appunti del dott. Claudio Italiano
cfr prima cancro ovarico introduzione
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Il cancro dell'ovaio è la causa principale di morte per neoplasie ginecologiche negli Stati Uniti. Nel 1996 sono stati diagnosticati 26700 nuovi casi e registrati 14800 decessi. Questa malattia è responsabile del 5% di tutti i decessi per neoplasia nel sesso femminile negli Stati Uniti; muoiono più donne per questo tipo di neoplasia che per il carcinoma della cervice e dell'endometrio considerati insieme. L'incidenza specificamente correlata all'età dei tumori maligni ovarici più comuni aumenta progressivamente e raggiunge il picco massimo nell'ottavo decennio di vita. Il cancro dell'ovaio è piuttosto raro prima dei 40 anni. Studi epidemiologici indicano incidenze maggiori nelle nazioni industrializzate e un'associazione con disturbi della funzione ovarica che comprendono la fertilità, la nulliparità, gli aborti ripetuti e l'utilizzo di farmaci induttori dell'ovulazione come il clomifene.
Ogni gravidanza riduce il rischio di cancro ovarico di circa il 10% e anche l'allattamento e la legatura delle tube sembrano ridurre il rischio. i contraccettivi orali riducono il rischio di cancro ovarico sia nelle pazienti con anamnesi familiare di tumore sia nella popolazione generale. Molte di queste riduzioni del rischio sono a sostegno dell'ipotesi dell' ovulazione incessante" alla base dell'eziologia del cancro ovarico, la quale implica che un processo aberrante di riparazione dell'epitelio superficiale sia essenziale per lo sviluppo del carcinoma ovarico.
La terapia estrogenica sostitutiva dopo la menopausa non sembra incrementare il rischio di cancro ovarico, benché uno studio abbia rilevato un modesto aumento del rischio in caso di assunzione superiore a 11 anni.
I casi familiari rappresentano il 5% circa di tutti i tumori maligni ovarici e una storia familiare di cancro ovarico è un fattore di rischio maggiore. Le donne con un familiare di primo grado affetto hanno un rischio pari al 5% rispetto all'1,6% della popolazione generale. Nelle famiglie con due o più familiari di primo grado affetti il rischio può superare il 50%. Si riconoscono tre tipi di tumori maligni con ricorrenza familiare ed eredità autosomica dominante:
1) sito-specifico, in cui si evidenzia solo cancro ovarico;
2) familiare associato al carcinoma della mammella;
3) sindrome familiare neoplastica di Lynch di tipo 11, che include carcinoma colorettale non polipomatoso, carcinoma dell'endometrio e cancro ovarico.
Nelle donne con forme ereditarie di cancro ovarico-mammario il locus di suscettibilità, BRCA-1, è localizzato sul cromosoma 17q12-21. t probabile che BRCA-1 sia un gene oncosoppressore e la proteina sintetizzata agisca come regolatore negativo della crescita tumorale. E' stato descritto un gran numero di mutazioni di BRCA-1; nella maggioranza dei casi si tratta di mutazioni "frameshift" o senza senso e nell'86% dei casi si ha la produzione di proteine troncate. L'esatta implicazione della miriade di altre mutazioni, comprese le numerose mutazioni missense, non è nota. I soggetti maschi appartenenti a tali famiglie hanno un rischio aumentato di carcinoma della prostata. L' analisi citogenetica dei tumori maligni ovarici sporadici generalmente evidenzia riarrangiamenti cromosomici complessi. Anomalie strutturali compaiono frequentemente a carico dei cromosomi 1 e 11 e la perdita di eterozigosità (loss of heterozygosity, LOH) è piuttosto comune sui cromosomi 3q, 6q, 1 lq e 17. Sono frequenti anche anomalie a carico di oncogeni che includono c-myc, Il-ras, K-ras e neu.I tumori ovarici (solitamente non epiteliali) sono talvolta componenti di sindromi genetiche complesse. La sindrome di Peutz Jeghers (polipi intestinali e pigmentazione mucocutanea) si associa ai tumori dei cordoni stromali sessuali dell'ovaio e a tumori a cellule del Sertoli nell'uomo. I pazienti con disgenesia gonadica (genotipo 46XY o mosaici di cellule contenenti linee Y) sviluppano gonadoblastomi e le donne con carcinomi nevoidi basocellulari hanno un rischio aumentato di fibromi ovarici.
