La cura dell'artrite reumatoide, novità
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- Cura dell'artrite reumatoide
Negli ultimi anni si sono affermati nuovi principi per il trattamento dell'AR. In
particolare ilare i farmaci che modificano l'evoluzione della malattia sono diventati
di prima scelta ed i FANS non sono più somministrati da soli ma sempre in associazione
ad essi. Inoltre il trattamento è divenuto precoce ed aggressivo al fine di bloccare
l'evoluzione della malattia. I risultati di alcuni trial supportano infatti l'ipotesi
che il trattamento precoce a dosi piene produca risultati superiori rispetto al
tradizionale trattamento a gradini. Pertanto una volta posta la diagnosi il trattamento
con farmaci modificanti va iniziato prima possibile. Nelle forme severe o poco responsive
alcuni modificanti possono essere associati. Da un punto di vista diagnostico invece
il dosaggio degli anticorpi anticitrullina è divenuto il test di laboratorio pia
specifico per la diagnosi di artrite reumatoide (specificità del 95%). Circa il
20% dei pazienti con artrite reumatoide presentano positività per anticorpi antinucleo.
Scopi del trattamento:
1. Mantenere il soggetto membro attivo della vita sociale.
2. Limitare il dolore.
3. Ridurre la flogosi.
4. Preservare la funzione articolare e muscolare.
Riposo adeguato al livello di malattia (due ore al giorno in caso di flogosi lieve
e protratto per due settimane dopo la cessazione dei sintomi). Chinesiterapia per
mantenere la funzione articolare e muscolare (movimenti passivi solo nelle acuzie).
Sono consigliati esercizi aerobici di bassa intensità
- Portare il paziente al peso corporeo ideale con diete ipocaloriche ed in cremento
dell'attività fisica in caso di sovrappeso.
- Uso di supporti meccanici in caso di inabilità rilevanti.
I scelta
1. Il metotrexato (methotrexate cpr 2,5 mg) è divenuto il farmaco
di prima scelti nell'AR e produce i suoi effetti entro 2-6 settimane. Il dosaggio
iniziale è di 7,5 mg per os una volta a settimana. Qualora il paziente non risponda
entro un mese, la dose viene raddoppiata a 15 mg/settimana. La dose può essere ulteriormente
incrementata fino a 25 mg. La percentuale delle risposte è mollo elevata (90-95%)
e generalmente rapida (2- 6 settimane). La tossicità epatica del metotrexato richiede
che prima di iniziare il trattamento venga esclusa tassativamente la presenza di
epatopatie acute e croniche. Del pari va esclusa la presenza di significativo deficit
di funzione renale. Citopenie e depressione midollare sono più frequenti con creatinina
> 2 mg/dL. La stomatite può precedere la leucopenia e va trattata con l'aggiunta
di folati. Rara è la polmonite interstiziale che risponde al trattamento con cortisonici.
I controlli della funzione epatica vanno effettuati ogni 4-8 settimane. I pazienti
affetti da diabete, obesità o insufficienza renale sono a maggior rischio di effetti
collaterali. Evitare la contemporanea somministrazione di cotrimossazolo. Consigliare
metodi contraccettivi alle donne in età fertile, dato il rischio teratogeno. Per
ridurre l'incidenza degli effetti collaterali può essere somministato levofolinato
di calcio (Lederfolin) Pos: 7,5 mg 24 ore dopo l'assunzione del metotrexato.
2. La sulfasalazina (Salazopyrin EN cpr 500 mg) viene considerato anch'essa
di scelta perchè sembra avere efficacia più rapidamente dei sali d'oro e della clorochina.
Presenta inoltre una tossicità significativamente minore sebbene nel 10-25% dei
pazienti si possano avere neutropenia e trombocitopenia. Nei pazienti con deficit
di G6PD si può avere emolisi.
