli ormoni stessi. Pertanto se il carcinoma prostatico esprime i recettori degli androgeni, può essere trattato con gli antagonisti ormonali e bloccano nella sua stimolazione e nella crescita.
Il carcinoma prostatico ha diversi fattori pre-disponenti:
• età;
• fattori ambientali;
• livelli ormoni.
• fattori genetici - si ricordino i geni BRCA-1 e BRCA-22;
• pregresse infiammazioni.
Il carcinoma della prostata, nel suo percorso diagnostico, ha una diagnosi
pre-operatoria e una diagnosi post-operatoria. La diagnosi pre-operatoria,
quindi quella prima dell'intervento, viene fatta sulle biopsie prostatiche
oppure sui frammenti della TURP (resezione prostatica trans-uretrale).
Quindi, attraverso le due tecniche si può porre diagnosi di carcinoma prostatico
e, soprattutto, è possibile avere informazioni per cui la sua individuazione e
per la
sua estensione. Quindi, in genere vengono effettuate dodici biopsie prostatiche
e l'urologo
vuole conoscere cosi facendo in quanti frustoli sono evidenziabili cellule
atipiche di carcinoma prostatico ed in
che percentuale ogni frustolo è interessato dal carcinoma prostatico,
nell'intento di avere una prima contezza circa l'estensione della lesione ai
fini della classificazione TNM. Per es. se su venti
prese bioptiche solo una è interessata col 5%, il carcinoma prostatico è
piccolo, se piuttosto in venti prese bioptiche tutte sono interessate al 80%,
significa che il carcinoma prostatico è sicuramente molto più esteso e rischioso.
Queste informazioni servono all'urologo per decidere anche qual è l'approccio
terapeutico da utilizzare. Perché il carcinoma prostatico può essere
verosimilmente piccolo e avere un basso grado. Ed un'altra cosa da valutare è
anche il grado istologico del carcinoma prostatico. L'urologo può decidere
anche di non fare la resezione prostatica, soprattutto in un paziente
giovane, e di fare altre terapie, come quella ormonale, la radioterapia,
proprio per evitare le complicanze come la lesione dei plessi nervosi che
innervano i corpi cavernosi del pene. Quindi, se l'estensione del carcinoma
prostatico è bassa, si può anche decidere di non fare la resezione. In
definitiva l'urologo come informazione vuole sapere se c'è l'adenocarcinoma, la
sua estensione nei diversi frammenti ed il grading istologico.
Il grading istologico del carcinoma prostatico attualmente rimane il principale
fattore prognostico. Un grado basso è correlato ad una prognosi buona; un grado
alto è correlato ad una prognosi negativa. Quindi, nonostante il 2014 sia l'era
della biologia molecolare, ancora il fattore prognostico più importante del
carcinoma della prostata è il grading. Ed ovviamente la diagnosi di carcinoma
prostatico può avvenire soltanto con l'esame istologico. Per cui non ci sono
altre tecniche con cui si può dire che certamente il paziente ha quel carcinoma
prostatico.
Come suddetto, la maggior parte dei tumori si localizza nella zona periferica
della prostata. Questo fa sì che si possa arrivare con
l'esplorazione di digito-rettale e con le biopsie, ma ovviamente rende il
carcinoma prostatico asintomatico, perché, se si localizza nella zona
periferica, il paziente non ha alcun sintomo. Per questo è importante Io
screening, perché il carcinoma prostatico, prima di essere sintomatico, va in
progressione neoplastica. Quindi il paziente sintomatico è, nella maggior parte
dei casi, è quello che ha già le metastasi ossee. E una neoplasia frequentemente
multifocale, per cui ci possono essere più focolai nella stessa ghiandola.
Come si può distingue un quadro istologico normale da uno tumorale? Nella
prostata normale ci sono delle ghiandole ampie, grandi, costituite da cellule
disposte in due strati: più internamente le cellule secretorie e, più
esternamente, le cellule basali. Si possono reperire anche concrezioni calcaree
del fluido prostatico, chiamate corpora amilaceae, che indicano la benignità
della ghiandola. Nel carcinoma prostatico le ghiandole invece diventano piccole.