Quadro clinico e diagnosi differenziale
Nella maggioranza delle pazienti con cancro ovarico la diagnosi viene posta quando la malattia si è già diffusa oltre la pelvi. La comparsa di dolore addominale, distensione dell'addome e sintomi urinari di solito indicano una fase avanzata della malattia. Il cancro ovarico localizzato è generalmente asintomatico. Tuttavia, l'aumento progressivo di un tumore ovarico localizzato può determinare la comparsa di frequenza minzionale e stipsi, mentre raramente la torsione di una massa ovarica determina la comparsa di dolore addominale acuto o addome chirurgico. Diversamente dal carcinoma della cervice o dal carcinoma endometriale, sanguinamento o perdite vaginali sono raramente presenti nelle fasi iniziali del cancro ovarico. La diagnosi precoce della malattia di solito avviene in seguito alla palpazione di una massa annessiale asintomatica nel corso di un'esplorazione pelvica di routine. Tuttavia, la maggioranza delle masse ovariche identificate all'esame obiettivo è rappresentata di cisti benigne funzionali che caratteristicamente scompaiono nell'arco di tre cicli mestruali.
Masse annessiali che si presentano in donne prima del menarca o dopo la menopausa sono più frequentemente patologiche e richiedono di solito una esplorazione chirurgica. Altre cause di masse annessiali includono fibromi uterini peduncolati, endometriosi, neoplasie ovariche benigne e lesioni infiammatorie dell'intestino. La valutazione delle pazienti con sospetto cancro ovarico deve comprendere la misurazione dei livelli sierici del marcatore tumorale CA125. I determinanti del CA-125 sono glicoproteine con dimensioni molecolari comprese tra 220 e 1000 kDa e vengono impiegate tecniche radioimmunologiche per determinarne i livelli in circolo. Circa l'80-85% delle pazienti con cancro ovarico presenta livelli di CA- 125 pari o superiori a 3 5 U/ml. Anche altri tumori maligni possono dar luogo a livelli elevati di CA-125, come i carcinomi dell'endometrio, della cervice, della tuba, del pancreas, della mammella, del polmone e del colon. Condizioni non maligne talvolta caratterizzate da valori elevati di CA125 comprendono la gravidanza, l'endometriosi, la malattia infiammatoria pelvica e i fibromi uterini. Circa 1% delle donne normali ha livelli sierici di CA-125 superiori a 35 U/ml. Comunque, in donne in età postmenopausale con una massa pelvica asintomatica e livelli di CA125 pari o superiori a 65 U/ml la sensibilità del test è del 97% e la sua specificità del 78%.
Diversamente dalle pazienti con malattia in fase avanzata all'atto della diagnosi, le pazienti con cancro ovarico in fase precoce (stadi I e Il) sono comunemente trattabili con la terapia convenzionale. Per tale motivo le procedure di screening dovrebbero avere un impatto sulla percentuale di guarigione della malattia. Benchél'esplorazione pelvica possa talvolta identificare la malattia in una fase precoce, si tratta di una procedura di screening poco sensibile. Un'ecografia transvaginale ha sostituito l'ecografia addominale, più lenta e meno sensibile, ma presenta un significativo numero di risultati falsamente positivi, in particolare modo nelle donne in età premenopausale. Le immagini ottenute con il color Doppler in associazione con l'ecografia transvaginale possono migliorare l'accuratezza e ridurre l'elevato rischio di risultati falsamente positivi. Si è studiato l'utilizzo del CA-125 come mezzo di screening. Purtroppo, metà delle donne con malattia in stadio 1 o II ha livelli di CA-125 inferiori a 65 U/ml. Altre malattie non di natura maligna possono presentarsi con valori elevati di CA-125 e nella maggior parte degli studi di screening sono stati riportati risultati falsamente negativi e positivi. Sono stati effettuati tentativi per migliorare la sensibilità e la specificità con la combinazione di procedure diverse, di solito l'ecografia transvaginale e i livelli di CA-125. In uno studio di screening condotto su 22000 donne, 42 risultarono positive allo screening e I I avevano un cancro ovarico (di cui 7 in fase avanzata). Inoltre, 8 donne con screening negativo svilupparono cancro ovarico. Così, se da una parte lo screening consente di diagnosticare tumori maligni ovarici in fase precoce in donne asintomatiche, dall'altra la percentuale di risultati falsamente positivi sarebbe tale da portare a un gran numero di laparotomie non necessarie (ovvero negative) nell'ipotesi che la positività allo screening implicasse un'esplorazione chirurgica. La Consensus Conference dei National Institutes of Health ha sconsigliato l'impiego dello screening per il cancro ovarico nella popolazione generale in assenza di fattori di rischio noti per la malattia.