L'allergia ai sulfamidici ne controindica l'uso. Viene somministrata alla dose iniziale
di 500 mg x 2 /die incrementando successivamente fino a 3 g/die. Il monitoraggio
del farmaco si effettua controllando l'emocromo (ogni 2-4 settimane per i primi
3 mesi poi ogni 3 mesi) e l'esame delle urine.
II scelta
1. L'idrossiclorochina solfato (Plaquenil cpr 200 mg) è il più noto degli
antimalarici di sintesi usati nel trattamento dell'artrite reumatoide. Il dosaggio
è di 200 mg due volte al giorno durante i pasti principali. Il trattamento può essere
continuato a lungo, riducendo eventualmente il dosaggio a 200 mg/die. In monoterapia
va riservata a pazienti con forme lievi di AR perchè solo il 35-50% dei pazienti
risponde al trattamento, talvolta solo dopo 3-6 mesi. Viene spesso usata in associazione
a metotrexato o a sulfasalazina. L'effetto collaterale più importante è costituito
dalla retinopatia da deposito che può essere in qualche modo evitata con controlli
oculistici ogni sei mesi, che consentano di sospendere il farmaco al suo primo insorgere.
Di
rado si possono anche avere disturbi gastrointestinali, alterazioni della crasi
ematica, depigmentazione cutanea, specie con l'esposizione alla luce solare, ed
infine alterazioni elettrocardiografiche.
2. I sali d'oro per os (Ridaura cpr 3 mg) alla dose di 3 mg x 2 da
assumere ai pasti sono meno efficaci ma danno minori effetti collaterali. Il loro
effetto collaterale più frequente è la diarrea. Controllare ogni mese piastrine
e proteinuria. Evitare l'esposizione al sole. Il loro uso è ormai obsoleto.
3. La minociclina (Minocin cps 100 mg). Pos: 1 cpr x 2. Può essere efficace
solo nelle forme iniziali e lievi.
4. La leflunomide (Arava cpr 10, 20 e 100 mg). Pos: 100 mg/die per 3 giorni
seguiti da 20 mg/die. Inibitore della sintesi delle pirimidine, viene usata da sola
o in associazione al metotrexato. Ha un'emivita di 2 settimane. E' risultata teratogena
e carcinogena per cui è controindicata nelle donne e negli uomini che cerchino di
avere figli nonché nell'infanzia. Gli effetti collaterali più frequenti sono costituiti
da diarrea, severo calo ponderale, alopecia, rash, epatotossicità. Un farmaco molto
simile è il micofenolato mofetile (Cellcept cps 250 e 500 mg) immunosoppressore
ad azione selettiva che può essere somministrato per os.
Gruppo di farmaci molto efficaci, e di costo elevato, che vengono aggiunti a pazienti
che non abbiano risposto adeguatamente al metotrexato o agli altri modificanti.
Vengono distinti in
1. Inibitori del TNF (fattore di necrosi tessutale).
I pazienti trattati con questi farmaci presentano un aumentato rischio di neoplasie
e di riattivazione di focolai tubercolari latenti per cui è consigliabile effettuare
prima del trattamento una intradermoreazione alla Mantoux ed una radiografia del
torace. Vanno sospesi in caso di comparsa di febbre e richiedono grande prudenza
in pazienti affetti da scompenso cardiaco. Sono per lo più usati in ambiente specialistico.
L'infliximab (Remicade fi 100 mg) si è dimostrato efficace in oltre il 60%
dei pazienti con AR. Riduce la necessità di corticosteroidi. Si somministra in unica
dose di 3-10 mg/kg/ev con ripetizione del trattamento dopo 2, 6, 10, 14 settimane.
Gli effetti collaterali più rilevanti sono costituiti da orticaria, dispnea, ipotensione,
aumentato rischio di infezioni, produzione di anticorpi anti-DNA, anafilassi; oppure
adalimumab (Humira fl-sir 40 mg) Pos: 40 mg sottocute ogni 14 giorni. La
risposta clinica si ha in genere entro 12 settimane. Non vi sono dati per bambini,
adolescenti e pazienti con insufficienza renale; oppure etanercept (Enbrel
fi 25-50 mg) Pos: 25 mg sottocute due volte a settimana oppure 50 mg in unica somministrazione
settimanale. Bambini > 4 anni ed adolescenti fino a 18 anni: 0,4mg/kg due volte
a settimana sottocute.