Sono piccole, sono affollate. Si riduce soprattutto la quantità di stroma che si
trova tra una ghiandola e l'altra. Le ghiandole proliferano e quindi diminuisce
lo stroma interposto. Si dice che le strutture ghiandolari si dispongono back to back, cioè schiena contro schiena. Diventano affollate e piccole. La più
evidente differenza tra un carcinoma e una condizione benigna è la scomparsa
delle cellule basali nel carcinoma. Le ghiandole neoplastiche maligne non hanno
pili le cellule basali. L'immunoistochimica permette l'evidenziamento delle
cellule basali. Se queste ultime sono presenti, le ghiandole sono ancora
benigne. L'immunoistochimica sfrutta la presenza delle citocheratine 34-P, che è
negativa se si tratta di ghiandole neoplastiche maligne. Quindi consente in
istologia di discriminare tra le ghiandole neoplastiche maligne e le ghiandole
benigne. Attenzione perché tale indagine istologica può essere espressa in un
referto di anatomia patologica.
Un'altra indagine immunoistochimica - presente eventualmente nel referto - che
può essere d'aiuto per l'anatomopatologo riguarda l'enzima l'alfa-metilacil-CoA-racemasi,
espresso nelle cellule neoplastiche ma non in quelle normali. Di conseguenza, se
si sviluppa la reazione, gli anticorpi diretti contro l'antigene hanno legato il
bersaglio, ergo si tratta di cellule epiteliali neoplastiche prostatiche.
Stabilito che c'è il carcinoma, fatta la diagnosi di carcinoma sulle biopsie,
bisogna dire:
• qual è l'estensione delle autopsie, quindi il numero di frustoli coinvolti;
• percentuale del frustolo interessato del carcinoma;
• estensione extra-prostatìca.
In genere, nel mapping prostatico, l'urologo fa un prelievo sul tessuto
periprostatico e vuole sapere se nel prelievo c'è il cancro oppure no. Perché,
se il tessuto extra-prostatico è coinvolto, il valore "T" della stadiazione TNM
è più elevato. Ne consegue che l'approccio terapeutico è diverso. Il paziente
può non poter essere aiutato da alcune metodiche, non può essere sottoposto ad
una chirurgia di tipo conservativo, perché il tumore può essere anche diffuso
agli organi vicini. Quindi il mapping serve per valutare anche il tipo
d'intervento che andrà a fare.
Nella diagnosi pre-operatoria, oltre a dare queste informazioni, vanno date
anche informazioni sul grading istologico. Cos'è il grading? E il grado di
differenziazione. Che cosa vuol dire? Un tumore che origina da una struttura
ghiandolare è ben differenziato se è una ghiandola. E scarsamente differenziato
se non è una ghiandola. Quindi, il grado di differenziazione, il grading
istologico dice quanto la neoplasia è differenziata.
Ci sono:
• neoplasie ben differenziate;
• neoplasie moderatamente differenziate;
• neoplasie scarsamente differenziate.
Per fare un'analogia col colon, in genere il grado prima era ben differenziato,
moderatamente differenziato e scarsamente differenziato; ora si parla di
carcinoma colo-rettale di basso grado o di alto grado. Comunque indica quanto la
neoplasia è differenziata, cioè quanto somiglia all'organo da cui origina.
Più una neoplasia è scarsamente differenziata, tanto più è aggressiva. Perché le
neoplasie scarsamente differenziate perdono le proprietà epiteliali e quindi
tendono a dissociarsi, tendono ad essere più infiltranti. Tanto meno
assomigliano all'epitelio, tanto più saranno aggressive, perché assumono
caratteristiche più simili a cellule mesenchimali e quindi hanno più capacità
di diffondersi a distanza.
Nella prostata c'è un tipo particolare di grading istologico, che si chiama grado di Gleason (o Gleason score), dal nome di chi per primo ha individuato questo tipo di grading. Nel 1966 il Dr. D. Gleason, appunto, sviluppa un sistema di gradazione. Questo sistema era basato sull’aspetto architetturale del tumore e non sulle atipie citologiche. Contava 5 pattern di crescita (1-5) che venivano sommati per ottenere un score (2-10).
1°
pattern è quello predominante , 2° pattern è il secondo più rappresentato. Si fa
uno score di Gleason combinato, perché si sommano due punteggi da 1 a 5. Questo
perché il carcinoma prostatico si presenta spesso eterogeneo. Si parte
considerendo la parte più rappresentata ed a seguire, quella meno
rappresentata. Il tumore può essere preferenzialmente ben differenziato e
poi può avere una componente poco differenziata, il che corrisponde al punteggio
3 e 5. Non viene messo il punteggio totale ma la somma dei due addendi: il primo
numero corrisponde alla componente di tumore più rappresentata e il secondo
quella meno rappresentata. Ne consegue che 3 + 5, non è uguale a 5 + 3. Perché?