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I tumori epiteliali rappresentano la maggioranza (85%) delle neoplasie ovariche. Essi possono essere benigni (50% dei casi), maligni (33% dei casi) o a bassa potenzialità maligna (16% dei casi), quest'ultimi definiti anche borderline" in relazione alla malignità. I carcinomi maligni a bassa potenzialità maligna hanno caratteristiche citologiche di malignità ma non invadono lo stroma ovarico. Più del 75% si presenta in fase precoce e generalmente si manifestano in donne giovani.
A parte i tumori benigni, come la cisti ovarica, i tumori maligni dell'ovaio sono di tre tipi:
- tumori epiteliali
- tumori germinali
- tumori stromali
I tumori epiteliali originano dalle cellule epiteliali che rivestono
superficialmente le ovaie. Essi costituiscono più del 90% delle neoplasie
ovariche maligne.
I tumori germinali originano dalle cellule germinali (quelle che danno origine
agli ovuli); essi rappresentano il 5% circa delle neoplasie ovariche maligne,
sono pressochéesclusivi dell'età giovane (infanzia e adolescenza) e sono
differenziabili dagli altri tumori maligni dell'ovaio perchéproducono marcatori
tumorali riscontrabili nel sangue (come l'alfaproteina o la gonadotropina
corionica) diversi da quelli prodotti dai tumori di origine epiteliale.
I tumori stromali originano dallo stroma gonadico (tessuto di sostegno
dell'ovaio). In teoria costituiscono un gruppo facilmente diagnosticabile dato
che alla sintomatologia comune a tutti i tumori ovarici uniscono effetti
ormonali (ovvero legati a una eccessiva produzione di ormoni sia femminili sia
maschili, perchéparte delle cellule è in grado di produrre testosterone). La
maggior parte di questi tumori sono caratterizzati da una bassa malignità. Essi
rappresentano il 4% circa delle neoplasie ovariche maligne.
La classificazione più recente di Kurman, distingue il carcinoma ovarico in
due gruppi, definiti tipo I e II.
I tumori di tipo I insorgono da cellule ben
differenziate, come i tumori borderline (cioè di confine tra malignità e
benignità); alcuni di questi possono essere a lenta crescita (carcinomi sierosi
di basso grado). I tumori di tipo I sono correlati con un certo tipo di
mutazioni a carico di specifici geni (tra cui
KRAS, BRAF, PTEN e b-catenina).
I tumori di tipo II, al contrario, sono tumori di alto grado, piuttosto
aggressivi, che insorgono direttamente dal tessuto epiteliale dell'organo, senza
passare da una fase precancerosa. Questi tumori sono molto instabili dal punto
di vista genetico e mostrano mutazioni del gene P53. I tumori ereditari legati
ai geni BRCA1 e BRCA2 sono di tipo II.
La storia naturale è nettamente migliore per i benigni, ovviamente, rispetto alla controparte maligna. Si distinguono cinque sottotipi principali di tumori epiteliali dell'ovaio: sierosi (50%), mucinosi (25%), endometriodi (15%), a cellule chiare (5%) e il tumore di Brenner (1%), quest'ultimo derivante dall'urotelio. I tumori epiteliali benigni sono quasi sempre sierosi o mucinosi e si sviluppano in donne di età compresa tra 20 e 60 anni. Sono frequentemente di grandi dimensioni (20-30 cm), bilaterali e tipicamente cistici.
I tumori epiteliali maligni si presentano in soggetti con più di 40 anni. Sono
masse solide con aree
di necrosi ed emorragia. In presenza di masse più grandi di 10-15 cm la malattia
si è già diffusa negli spazi intraddominali. La disseminazione può cau,are carcinomatosi
peritoneale, che porta a ostruzione renale o intestinale e cachessia.