2. Antagonisti del recettore dell'interleukina 1: anakinra (Kineret).
3. Antagonisti del recettore dell'interleukina 6: tocilizumab (Roactemra).
4. Modulatore costimolatore delle cellule T: abatacept (Orencia).
5. Depletore cellule B: rituximab (Mabthera).
I FANS hanno un effetto solo sintomatico e non agiscono sulla progressività.
Vengono perciò sempre usati in associazione ad uno o più farmaci modificami la malattia.
I cosiddetti COX-2 inibitori (etoricoxib, celecoxib) hanno efficacia sovrapponibile
agli altri FANS ma sono meglio tollerati a livelllo gastrointestnale. Gli altri
FANS vengono spesso utilizzati in associazione ad un inibitore di pompa protonica
(omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo ecc) o al misoproslol che è tuttavia gravato
da maggiori effetti collaterali. Se un FANS dopo due o tre settimane di trattamento
risulta inefficace, può essere tentato un trattamento con un FANS chimicamente diverso
(vedi alla voce Antiflogistici). I corticosteroidi per via sistemica (descritti
alla voce Corticosteroidi) sono giustificati in associazione ai farmaci modificanti
la malattia in pazienti con ulcera, non tolleranti i FANS. La somministrazione a
giorni alterni non è generalmente efficace. Più frequentemente i corticosteroidi
sono oggi impiegati quando si passa ad un trattamento con farmaci a lenta azione,
allo scopo di controllare la flogosi e la rigidità mattutina. Prednisone (Deltacortene
cpr 5 mg). Pos: attacco 5 mg/die; la dose efficace sarà poi raggiunta aumentando
la dose di attacco di 2,5 mg ogni settimana; in ogni caso la dose massima giornaliera
non deve superare i 10 mg. Mantenimento: si utilizza la minima dose efficace capace
di controllare la sintomatologia; in ogni caso non superare i 7,5 mg/die. Le compresse
vanno somministrate due volte al giorno, distanziate tra loro di 12 ore; oppure
deflazacort (Deflan). Pos: attacco 6 mg/die; la dose efficace sarà poi raggiunta
aumentando progressivamente la posologia ogni 4-6 gg fino ad un massimo di 90 mg/die.
Mantenimento: si utilizza la minima dose efficace capace di controllare la sintomatologia
se possibile a giorni alterni. L'osteoporosi di per sé presente nell'artrite reumatoide
può essere aggravata dai corticosteroidi per cui è spesso necessario ricorrere nelle
donne in postmenopausa alla terapia con estrogeni coniugati (Premarin 0,625 mg)
per 21 giorni al mese. Nell'uomo con documentati bassi livelli di testosterone sia
l'artrite che l'osteoporosi migliorano con la somministrazione di testosterone (Testo
Enant fl 100 e 250 mg). Pos: 200 mg im ogni 2 settimane. I corticosteroidi per via
intrarticolare sono invece molto efficaci in formulazione ritardo. Il farmaco più
usato è il triamcinolone esacetonide (Kenacort A Retard fi 40 mg) generalmente somministrato
nelle grosse articolazioni con 5 mL di lidocaina 1-2%, dopo aver escluso la possibilità
di un'artrite settica. L'iniezione ripetuta su una singola articolazione deve essere
distanziata di almeno tre mesi per evitare necrosi cartilaginee.
Nelle forme particolarmente gravi si ricorre spesso al trattamento chirurgico con
lo scopo di ridurre il dolore e correggere le deformità. Possono essere effettuati
infatti trattamenti di chirurgia preventiva (sinoviectomie), riparativa (tenorrafie)
e sostitutiva (artroprotesi).
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