3 + 5 è meno grave di un 5 + 3, perché 3 + 5 significa che la maggior parte del
tumore ha un grado 3 e poi c'è una componente più piccola di grado 5. Mentre 5 +
3 significa che la maggior parte del tumore ha un grado 5, e poi c'è una
componente meno rappresentata di grado 3. I numeri non sono disposi a caso, sono
disposti con una logica. Il primo è quello più rappresentato, il secondo è
quello meno rappresentato. Rispetto agli altri sistemi, il grading di Gleason è articolato in
cinque gradi. Quindi c'è un punteggio da 1 a
5. Il grado 1 corrisponde al tumore più differenziato, il grado 5 il tumore
meno differenziato. In totale il grading ha un punteggio da 2 a 10.
Se il tumore è tutto omogeneo, la somma è uguale. Vi sono casi di 3 + 3, 4 + 4,
5 + 5, cioè si ripete il primo ed il secondo grado. Anche se il grading va da 1
a 5, di fatto il grado 1 ed il grado 2 praticamente non esistono perché
corrispondono forse più ad alterazioni benigne che maligne, e perché grado 1 e
grado 2 sono neoplasie circoscritte e non infiltrano le ghiandole adiacenti. Per
cui le indicazioni della Società di Uropatologia Internazionale, suggeriscono
di non assegnare mai grado 1 e grado 2, perché sono virtualmente inesistenti.
Quindi il valore minimo dello score parte da 6. Ne segue che Gleason 3 + 3 è il
grado di differenziazione più alto, cioè è un tumore più differenziato. Perché è
importante il grading? Perché ha una correlazione molto stretta con lo stadio
TNM e con la sopravvivenza. Neoplasie che hanno uno stadio più avanzato, spesso
hanno un grading più alto. Quindi è il principale fattore prognostico del
carcinoma prostatico. Neoplasie con uno score di 5 + 5 sono molto aggressive,
evolvono male e spesso hanno una stadiazione, uno stadio TNM più avanzato. La stadiazione secondo il grading viene tenuta anche molto in considerazione
per la terapia. Neoplasie 3 + 3 spesso non vengono neanche trattate
chirurgicamente, cioè vanno direttamente ad altri tipi di terapia. Perché il
rischio che poi i pazienti abbiano una prognosi avversa, è abbastanza basso.
Quindi il grading è il fattore prognostico più importante. Cioè è quello che più
dice come il tumore si evolve.
Si ripete che il grading va da 2 a 10, quindi da 1 + 1 a 5 + 5. In
realtà però le nuove indicazioni suggeriscono che vada da 6 a 10. Mentre 6 è il
punteggio più basso, 10 è il punteggio più alto.
Viene attribuito il pattern 3 (o punteggio 3) quando le ghiandole sì sono
vicine, però sono ancora separate tra e distinguibili, hanno una variazione di
forma e di grandezza. Nel 4 non c'è più lo stroma interposto, quindi le
ghiandole sono fuse, invece nel 3 c'è ancora un minimo di matrice interstiziale.
E nel 5 non ci sono più strutture ghiandolari. Quindi nel 3 le ghiandole
assomigliano molto alle strutture fisiologiche, le neoplasie sono ancora
costituite da strutture ghiandolari, per cui la neoplasia è più differenziata.
Nel 5 le ghiandole non ci sono più, non c'è più differenziazione ghiandolare,
per cui si tratta di neoplasie molto indifferenziate.
Un carcinoma che ha uno score tra 8 e 10 recidiva molto più frequentemente dopo
la terapia rispetto ad una neoplasie che ha uno score 6. Quindi lo score 6
viene dato come di basso rischio clinico per il paziente rispetto ad uno score
10.
Comunque che la biopsia non fa vedere tutta la ghiandola, per cui spesso la
neoplasia viene sottograduata nella biopsia. Magari viene attribuito il grado
6, ma l'attribuzione non esclude che all'interno della prostata ci sia uno score
10. Ancora una volta, ergo, la biopsia si dimostra come rappresentazione
sommaria della realtà. Perché successivamente nel pezzo chirurgico vi possono
essere anche cose diverse ri-spetto a quelle rilevate nella precedente biopsia.
