Modalità di somministrazione degli antibiotici

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Antibiotici, come somministrare?

Il successo di una terapia antibiotica dipende in buona parte dalla scelta del chemioterapico più adeguato, ma non solo da questa: di fondamentale importanza sono anche le modalità di somministrazione del chemioterapico prescelto. Spesso, infatti, un risultato terapeutico negativo non è dovuto tanto ad una scelta sbagliata quanto ad un impiego improprio del farmaco. Attuare una corretta farmacoterapia antibatterica significa adeguare le modalità di somministrazione a tre differenti parametri:
- infezione da trattare;
- farmaco da impiegare;
- soggetto da curare.

In sostanza il medico deve sapere quale antibiotico impiegare, perchè impiegare quel tipo e con quale associazione, a quale dose, per quanto tempo e con quali effetti collaterali, altrimenti combatterà una battaglia già persa in partenza. Oggi nel 2015 gli antibiotici funzionano male, con meno efficacia terapeutica e, spesso devono essere associati fra di loro secondo criteri opportuni (per es. nelle infezioni più gravi broncopnemonitiche la buona pratica indica l'associazione di una cefalosporina con un chinolone o, meglio, con  un macrolide (es. ceftriaxone+claritromicina);

per le infezioni urinarie si ricorre di solito al chinolonico, per le infezioni della cute pure ad un chinolone, o a macrolide ecc. Per le pancreatiti acute è bene attuare la profilassi con carbapenemici che ben diffondono nei tessuti e cosi via.

La buona pratica per l'antibioticoterapia deriva da anni di esperienza in trincea, oggi che la guerra contro i batteri è diventata difficile per il fenomeno della resistenza.  Antibiotici, dose, via e giusta somministrazioneE poi sono sempre dannosi tutti i batteri, o piuttosto molti di essi sono anche amici dell'uomo ? Vedi i nuovi concetti di microbiota intestinale. Il microbiota umano è l'insieme di microorganismi simbiontici che si trovano nel tubo digerente dell'uomo. L'informale termine flora intestinale non è del tutto corretto in quanto si tratta prevalentemente di batteri mentre il termine flora evoca piuttosto il regno vegetale nel quale, nei tempi passati, erano classificati i batteri; aggiungendo che non si tratta soltanto di microbiota intestinali, ma egualmente anche gastrici, ed altri (bocca, gola, etc..), anche il termine umano è preferibile a intestinale per descrivere più fedelmente la natura simbiontica del microbiota. Il microbiota umano è un buon esempio di mutualismo: cooperazione tra differenti tipologie di organismi che apporta un vantaggio ad ognuna.

Non sempre impegare un antibiotico è la soluzione terapeutica giusta. Un'importante funzione del microbiota umano è la disgregazione delle sostanze che il nostro sistema non è in grado di smantellare, come le cartilagini e le molecole di cellulosa. Un'altra funzione importante è la sintesi di sostanze indispensabili, ad esempio la vitamina K, che svolge un ruolo essenziale nella coagulazione del sangue. In rari casi, può capitare che il microbiota intestinale del neonato non sia ancora in grado di produrre la vitamina K e quindi, in via precauzionale, ogni neonato ne riceve un'iniezione intramuscolare. Le feci umane sono composte in gran parte da batteri intestinali e nei casi di disordine del microbiota, ovvero disbiosi, sono praticati con grande percentuale di successo, i trapianti di feci. Non è quindi possibile standardizzare a priori in maniera assoluta le modalità di somministrazione dei vari chemioterapici, poiché così si finirebbe per considerare un solo parametro: quello relativo appunto al farmaco da impiegare. Nella terapia antibiotica la posologia deve invece essere determinata di volta in volta sulla base sia del tipo di paziente da trattare, sia del tipo di infezione da combattere: occorre, cioè, individualizzare la terapia antibiotica. In questa sede verranno esposti i criteri fondamentali per la scelta delle modalità di somministrazione più opportune di un chemioterapico per il singolo individuo e per le diverse eziologie infettive. Le modalità di somministrazione di un farmaco antibatterico comprendono diversi aspetti, che sono essenzialmente:
1) il dosaggio;
2) la via di somministrazione;
3) l'intervallo tra le dosi;
4) la durata del trattamento.