Stage | tumori Ovarici | Soprav-ivenza a 5 anni |
I | Confinata all'ovaio | 90% |
II | Confinata alla pelvi | 70% |
III | Diffusione intraaddominale | 15-20% |
IV | Diffusione extra addominale |
1-5% |
Stage | tumore Endometriali | Soprav-vivenza a 5 anni |
I | Confinata al corpo | 89% |
II | Corpo e cervice | 80 |
III | Oltre l'utero ma non oltre la pelvi | 30 |
IV | al retto e vescica | 9 |
Stage | tumori Cervicali |
Soprav-vivenza a 5 anni |
I | Ca in situ | 100% |
II | Confinato all'utero, no alla pelvi | 85% |
III | Esteso alla pelvi ed al terzo inferiore vagina | 33% |
IV | Diffuso alla mucosa della vescica o del retto | 7% |
Benché la laparotomia sia spesso la procedura primaria impiegata per definire la diagnosi, tecniche di indagine meno invasive possono essere di ausilio nella definizione del grado di estensione della malattia. Esse comprendono la radiografia del torace, la tomografia computerizzata (TC) dell'addome e l'ecografia addominopelvica. Se la paziente presenta sintomi specifici gastroenterici, si devono effettuare il clisma opaco o radiografie in serie dell'apparato gastrointestinale. Sintomi riferibili ad alterazioni della funzione vescicale o renale possono essere valutati mediante cistografia o pielografia endovenosa. Un'accurata laparotomia eseguita a fini di stadiazione consente di stabilire lo stadio e l'estensione della malattia e permette di effettuare una citoriduzione della massa tumorale nelle pazienti con malattia avanzata. Una laparotomia adeguata implica un'incisione longitudinale di lunghezza opportuna per garantire un esame accurato dei visceri addominali. Si devono valutare la presenza e la quantità del liquido ascitico studiandone la citologia. Il tumore primitivo deve essere esaminato per la presenza di escrescenze, aderenze dense ' e rottura. E' necessaria un'attenta ispezione visiva e manuale del diaframma e della superficie peritoneale. Oltre all'isterectomia totale per via addominale e alla salpingo-ooforectomia bilaterale, è necessario procedere a un'omentectomia parziale e devono essere ispezionate le logge paracoliche. 1 linfonodi pelvici, così come quelli paraaortici nella regione dell'ilo renale, devono essere biopsiati. Dato che l'intervento chirurgico definisce lo stadio, stabilisce la prognosi e fornisce le indicazioni per la terapia successiva, deve essere eseguito da un chirurgo con competenza specifica nella stadiazione del cancro ovarico. Alcuni studi hanno dimostrato che nelle pazienti operate da un ginecologo oncologo la malattia era stata stadiata correttamente nel 97% dei casi contro il 52% e 35% di casi in cui la malattia era stata stadiata, rispettivamente, da ostetrici/ginecologi e chirurghi generali. Alla fine del processo di stadiazione, nel 23% delle donne la malattia è in stadio I (cancro limitato all'ovaio o alle ovaie); nel 13% in stadio Il (malattia confinata alla pelvi vera e propria); nel 47% in stadio RI (malattia diffusa ma confinata all'addome) e nel 16% in stadio IV (diffusione extrapelvica ed extraddominale). La sopravvivenza a 5 anni è correlata allo stadio della malattia, risultando pari al 90% nello stadio 1, al 70% nello stadio 11, al 15-20% nello stadio 111, all'1 -5 % nello stadio IV. La prognosi del cancro dell'ovaio dipende non solo dallo stadio, ma anche dall'estensione della malattia residua e dal grado istologico. Le pazienti che si presentano con malattia in fase avanzata, ma che risultano prive di residui significativi di malattia dopo la chirurgia, hanno una media di sopravvivenza di 39 mesi rispetto ai 17 mesi delle pazienti con resezione della massa tumorale subottimale. La prognosi nei tumori epiteliali dipende notevolmente anche dal grado istologico e in misura minore dall'istotipo. Alcuni studi condotti su pazienti con malattia in fase precoce hanno associato una sopravvivenza più lunga agli adenocarcinomi mucinosi piuttosto che agli istotipi endometrioide o sieroso e una prognosi peggiore ai carcinomi a cellule chiare. Benchégli anatomopatologi utilizzino sistemi di grading diversi, in ogni sistema di grading la prognosi migliore è riservata ai tumori bene o moderatamente differenziati e quella peggiore ai sottotipi istologici scarsamente differenziati. La sopravvivenza tipica a 5 anni, indipendentemente dallo stadio della malattia, risulta essere la seguente: carcinoma ben differenziato, 88%; carcinoma moderatamente differenziato, 58%; carcinoma scarsamente differenziato, 27%. Il significato prognostico dei livelli pre- e postoperatori di CA- 125 è poco definito