In conclusione, il grading di Gleason è predittivo della probabilità di
diffusione extrapro-statica con ripercussione sulla curabilità della neoplasia.
Diffusione extraprostatica in 10 anni:
• per i tumori con 5 - 6 è del 33%;
• per i tumori con score 7 - 10 è del 61%.
Per cui il 6 viene trattato spesso in un modo, già uno score di 7 sulla biopsia
presuppone un trattamento di tipo diverso.
Altre lesioni che si possono trovare in una biopsia prostatica sono:
• la neoplasia prostatica intraepiteliale, la PIN;
• la proliferazione atipica a piccoli acini, la ASAP, sospetta ma non
diagnostica per malignità.
Nella ASAP sono visibili gli acini piccoli, che sono caratteristici di
neoplasia maligna, però sono pochi e non hanno ancora dei caratteri suggestivi
per potere indirizzare con certezza che si tratti di ghiandole maligne. Quindi
ASAP significa "sono state viste ghiandole piccole, è possibile siano maligne
ma non ve n'è certezza." Questo è il messaggio che viene trasmesso all'urologo.
Per cui, con una diagnosi di ASAP, il paziente entra in follow up, viene
seguito attraverso la determinazione dei livelli sierici di PSA e ripete la
biopsia dopo sei mesi. Questo perché? Perché l'ASAP può corrispondere acnhe a
patologia benigna, ma parimenti è possibile che l'urologo abbia fatto la biopsia in
vicinanza di un cancro ma non l'ha preso. Ne consegue che successivamente, in
una seconda biopsia, si potrebbe avere una diagnosi di cancro che non era stata
formulata nella prima.
Allo stesso modo, se in un esame istologico la diagnosi è di PIN, il paziente
entra in follow up, perché la neoplasia prostatica intraepiteliale è una
lesione che è precursore del cancro.
In conclusione, sia per la PIN sia per l'ASAP, il paziente segue un follow up
più stretto.
La PIN è presente nel 4-16% delle biopsie prostatiche. È frequentemente in
prossimità del carcinoma prostatico e, come nel carcinoma prostatico, è più
frequentemente localizzata nella zona periferica. È praticamente il precursore
del carcinoma prostatico.
Considerazioni simili vi sono per il carcinoma della cervice uterina. Anche
nella cervice, infatti, c'è la neoplasia cervicale intraepiteliale, precursore
del carcinoma della cervice uterina. E si chiama CIN. Nella prostata PIN e
nella cervice CIN.
Se si cerca la citocheratina 34-P in una PIN, so evidenziano le cellule basali,
ancora presenti nella struttura ghiandolare, a differenza del carcinoma.
L'ASAP invece è una lesione costituita da acini piccoli. La sigla vuol dire
infatti "proliferazione atipica a piccoli acini". Vi sono delle atipie
citologiche, per esempio i nucleoli evidenti. In ogni caso, le atipie non sono
ancora tali da poter essere catalogate come caratteristiche di carcinoma.
In molti casi, la ripetizione della biopsia dopo diagnosi di ASAP, evidenzia il
carcinoma.
Un'altra condizione è l'iperplasia adenomatosa atipica. È una lesione che può
mimare il cancro dal punto di vista istologico, però è una lesione benigna,
nonostante il termine atipico. Non è un precursore del cancro e non è una
lesione maligna. Ci sono delle ghiandole iperplastiche, atipiche, che però
sono benigne e non neoplastiche. Attenzione perché è possibile leggere sul
referto la diagnosi di iperplasia adenomatosa atipica.
Nell'iperplasia adenomatosa atipica viene conservata, anche se ci sono delle
atipie citologiche, la positività per la citocheratina 34-P, perché sono
presenti le cellule epiteliali basali.
È stato trovato il carcinoma prostatico nella biopsia. Il paziente può essere
candidato ad in-tervento chirurgico. Viene asportata la prostata. La diagnosi
istologica viene fatta sul pezzo operatorio. Ne consegue che oltre alla diagnosi
pre-operatoria finora evidenziata, esiste anche una diagnosi post-operatoria.