Corretto dosaggio degli antibiotici

Il dosaggio di un chemioterapico dipende:
- per le caratteristiche del farmaco da: meccanismo d'azione e tossicità, attività antibatterica, farmacocinetica, via di somministrazione;
- per il tipo di infezione da: grado di sensibilità del germe al chemioterapico, localizzazione dell'infezione;
- per l'individuo da trattare da: età, funzionalità di alcuni parenchimi (fegato, rene).
I dosaggi consigliati per i singoli chemioterapici sono riportati nella parte sistematica. Essi sono quelli, orientativi, che possono essere routinariamente utilizzati in pazienti con funzionalità epatica e funzionalità renale integre e con infezioni sostenute da microrganismi discretamente sensibili al diversi farmaci.
L'individualizzazione del dosaggio sarà compiuta dal medico curante essenzialmente in due condizioni:
1) di fronte ad infezioni sostenute da microrganismi per i quali è richiesta una elevata MIC, con un aumento del dosaggio medio consigliato del chemioterapico, nei limiti concessi dal coefficiente terapeutico del chemioterapico stesso;

2) di fronte ad individui con alterazioni epatiche e/o renali o in particolari condizioni parafisiologiche (gravidanza, età neonatale), secondo i criteri esposti nei relativi capitoli.

Via di somministrazione

La scelta della via di somministrazione di un farmaco dipende:
- per le caratteristiche del farmaco da: farmacocinetica, proprietà fisicochimiche;
- per il tipo di infezione da: localizzazione e gravità del processo infettivo, durata del trattamento antibiotico;
- per l'individuo da trattare da: età, condizioni generali, coesistenza di altra patologia non infettiva.
Le vie di somministrazione classicamente usate per ogni chemioterapico sono state riportate nella parte sistematica e sono strettamente correlate alle caratteristiche fisico-chimiche ed alla cinetica del farmaco. La scelta della via di somministrazione, quando possibile, è in genere abbastanza soggettiva ed elastica; esistono tuttavia casi in cui essa risulta obbligata. Dal punto di vista pratico si può dire che l'età e le condizioni generali del soggetto possono condizionare di per sé la scelta della via di somministrazione (ad esempio, ricorso esclusivo alla via parenterale nel neonato, nei pazienti in coma, in caso di vomito, ecc.); e che è opportuno ricorrere a vie di somministrazione meno routinarie soprattutto in funzione della localizzazione del processo infettivo (ad esempio, somministrazione intratecale di farmaci che non superano in quantità sufficiente la barriera emato-liquorale nel trattamento delle meningiti).

antibiotici, corretto usoIntervallo tra le dosi


L'intervallo tra le dosi dipende:
- per le caratteristiche del farmaco da: tipo di attività antibatterica (batterio-statica o battericida), farmacocinetica;
- per il tipo di infezione da: sensibilità del microrganismo al chemioterapico, localizzazione e gravità dell'infezione;
- per l'individuo da trattare da: integrità delle difese specifiche ed aspecifiche, funzionalità degli emuntori (soprattutto fegato e rene).
Il ritmo di somministrazione è già stato riferito, per ogni chemioterapico, nella parte sistematica. Esso è basato sia sulla vita media del farmaco, sia sul tipo di attività antibatterica esercitata; in generale è opportuno ricordare che con un farmaco battericida è possibile ricorrere alla cosiddetta tindallizzazione chimica, con poche somministrazioni giornaliere, mentre con un farmaco batteriostatico è indispensabile mantenere un tasso ematico costante del farmaco attivo, mediante un intervallo tra le somministrazioni proporzionale alla sua emivita. Va comunque sottolineato che, in soggetti privi di difese specifiche e/o aspecifiche, come pure di fronte a particolari patologie (ad esempio, sepsi gravi ed endocarditi batteriche), è necessario mantenere un tasso ematico costante anche con un farmaco battericida.