Il paziente che viene sottoposto ad intervento chirurgico e fa una
prostatectomia radicale, che comprende anche vescichette seminali, dotti
eiaculatori, è un paziente che sa già di avere il carcinoma prostatico. Per cui
a cosa serve il referto istologico sul pezzo operatorio? Il paziente già
sapeva di avere il carcinoma prostatico. Per cui l'informazione istologica può
sembrare tutto sommato è inutile. A cosa mai, invece, può giovare l'esame
istologico sul pezzo operatorio?
• E possibile ripetere lo score di Gleason, il quale può essere diverso rispetto
a quello della biopsia;
• si potrebbe anche vedere se è ormono-dipendente se si ricercano i recettori
per gli androgeni;
• deve essere segnalata l'embolizzazione neoplastica, perché è un fattore
negativo;
• se i margini di resezioni sono puliti o meno 3, perché se s'è preso un margine
di resezione, la prognosi per il paziente cambia.
Quali sono i margini di resezione della prostata? Viene asportata anche
l'uretra prostatica (se sta là dentro...). Quale può essere il margine di
resezione? Bisogna vedere se è infiltrata la
vescica. Ma come si fa a vedere se è infiltrata la vescica se non si vede? Si
osserva anche l'estensione periprostatica, però in questo caso, se si vuole
stabilire il rischio d'infiltrazione della vescica, quale parte della prostata
si deve guardare?
visita: Un Medico per Tutti
Qual è la parte della prostata che confina con la vescica è l'apice. L'apice è
presente come margine di resezione.
Altri margini di resezione che praticamente stabiliscono una continuità
anatomica con altri organi, non vi sono. Però viene considerato come margine di
resezione anche la base, quindi viene fatto un campionamento anche estensivo
della base. E comunque viene analizzata tutta la prostata per stabilire se c'è
un'infiltrazione della capsula prostatica, perché posso essere anche infiltrati
i tessuti adiacenti alla prostata. Ne consegue che una delle indicazioni che si
devono dare dare, è se il carcinoma è intraprostatico o se c'è anche
un'infiltrazione extra-prosfatica.
Tra le informazioni che tutti i clinici vogliono, v'è la stadiazione TNM. La
stadiazione TNM può essere clinico-strumentale oppure post-chirurgica. La
clinica, che viene fatta con la TC e la RMN, lascia un po' il tempo che trova
perché comunque non si sa se v'è una corretta corrispondenza della realtà. La
stadiazione TNM post-chirurgica, invece, fotografa la neoplasia in un preciso
momento. Cioè cosa dice? In questo momento la neoplasia è estesa a tutte le "X"
strutture. Quindi il clinico vuol sapere qual è lo stadio TNM, cioè:
• Qual è l'estensione del T?
• Qual è l'estensione dell'N? Ha coinvolto i linfonodi? Se non li ha coinvolti
sarà Nx.
Quando arriva la prostata, si fa un campionamento della stessa. La ghiandola
viene sezionata. Le sezioni vengono poi sottoposte all'esame istologico.
Il carcinoma prostatico non è una neoplasia facile da individuare
macroscopicamente. Se si apre un colon, pure il chirurgo si accorge della
presenza del tumore, lo guarda e dice: "ecco, qui c'è la neoplasia." Si vede
anche in endoscopia. È facilmente distinguibile un tumore della regione colica.
Il carcinoma prostatico macro-scopicamente non è facilmente distinguibile. Si
presenta come delle aree di consistenza aumentate, ed ha un colorito
giallo-ocra. Nonostante tali informazioni, anche un anatomopatologo esperto che
fa il campionamento della prostata, può non riuscire ad identificare
macroscopicamente il carcinoma. Per questo motivo, tutta la prostata viene
campionata e sottoposta ad esame istologico.
Nell'esame microscopico della prostatectomia, si referta nuovamente se c'è il
carcinoma e si valuta ancora il grading sul pezzo operatorio, perché il grading
può anche essere differente rispetto a quello riscontrato nella biopsia. Nella
maggior parte dei casi v'è una sotto-graduazione sulla biopsia. Ancora, è
importante che si
riporti l'estensione microscopica della neoplasia: la neoplasia è presente
in un lobo, in due lobi oppure in tutta la prostata.
Alcuni dicono che bisognerebbe anche calcolare il rapporto tra volume del
carcinoma prostatico rispetto al volume intero della prostata. Questo richiede
dei programmi particolari. Però si può dire in che percentuale si trova il
carcinoma rispetto alle totali sezioni della prostata.
Altre informazioni:
• estensione extra-capsulare, quindi se il tessuto adiposo periprostatico è
infiltrato;
• infiltrazione delle vescichette seminali;
• infiltrazione della vescica - se è stata tolta, perché altrimenti non la si
può vedere.
In pratica, si analizza il TNM della neoplasia.
Altre informazioni riguardano l'eventuale presenza di embolizzazione linfatica e
vascolare, se ci sono degli emboli neoplastici all'interno dei vasi. Perché?
Perché è più facile che ci siano metastasi. Significa che il tumore è entrato
all'interno dei vasi. Per cui la probabilità che la neoplasia sia in giro anche
da altre parti è superiore.
Si osserva poi anche se c'è l'infiltrazione perineurale, cioè se il tumore va
ad infiltrare le strutture nervoso.
Anche questo segno dà un rischio di prognosi avversa, quindi è un indice
prognostico negativo.
Fino al T2c, la neoplasia è localizzata all'interno della prostata. Se c'è
l'estensione extra-capsulare, già diventa T3. Quindi si valuta il sistema TNM,
si valutano i linfonodi se vengono asportati. L'asportazione dei linfonodi
dipende da indicazioni nei diversi centri. Nell'A.O.U. Policlinico di Messina,
ad esempio, l'asportazione linfonodica non avviene quasi mai. Perché? Perché
sembra che in realtà la prognosi non sia diversa se vengono o meno asportati i
linfonodi.
Se il carcinoma è all'interno del tessuto adiposo extraprostatico, il tumore ha
un'estensione extraprostatica, il che corrisponde ad uno stadio T più elevato ed
anche a prognosi infausta, perché il tumore si può essere diffuso anche a zone
adiacenti alla prostata.
Dopo tutto l'esame istologico, per il paziente vengono stabilite delle categorie
di rischio. Tali categorie si basano sullo stadio T, sul Gleason score e sul PSA
prima dell'intervento. Per cui ci sono:
• categoria di basso rischio;
• categoria di rischio intermedio;
• categoria di alto rischio;
• categoria di rischio molto elevato.
In relazione alle categorie, si stabilisce anche che tipo di terapia attuare
dopo l'intervento.
Dopo l'asportazione prostatica, uno degli indici più importanti per valutare la
presenza di metastasi, quale può essere? Semplice esame di laboratorio, il
dosaggio del PSA. Il PSA, dopo 10 giorni più o meno dall'intervento, deve
essere praticamente zero. Se il PSA aumenta, vuol dire che da qualche parte ci
sono delle ghiandole prostatiche che stanno producendo il PSA. Quindi l'aumento
del PSA, la comparsa del PSA dosabile in un paziente con prostatecto-mia, è
indicativa di metastasi, perché il paziente non dovrebbe avere più possibilità
di sintetizzare PSA. Se il PSA compare e diventa dosabile, vuol dire che
nell'organismo ci sono ancora delle ghiandole neoplastiche.
Il carcinoma prostatico si diffonde sia attraverso la via linfatica, e
principalmente ai linfonodi otturatori e para-aortici, sia anche attraverso la
via ematogena. La sede principale di metastasi di carcinoma prostatico sono le
ossa. Sono metastasi a livello soprattutto vertebrale, e metastasi di tipo
osteoblastico. Si vedono quindi come osteo-addensanti agli esami radiologici.
Quindi il carcinoma prostatico è uno dei tumore che danno principalmente
metastasi all'osso.
La sopravvivenza del carcinoma prostatico è correlata allo stadio, al grado,
estensione della neoplasia al momento della diagnosi e, se la malattia è
esclusivamente locale, la sopravvivenza è in genere superiore ai cinque anni.
In caso di malattia metastatica, la sopravvivenza media è uno o tre anni.
Per concludere, attualmente l'unica indagine che fa fare diagnosi di certezza di
carcinoma prostatico, è l'esame istologico. Il PSA dà delle indicazioni ma non è
assolutamente specifico, perché ci possono essere pazienti con carcinoma
prostatico che hanno il PSA al di sotto di 4 ug/dl, e pazienti senza carcinoma
prostatico che hanno PSA al di sopra di 4 ug/dl. Per cui il PSA serve come
screening ma non dà nessuna informazione sulla situazione effettivamente.
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