Durata del trattamento


La durata del trattamento è condizionata dai seguenti fattori:
- per le caratteristiche del farmaco da: farmacocinetica, tossicità;
- per il tipo di infezione da: sensibilità del microrganismo responsabile, localizzazione e gravità dell'infezione;
- per l'individuo da trattare da: integrità delle difese specifiche ed aspecifiche.
La durata di un trattamento varia notevolmente nelle diverse malattie infettive: è dell'ordine di mesi o anni in alcune (malattia reumatica, malattia tubercolare, lebbra, ecc.), dell'ordine di alcune settimane in altre (febbre tifoide, scarlattina, rickettsiosi, meningite, sepsi, broncopolmonite, ecc.) e dell'ordine di alcuni giorni nella maggior parte dei casi (infezioni tonsillari, otiti medie, ecc.).
Appare quindi estremamente difficile schematizzare la durata di un trattamento antibiotico. Per le malattie infettive classiche si rimanda ai trattati di infettivologia.
In linea generale è possibile proporre alcuni concetti:
1) nella terapia ragionata è indispensabile continuare il trattamento fino alla completa guarigione clinica del paziente, basandosi per il giudizio di guarigione sulla scomparsa della sintomatologia soggettiva ed obiettiva su cui era basata la diagnosi:
2) prima di formulare un giudizio negativo sull'efficacia di un trattamento antibatterico è necessario attendere almeno 5-6 giorni;
3) nel trattamento mirato è in genere indispensabile continuare il trattamento antibatterico almeno fino alla negativizzazione del reperto colturale.

Tecniche di somministrazione di un chemioterapico

Ogni chemioterapico deve essere somministrato nella confezione farmaceutica originale, in quanto prodotto in quella particolare forma farmaceutica proprio per l'uso cui è destinato. è così indispensabile diluire gli antibiotici per uso parenterale con il loro proprio diluente e non con altre soluzioni, che potrebbero alterare sia l'attività antibatterica che la stabilità del farmaco. Su questo punto apparentemente banale non si insiste mai abbastanza! Basti ricordare il deleterio impiego di preparati a base di vitamine del complesso B o di vitamina C come diluenti di molti antibiotici: ebbene, il complesso B è incompatibile con varie betalattamine (penicillina G, carbossipenicilline, cefalotina), con gli aminoglucosidi, con le tetracicline e con il cloramfenicolo, mentre la vitamina C è incompatibile con la penicillina G, con le carbossipenicilline, con il cloramfenicolo, con l'eritromicina e con gli aminoglucosidi. Altrettanto importante è definire alcuni punti essenziali circa la tecnica da usarsi nella terapia antibiotica per via endovenosa. Nei limiti del possibile, i farmaci antibatterici somministrabili per tale via devono essere introdotti per via endovenosa diretta o sotto forma di infusione abbastanza rapida, in quanto alcuni di essi, soprattutto tra le penicilline, si mantengono stabili in soluzione solo per breve tempo. Per la stessa ragione occorre ricordare che gli antibiotici vanno introdotti nei flaconi delle fleboclisi al momento dell'uso e non vanno invece aggiunti ben prima d'essere infusi e lasciati per ore a degradarsi in soluzione. Esistono però condizioni particolari in cui è necessaria l'infusione continua (ad esempio, nelle s. lente): ebbene, in questi casi è necessario sostituire ogni 4-6 ore il flacone della fleboclisi, preparando ogni volta al momento la nuova soluzione Diversamente alcune penicilline semisintetiche, che diventano rapidamente poco stabili in soluzione, si degradano, con un duplice pericolo: la perdita dell'attività antibatterica e, soprattutto, la formazione di metaboliti altamente allergizzanti. Altre avvertenze molto importanti, nella terapia antibiotica per via endovenosa, sono quelle riguardanti i diluenti. Di solito si usa somministrare i farmaci antibatterici per infusione endovenosa previa diluizione in soluzione di destrosio al 5-10%, ma va tenuto presente che il pH di simili soluzioni è discretamente acido (3,5-5) in quanto in esse, al momento della sterilizzazione a caldo, si forma dell'acido gulonico. Ora, in ambiente acido vari farmaci antibatterici subiscono un processo di degradazione (alcune penicilline) o perdono in parte l'attività antibatterica (diversi aminoglucosidi). Appare quindi giustificato utilizzare come diluenti dei farmaci antibatterici da somministrare per infusione endovenosa non le comuni soluzioni a pH acido ma le moderne soluzioni tamponate disponibili in commercio. Vi sono poi altri liquidi per infusione, impiegati per fortuna meno di frequente, che sono incompatibili con molti antibiotici: tra questi vanno ricordate le soluzioni di aminoacidi e le emulsioni di lipidi. Occorre infine ricordare, a proposito dell'infusione venosa continua, come con tale tecnica sia utile la somministrazione di una dose-carico iniziale con il farmaco prescelto.

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